Concerto all'antica in la minore per violino e orchestra, P 075

Denominato anche "Concerto in la minore per violino e orchestra, stile antico"

Musica: Ottorino Respighi (1879 - 1936)
  1. Allegro
  2. Adagio non troppo
  3. Scherzo: Vivace, tempo di minuetto
Organico: violino solista, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, archi
Composizione: 1908
Prima esecuzione: Bukarest, 1925
Edizione: Milano, Ricordi, 1990

Respighi ne ha fatto anche una riduzione per violino e pianoforte rimasta inedita
Guida all'ascolto (nota 1)

Nell'accingersi all'ascolto e all'analisi di questo progetto discografico, interamente dedicato all'opera violinistica di Ottorino Respighi, sarà bene prendere in considerazione un paio di elementi che, opportunamente messi in connessione, ritroveremo alla base degli esiti musicali. Il primo, più specifico, è dato dalla predilezione che il compositore ebbe nei confronti del violino: molto giovane, Respighi entrò a far parte dell'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, la sua città, e in seguito fu ingaggiato come violinista al Teatro Imperiale di Pietroburgo per la stagione d'opera italiana (1898-1900). Questa esperienza in Russia, aggiungiamo, lo pose a confronto diretto con Rimskij-Korsakov, il quale avrebbe influenzato in maniera significativa lo stile di Respighi, specie per quanto riguarda il trattamento dell'orchestra e la ricerca espressiva di effetti cromatici fuori dall'ordinario. L'altro aspetto da considerare va riferito all'amore che il compositore bolognese nutrì per i classici e, segnatamente, per l'antico in musica; un amore evoluto in ricerca priva di eccessi filologici ma perseguita tenacemente e con coerenza nel tentativo di giungere a un linguaggio che, nel segno di una tradizione nobile e italiana, evolvesse in forme altre» personali e attuali.

Questo specifico approccio respighiano, confortato da una predilezione violinistica assodata, conduce alla genesi del Concerto "all'antica" in la minore per violino e orchestra P075. Scritto tra il 1905 e il 1908, costituisce, a ben vedere, forse il primo esempio compiuto di riflessione intorno al passato attuata da Respighi. Sarà solo dopo l'esecuzione a Berlino ( 1909) de Il lamento di Arianna, trascrizione fantasiosa sull'originale di Monteverdi, che pubblico e stampa tedeschi prenderanno a lodare la mano felice del giovane autore italiano, capace di ridare luce, con gusto e personalità, a capolavori qualche volta dimenticati.

Il Concerto in la minore è pagina persino un po' misteriosa cui la storia, ad onta della bellezza oggettiva della materia musicale, non ha concesso fortuna e fama adeguate. Eseguito per la prima volta a Budapest, da Remy Principe (già Primo violino dell'Orchestra di Santa Cecilia) negli anni Venti del secolo scorso, il Concerto quasi scompare, successivamente, dal grande repertorio per lo strumento. Riapparirà negli anni Novanta, grazie a un'intuizione del violinista tedesco Ingolf Turban, che a Respighi concederà assidua attenzione discografica. Ma entrare in possesso della parte solistica, ancora oggi non è possibile: del Concerto esiste una sola edizione a stampa ed è limitata al noleggio delle parti orchestrali. Stimolato da un'ascolto casuale alla radio, pochi anni fa, Davide Alogna si è posto, infine, sulle tracce del manoscritto respighiano, e lo ha trovato muovendosi tra Monaco e Bologna. Di più: tra le mani gli è capitato pure l'autografo della riduzione originale per violino e pianoforte, questa assolutamente inedita, che di fatto apparenta ancor più esplicitamente la pagina, per questioni di gusto e scrittura, ai quasi coevi Sei Pezzi P031 (1901-1905) e ai Cinque Pezzi P062 (1906).

Prima del Concerto "all'antica", Respighi si era già cimentato nella produzione per violino e orchestra, tra l'altro privilegiando la stessa tonalità in la minore; ma aveva lasciato incompiuto quel primo lavoro, che sarebbe poi stato completato addirittura nel 2009 da Salvatore Di Vittorio. In seguito, Respighi avrebbe poi composto il Concerto gregoriano (1921) e il Poema autunnale (1925), per violino solista. Il Concerto "all'antica", tra tutti, è il brano forse più ortodosso nell'approccio e nei risultati, almeno per quanto concerne la struttura generale (articolata in tre movimenti) e l'adesione a uno schema che rimanda a quello del concerto grosso, sia pure attraverso la mediazione della forma sonata. Qualcuno, nella volontà di rifarsi a una prassi formale consolidata, non ha saputo cogliere i segni di una personalità originale e di un progetto audace. Una considerazione, questa, che suona tuttavia ingenerosa. Contestualizzando, infatti, l'opera, ci si rende conto di come Respighi qui appaia precursore di uno stile di là da venire, quasi pervenendo a un "neoclassicismo" ante litteram (Stravinskij non ha ancora svelato il suo Pulcinella) che sfocia nell'adozione di un linguaggio, per certi versi (e solo a tratti), neobarocco. Alla fine, il Concerto si pone quale tappa significativa nell'ambito di un percorso strumentale che prova a scrollarsi di dosso il retaggio del grande Ottocento europeo, e nel farlo non disdegna di guardare indietro, ad archetipi inossidabili, in modo comunque non pedissequo.

Il primo movimento del Concerto (Allegro) si apre con un tema in minore evocato dall'orchestra e subito ripreso dal solista, al quale la partitura lascia, in seguito, varie chances di visibilità durante lo sviluppo del secondo tema, in maggiore, e durante la corposa cadenza finale. Il secondo tempo (Adagio non troppo) è quello che, con ogni probabilità, fa pensare allo stile "antico" del titolo: un'ampia melodia si imprime nella memoria dell'ascoltatore, proiettata su uno sfondo di rassicurante rigore formale. Il più complesso dei tre movimenti è quello finale (Scherzo. Vivace, tempo di minuetto), disegnato in modo da assicurare al racconto un brillante finale cui concorre, per contrasto, l'inserimento del Minuetto, ultimo omaggio alla tradizione.

Stefano Valanzuolo


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 298 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 10 gennaio 2015