Quintetto in fa minore per pianoforte ed archi, P 35


Musica: Ottorino Respighi (1879 - 1936)
  1. Allegro
  2. Andantino
  3. Vivacissimo
Organico: pianoforte, 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1902
Prima esecuzione: Bologna, Liceo Musicale, 8 giugno 1902
Edizione: Universal Music, 1986
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel 1902 Respighi torna dalla Russia dove aveva studiato con Rimsky-Korsakov, e scrive il suo Quintetto in fa minore. L'opera è destinata a Bruno Mugellini, anch'egli allievo di Martucci, concertista e docente di pianoforte presso il liceo bolognese. La stima che legava Maestro e allievo era straordinaria, tanto che un giorno Martucci ebbe a dire di Ottorino: «Respighi? Lui non è un allievo, è un maestro!».

Proprio nel Quintetto, così carico di pathos, di esplicita comunicatività, di gestualità melodica ed espressiva, non sono poche le tracce e gli scenari ereditati dal linguaggio martucciano, nel senso di una continuità ideale tra i due lavori. Nell'Allegro, il primo gruppo tematico è diviso tra il mormorio degli archi e il sommesso gorgoglìo proveniente dalla trasparente "sorgente sonora" interpretata dal piano; man mano il blocco tematico si evolve, cresce d'intensità sino a divenire un lancinante grido collettivo. Sull'elemento di discontinuità di un brusco accordo di settima diminuita, ecco l'epilogo, basato sull'allitterazione di segmenti e spunti precedenti variamente echeggiati. In questa perfetta struttura ogni parte gioca un ruolo preciso: nulla è lasciato al caso e si nota anche l'estrema concisione ed essenzialità d'eloquio tipica del linguaggio respighiano. Dopo il ponte, basato sull'anticipazione del secondo tema, nel secondo gruppo un'ondulata e carezzevole figura è interpretata prima dal cello, poi a più riprese dal gruppo, che la fa sentire anche in appuntite enunciazioni, mentre nello sviluppo temi e motivi sono variamente elaborati; ecco allora, dopo l'aurorale segmento introduttivo ascendente, motivi che paiono spettacolari cavalcate, altri che si accendono di corruschi contrasti, altri che addolciscono il profilo e divengono lievi ondulazioni; nel finale il pizzicato del cello sulle sommesse esclamazioni di violini e viole - il piano appoggia un morbido cuscino armonico - crea una sorta di ticchettìo sonoro, come un magico congegno musicale che pare "segnare", come un orologio, il passare del tempo. Nella complessa struttura ideata da Respighi la ripresa è molto libera. Quidi inizia una sorta di secondo sviluppo, in realtà già epilogo; tornano l'aurorale idea introduttiva e i profili di primo e secondo tema, presto però sopravanzati dall'inserimento del Più Allegro che in pochi passi conclude con irruenza il tempo.

Dopo il sommesso Andantino dal tema che assume a un certo punto la fisionomia di un decadente, ma seducente ballabile, il Finale arriva col suo Vivacissimo portando come un raggio di sole. All'inizio siamo come avvolti dalle circuitanti terzine del piano, che introducono in modo toccatistico un festoso panneggio enunciato dal gruppo degli archi. Segue un episodio fatto di più immagini concatenate: rimbalzanti note ribattute in terzine, improvvisi esplosioni di colore, una sorta di filastrocca sonora composta da tasselli ritmici in levare su veloci quartine del piano. Ma le soluzioni sorprendenti sono dietro l'angolo. Dopo una ripresa variata del tema principale ecco l'inaspettato ritorno del tema dell'Andantino (Tempo 1°), ripetuto più rallentato dal piano (Lentamente), infine dal cello nel registro più basso. Nell'epilo (Presto) l'ultima virtuoslstica esibizione sul profilo tematico dell'Andantino, prima di una funambolica, parossistica espressione di commiato.

Marino Mora


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 254 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 10 gennaio 2015