La campana sommersa, P 152

Opera in quattro atti

Musica: Ottorino Respighi (1879 - 1936)
Libretto: Claudio Guastalla, dal dramma di Gerhart Hauptmann

Ruoli: Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 2 tromboni tenori, trombone basso, bassotuba, timpani, grancassa, campanelli, piatti, tam-tam, triangolo, tamburo basco, xilofono, incudini e martelli, arpa, celesta, organo, campana, archi
Composizione: Atto I, Roma 22 luglio 1926; Atto II, Abetone 4 agosto 1926; Atto III, Roma 29 marzo 1927; Pinerolo 16 Settembre 1927
Prima rappresentazione: Hamburger, Stadtteater, 18 novembre 1927
Edizione: Berlino, Bote & Bock, 1927
Sinossi

ATTO I
Appare Rautendelein nella piena sua grazia, poscia l'Ondino e il Fauno; questi racconta con vanto d'aver fatto ribaltare il carro con la campana destinata alla nuova chiesa eretta sulla sommità del monte. La campana è andata a finire in fondo al lago. Al termine del racconto appare Enrico, il fonditore di campane, il quale, scampato a fatica dal pericolo di rimaner travolto assieme alla campana, è sfinito, febbricitante e disperato per la misera fine del suo capolavoro che tanta fatica gli era costato. Rautendelein, mossa a compassione e inconsapevolmente toccata al cuore da un sentimento più profondo (che trova eco nell'anima di Enrico) vuole salvarlo, noncurante che la Strega, sua nonna, le ha detto che egli dovrà morire, essendo come tutti gli uomini mortale. Vede perciò con gran dolore il curato, il maestro ed il barbiere ritrovare Enrico dopo lunghe ricerche e riportarlo a casa. I giuochi delle Silfidi non allettano ormai più Rautendelein, nè il monito di Ondino riesce a trattenerla: ella voole andare tra gli uomini.
ATTO II
Magda, la moglie di Enrico, attende in casa i primi rintocchi della nuova campana. Purtroppo, invece, le giunge la notizia della disgrazia e le viene portato il marito gravemente malato. Questi è inconsolabile e dice che solo un miracolo potrà ridargli la vita e la forza per ricominciare la sua opera. Il curato, per rendere a Magda meno faticosa la cura del malato, le porta in aiuto una fanciulla che tutti ritengono muta. Essa è Rantendelein che, con i suoi incantesimi, riesce a far tornare Enrico a nuova vita e ad infondergli nuovo coraggio.
ATTO III
Il fonditore di campane, pervaso dall'ebbrezza dell'amore, ha abbandonato la famiglia e dimora con Rautendelein su pei monti dove i Nani, l'Ondino ed il Fausio sono ai suoi servigi e gli dovranno procurare tesori. Egli intende attuare due grandiosi progetti: la costruzione di un nuovo Tempio e l'istituzione di una nuova religione che dovrà rendere felice l'umanità. Al curato, venuto fino a lui per distoglierlo da questi propositi, risponde che «sarà più facile che la campana sommersa faccia udire ancora una volta i suoi rintocchi anzichè egli desista dalla sua idea». Poco tempo dopo Enrico è costretto a difendersi dagli abitanti del paese che insidiano alla sua vita ed a quella di Rautenclelein e tentano di distruggere il tempio in costruzione. Riuscito in questo intento, egli torna fra le braccia di Rautendelein ove trova pace e felicità; ma per poco, poichè sopraggiungono i suoi due figlioletti che gli recano in una brocca le lagrime versate dalla mamma che, per disperazione si è annegata nel lago. Contemporaneamente salgono dalle acque profonde i rintocchi della campana. Tutto ciò opera nell'animo di Enrico tale perturbaniento da indurlo a respingere Rautendelein quale creatura infernale ed a fuggire.
ATTO IV
In preda alla disperazione, Rautendelein si è sprofondata nella fonte ed è divenuta la moglie di Ondino. Enrico, che senza di lei non può più vivere, la ricerca lungamente, invano. Giunto allo stremo delle forze, gli appare la Strega che esaudisce il suo ultimo desiderio di vedere ancora una volta Rautendelein prima ch'egli muoia. Questa appare stanca e piena di affanni, non vuole riconoscere Enrico e gli muove rimprovero di averla spinta nella fonte. Alla fine però si riconcilia con lui e lo bacia, rendendogli meno dolorosa la dipartita.

Guida all'ascolto (nota 1)

Ottorino Respighi, nato nel 1879, appartiene a quella eletta schiera di compositori italiani la cui fama, varcati i confini della Patria, si è propalata fin nei paesi più lontani. La sua educazione musicale fu disciplinata da tre maestri, di scuola e metodo assolutamente differenti, quali Martucci, Rimsky Korsakow e Max Bruch; i suoi Poemi sinfonici, il Concerto per pianoforte, quello per violino ed il Poema autunnale per violino ed orchestra, nonchè le sue canzoni, vengono eseguiti molto spesso nelle sale da concerto di tutto il mondo. Parecchie volte e con successo Respighi si è dedicato alle opere teatrali; così il suo «Belfagor», la cui prima rappresentazione in Germania ebbe luogo ad Amburgo, incontrò il favore del pubblico e indusse quella città ad accaparrarsi il privilegio di tenere a battesimo «La campana sommersa». Ciò avvenne il 18 novembre 1927; poco tempo dopo anche quest' opera varcò l'Atlantico.

Il meraviglioso poema idealistico di Gerliart Hauptmann (1896), pur non essendo di facile comprensione a causa del suo simbolismo e di alcuni punti piuttosto oscuri, costituisce uno dei maggiori successi del teatro drammatico tedesco. Non lungi dalla sua apparizione, questo dramma fu trasformato e musicato da Heinrich Zöllner ma, dopo alcune fortunate vicende, essendosi generalmente ricoriosciuto non essere la musica all'altezza di tale poema, l'opera fu messa da parte e cadde nel dimenticatoio. Il tempo dirà se il musicista italiano avrà avuto più fortunata fantasia. Il libretto italiano, ricavato dal dramma di Hauptmann, è stato scritto in modo mirabile da Claudio Guastalla.

In questo libretto la nostra attenzione è attratta dagli Esseri della Natura, dagli Spiriti della Foresta, da Ondino, vecchio spirito delle Acque, dal Fauno che non smentisce la sua maschia sensualità e, sopratutto, dalla amabile ondina Rautendelein la cui origine rimane oscura. Nel fonditore di campane Enrico non si può invero ravvisare iin eroe da dramma, sia per la timidezza e lo sgomento da cui egli si lascia pervadere che per le sue lamentele e millanterie. Degna della più grande ammirazione è invece sua moglie che cerca, invano, di riconquistare l'amore del siio sposo. Non vi è dubbio che il Poeta ha voluto simboleggiare l'Artista che, scontento di sè, oppresso dai gindizi delle persone che lo circondano, bramoso di libertà e di alti voli, spera di trovare la liberazione nell'alleanza colla Natura che gli muove incontro incarnata da Rautendelein; e questa creatura primitiva ed ingenua, di per sè stessa priva d'anima, riceve da lui il soffio animatore, ma con lui deve soggiacere alle insormontabili difficoltà.

Wilhelm Altmann.

Traduzione di Trigona di Calvaruso.


(1) Sinossi e commento tratti dal libretto originale, Edizioni Bote & G Bock, Berlino, 1928


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Ultimo aggiornamento 6 settembre 2015