Vetrate di chiesa, P 150

Quattro impressioni sinfoniche per orchestra

Musica: Ottorino Respighi (1879 - 1936)
  1. La fuga in Egitto
  2. S. Michele Arcangelo
  3. Il mattutino di S. Chiara
  4. S. Gregorio Magno
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, tromba interna, 3 trombe, 3 tromboni, bassotuba, timpani, piatti, 3 tam-tam, grancassa, campana, celesta, pianoforte, organo, archi
Composizione: Roma, 8 Ottobre 1926
Prima esecuzione: Boston, Symphony Hall, 25 Febbraio 1927
Edizione: Milano, Ricordi, 1927
Guida all'ascolto (nota 1)

Ottorino Respighi è famoso per la sua "trilogia romana", i poemi sinfonici Le fontane di Roma, I pini di Roma e Feste romane, scritti rispettivamente nel 1916, nel 1924 e nel 1926. Ma la sua produzione musicale è segnata soprattutto da uno straordinario interesse per le forme e i modi della musica antica: come musicologo si occupò di musica italiana del periodo rinascimentale e barocco; pubblicò e revisionò madrigali di Claudio Monteverdi, e varie composizioni di Antonio Vivaldi e Benedetto Marcello; trascrisse numerose musiche antiche e spesso le rielaborò in alcune composizioni originali, ad esempio nelle Antiche danze e arie per liuto (tre suites per orchestra d'archi composte tra il 1917 e il 1931) e negli Uccelli, suite per piccola orchestra del 1927, basata su brani di Bernardo Pasquini, Jacques de Gallot e Jean Philippe Rameau.

Elsa Olivieri Sangiacomo, una sua allieva della classe di composizione, che nel 1919 divenne sua moglie, contribuì poi ad alimentare l'interesse di Respighi per il canto gregoriano e per i modi antichi, fonti primarie di ispirazione per molte composizioni come il Concerto gregoriano per violino e orchestra, composto nel 1921, il Concerto in modo misolidio per pianoforte e orchestra del 1925, Metamorphoseon - Modi XII, tema e variazioni per orchestra del 1930, ma anche il Quartetto dorico del 1924, e i Tre preludi sopra melodie gregoriane per pianoforte che Respighi scrisse a Capri nel 1919. Elsa ricorda la composizione di questo ciclo pianistico nella sua biografia: «Questa composizione rispecchia lo stato d'animo di Respighi in quel periodo: gioiosa meraviglia di una rivelazione (la scoperta del gregoriano) e insieme mistica esaltazione di un profondo senso religioso».

Da questi Preludi Respighi ricavò, sette anni dopo, una più ampia composizione sinfonica che intitolò Vetrate di chiesa, "quattro impressioni per orchestra": trascrizione per grande orchestra dei tre pezzi pianistici con l'aggiunta di un quarto movimento composto ex novo. In questa partitura, portata a termine l'8 ottobre del 1926 (la prima esecuzione fu diretta da Sergej Kusevitzkij a Boston il 25 febbraio 1927), Respighi dà sfoggio della sua maestria orchestrale, ereditata da Rimskij-Korsakov: con un materiale tematico modale, piuttosto semplice, crea un efficace gioco di contrasti, alternando pieni e vuoti, sfruttando abilmente gli slittamenti armonici, e i continui trascoloramenti timbrici. L'uso del cantus planus si unisce qui ad espliciti richiami al mondo religioso e liturgico (evidenti in tante altre sue composizioni, nei riferimenti ad esempio alle catacombe, ai santi, ai luoghi sacri). Ma non si tratta di musica descrittiva o a programma, perché il titolo della composizione, così come quelli dei singoli movimenti, furono decisi a posteriori, grazie anche ai suggerimenti dell'amico e librettista Claudio Guastalla.

Il primo movimento fu così intitolato La fuga in Egitto - con riferimento al Vangelo di Matteo (II, 14) e a queste parole riportate in partitura: «... La piccola carovana andava per il deserto, nella notte vivida di stelle, portando il Tesoro del mondo» - probabilmente per l'atmosfera nostalgica e un po' orientaleggiante che avvolge il primo dei tre Preludi (Molto lento). Le sue melopee per gradi congiunti, punteggiate da melismi, hanno un andamento ondeggiante, privo di scansioni ritmiche, sottolineato dall'accompagnamento sincopato, dal metro di 5/4, da un'orchestrazione languida, che ricorda Shéhérazade di Rimskij-Korsakov.

Il movimento si apre con una linea del clarinetto ("piano e con grande espressione") seguita da uno slancio lirico del violoncello ("ben cantato") e dalle ampie volute ancora de! clarinetto, dalle frasi degli archi piene di pathos. Nella sezione centrale (Meno lento) - contrassegnata anche da un improvviso cambio di tonalità - emerge un tema espressivo più gioioso, imperniato su una triade di sol maggiore, e accompagnato da continui rigonfiamenti orchestrali. Nella ripresa (Tempo I) il tema principale viene ripresentato in una dimensione timbrica straniante, raddoppiato in registri estremi dal flauto e dal clarinetto basso, con la frase lirica di risposta affidata questa volta ai violini, che hanno anche spazio per una breve perorazione (Largamente), prima che il movimento si concluda spegnendosi sugli echi di oboe e clarinetto e dei disegni sincopati degli archi.

L'atmosfera cambia radicalmente nel secondo movimento (San Michele Arcangelo), peri il quale Respighi e Guastalla hanno scelto uno dei sermoni di San Gregario Magno (il XII, sul Vangelo di Matteo 7-8), che evoca la lotta tra gli angeli e i demoni: «E si fece un gran combattimento in cielo: Michele e i suoi Angeli pugnavano col dragone, e pugnavano il dragone e i suoi angeli. Ma questi non prevalsero, né più vi fu luogo per essi nel cielo». La scena di battaglia è suggerita dal carattere drammatico di questa pagina (Allegro Impetuoso; Tempestoso nella versione pianistica) nella quale si scatena tutta l'orchestra intorno a due temi principali: il primo, esposto fragorosamente da tromboni, tuba, fagotti e archi gravi, è un tema stentoreo che si staglia contro le fanfare dei corni e le scale cromatiche dei legni e degli archi. Questo primo tema poi si frantuma in brevi cellule ritmiche, e quindi si trasforma in una pura superficie timbrica (Più vivo) che funge da ponte verso il secondo tema. Questo viene esposto dai corni nel registro acuto e dal corno inglese con un carattere insieme epico e dolcemente espressivo (pur legandosi ancora al primo per la caratteristica figura di terzina). In un improvviso squarcio meditativo (Lento) la tromba sola, fuori scena ("molto lontana"), riprende il tema principale per aggravamento, con gli echi del flauto, dei clarinetti e dei violini, prima del crescendo finale che si conclude con un fortissimo (fff) di tutta l'orchestra.

Il terzo movimento riprende il melodizzare modale e il tempo di 5/4 del primo movimento, con un'intonazione intimistica, quasi di una preghiera. Il riferimento letterario e religioso qui è a Santa Chiara, fondatrice della Monache Clarisse, e ai Fioretti di San Francesco (XXXIV): «Ma Gesù Cristo suo sposo, non volendola lasciare così sconsolata, sì la fece miracolosamente portare dagli angeli alla chiesa di Sancto Francesco, et essere a tutto l'uficio del Matutino...». Le sonorità delicate dell'arpa, della celesta, delle campane, gli improvvisi slittamenti tonali, il semplice melodizzare, l'incedere ieratico di tutte le linee strumentali che si intrecciano per poi spegnersi in un progressivo rallentando, contribuiscono a creare un'atmosfera rapinosa e contemplativa, come in un chiostro.

Il finale (San Cregorio Magno) è concepito come una grande fantasia sul Gloria della Missa VÌI! "de Angelis" e porta in epigrafe una frase tratta dal Graduale Romanum (Commune Sanctorum, 33): «Ecco il Pontefice Massimo!... Benedite il Signore... intonate l'inno a Dio. Alleluia!». Da un iniziale sfondo sonoro carico di mistero, dominato dalle risonanze delle campane e di altri strumenti (Lento), prende forma il tema gregoriano introdotto dai corni con sordina ("lontani") accompagnati dallo scampanio di arpa, celesta e pianoforte. Un nuovo episodio (Moderato), che sovrappone una specie di cantus frmus a valori lunghi e disegni di crome, genera un rapido crescendo e una.progressione dal grave all'acuto che porta a un culmine di densità e di tensione. Un lungo assolo dell'organo reintroduce il tema del Gloria, che viene ripreso prima dai violini (contrappuntato da un movimento frenetico delle trombe e dei legni), poi dai legni (con un accompagnamento cristallino, affidato ad archi con sordina, arpa e celesta).

Il movimento si conclude con un epilogo grandioso ("come un'incoronazione papale in suoni" secondo Edward Johnson): l'ennesimo crescendo che prende le mosse da un Lento e che esibisce in maniera stentorea il tema principale, affidato alle trombe e ai tromboni.

Gianluigi Mattietti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 15 Gennaio 2011


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Ultimo aggiornamento 10 agosto 2012