Adélaïde ou le langage des fleurs (Valses nobles et sentimentales)

Versione per balletto (utilizzata anche come suite da concerto)

Musica: Maurice Ravel (1875 - 1937)
  1. Modéré - très franc (sol maggiore)
  2. Assez lent - avec une expression intense (sol minore)
  3. Modéré (mi minore)
  4. Assez animé (la bemolle maggiore)
  5. Presque lent - dans un sentiment intime (mi maggiore)
  6. Vif (do maggiore)
  7. Moins vif (do maggiore - la maggiore)
  8. Épilogue. Lent (sol maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, bassotuba, timpani, grancassa, piatti, triangolo, tamburo militare, tamburello, glockenspiel, celesta, 2 arpe, archi
Composizione: 1911
Prima rappresentazione (balletto): Parigi, Théâtre Municipal du Châtelet, 22 aprle 1912
Prima esecuzione (sinfonica): Parigi, Casino, 15 febbraio 1912
Edizione: Durand, Parigi, 1912
Dedica: Louis Aubert
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

I «Valses nobles et sentimentales», scritti originariamente per pianoforte, nel 1911, ed in seguito orchestrati dallo stesso Ravel, costituiscono una sorta di «omaggio» a Schubert e, come disse il compositore, «alle belle viennesi». «Il titolo di questa composizione - aggiunse il musicista - indica sufficientemente la mia intenzione di comporre una successione di valzer sull'esempio di Schubert. Alla virtuosità delle mie precedenti opere pianistiche, succede una scrittura decisamente più chiarificata e dalla linearità ben rilevata». I sette valzer, creati «pour le plaisir délicieux et toujours nouveau d'une occupation inutile» - sono ancora parole di Ravel - si succedono contrastandosi o rispondendosi in una serie di quadretti romantici dalle tinte ricercate e sottili. La loro versione orchestrale fu compiuta da Ravel per accompagnare il balletto intitolato «Adelaide o il linguaggio dei fiori» di cui egli stesso immaginò il soggetto, che si svolge in un salotto del primo Ottocento: «Adelaide, bella e capricciosa donzella, è corteggiata da due spasimanti, l'uno giovane e bello e l'altro, un Duca, alquanto maturo e pingue. Durante un ballo, Adelaide concede alternativamente il suo interesse ai due cavalieri, donando ad essi, di volta in volta, un fiore simboleggiante i suoi sentimenti. Al termine del ballo, il Duca riceve da lei un ramoscello di acacia - simbolo di amore platonico - e il giovane, un papavero «scordati di me». Disperato, il damerino sta per uccidersi sotto le finestre dell'amata, quando la fanciulla gli lancia dal suo balcone una rosa rossa - «amore ardente» -; e così i due cadranno l'uno nelle braccia dell'altro».

Nicola Costarelli

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Ispirandosi da vicino ai modelli di Schubert, che ne aveva scritti in gran numero contribuendo a consolidare la tradizione «viennese» di questa forma di danza, Ravel compose nel 1911 una serie di otto valzer per pianoforte, intitolandoli, schubertianamente appunto, «Valses nobles et sentimentales». Quanto intenzionale e operante sul piano compositivo fosse stato l'accostamento al Maestro viennese, RaveI stesso lo sottolineò in uno scritto autobiografico: «Il titolo "Valses nobles et sentimentales" indica sufficientemente la mia intenzione di derivare da Schubert una serie di valzer. Il virtuosismo, principale caratteristica di «Gaspard de la nuit» (1908), è stato qui sostituito da una scrittura decisamente più chiarificata e lineare». Scritti dunque originariamente per pianoforte, gli otto brani furono orchestrati in occasione di uno spettacolo di balletto a cui partecipava la celebre ballerina russa Natascia Trouhanova, ed eseguiti sotto la direzione dello stesso Ravel in una serata che rimase memorabile nella pur densa storia artistica della Parigi di quegli anni, il 22 aprile 1912.

Nonostante il richiamo dichiarato a Schubert, le «Valses nobles et sentimentales» sono tipicamente raveliane per quanto riguarda l'atteggiamento di fronte alla tradizione viennese, che qui appare come rivisitata sotto cieli squisitamente parigini, secondo canoni di eleganza e di «décor» salottiero in cui tuttavia, dietro l'apparente disinvoltura di piacevoli atmosfere e la stessa lucentezza dello stile, emerge il fondo malinconico e amaro della poetica raveliana.

L'autore stesso, d'altra parte, ha avvalorato l'interpretazione di quest'opera come frutto di un sereno e disimpegnato gioco intellettuale apponendo all'inizio della partitura come epigrafe i versi di Henri de Régnìer: «... le plaisir délicieux et toujours nouveau d'une occupation inutile».

E in tutto e per tutto raveliane esse sono sul piano propriamente creativo, nella raffinatezza armonica che trova risorse nuovissime negli accostamenti politonali, nel ritmo che varia continuamente dall'interno la metrica fissa della misura ternaria del valzer con pause, sincopi, accenti spostati, contrasti di tempo fra gli stessi strumenti dell'orchestra. Timbricamente, poi, Ravel raggiunge una varietà di colori e di caratterizzazioni tale da far suonare del tutto legittima l'affermazione di Debussy subito dopo l'esecuzione dell'opera: «L'udito di Ravel è il più raffinato che sia mai esistito»; e che trova ampia conferma, per fare solo due esempi, nel trattamento sulla struttura-base dell'orchestra sinfonica delle due arpe e della vasta, originale famiglia di strumenti a percussione.

Gli otto pezzi si susseguono senza soluzione di continuità con questi tempi: «Moderato», «Molto lento», «Moderato», «Molto animato», «Quasi lento», «Molto vivo», «Meno vivo», «Lento» (Epilogo); e per lo più è una forma libera a trovare espressione con sottili relazioni soprattutto timbriche (come nel secondo, nel quarto e nel quinto valzer), mentre il terzo adombra la classica forma ternaria con Trio e ripresa e il sesto è imperniato sull'alternanza ritmica di 3/2 e 6/4. Il primo brano è caratterizzato dallo slancio ritmico e melodico che si ripete con vigore sempre crescente ma quasi ironicamente contraddetto da pungenti armonie; il settimo, «il più caratteristico» secondo le parole di Ravel, è anche il più complesso, presentando sezioni organicamente contrastanti in una sapiente disposizione di pieni e di vuoti, di tensioni e di distensioni, e introduce nell'atmosfera raccolta dell'epilogo, in cui vengono ripresi e portati a conclusione i temi più importanti dei valzer precedenti.

Nel 1920 Ravel stesso immaginò un adattamento coreografico per la versione orchestrale delle «Valses», su un esile racconto dal titolo «Adelaide, o il linguaggio dei fiori», che accentuava ancora di più i caratteri di garbo e di piacevolezza un poco increspata di questa affascinante partitura.

Sergio Sablich


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 22 febbraio 1967
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino;
Firenze, Teatro Comunale, 16 ottobre 1976


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Ultimo aggiornamento 6 febbraio 2019