Concerto n. 2 in re minore per violoncello e orchestra, op. 119


Musica: Camille Saint-Saëns (1835 - 1921)
  1. Allegro moderato e maestoso. Andante sostenuto
  2. Allegro non troppo. Cadenza. Molto allegro
Organico: violoncello solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: novembre 1902
Prima esecuzione: Parigi, Société Nationale de Musique, 5 febbraio 1905
Edizione: Durand & Fils, Parigi, 1902
Dedica: Joseph Hollmann
Guida all'ascolto (nota 1)

La parabola artistica di Camille Saint-Saëns, figura di primo piano della scena musicale francese dell'ultimo quarto del XIX secolo, è stata così ampia e prolifica che la fase conclusiva della sua curva ha finito per assimilare la sua complessa personalità artistica alla figura del compositore accademico e pompier, baluardo della tradizione classica contro le nuove assurdità musicali di Debussy o Stravinskij. In verità Saint-Saëns aveva fatto la sua comparsa sulle scene musicali molto presto, già a dieci anni si era rivelato come concertista prodigio, capace di sfidare il pubblico parigino nel soddisfare richieste di bis a scelta dalle trentadue Sonate di Beethoven. Dotato di talento musicale innato, brillanti doti intellettuali e curiosità inesauribile, Saint-Saëns si era rapidamente affermato come compositore, affrontando praticamente tutti i generi, dalla musica pianistica all'opera, ma anche come pianista d'eccezione e come organista - il migliore di tutti secondo Liszt - coltivando parallelamente le attività di polemista, scrittore, filosofo, poeta, matematico eccellente, nonché botanico e astronomo dilettante di qualche merito ("sa tutto ma manca di inesperienza", diceva di lui Berlioz). Inoltre Saint-Saëns, che sin da giovane era stato un acceso sostenitore della musica di Wagner e di Liszt, dopo il disastro della guerra franco-prussiana si era fatto interprete delle montanti istanze patriottiche. Era stato infatti fra i più attivi partecipanti alla fondazione della Société Nationale de Musique, nata nel 1871 per la promozione del nuovo stile della musica francese. A quell'epoca, precisamente al 1872, risale la composizione del Concerto n. 1 per violoncello in la minore, di fatto il primo importante lavoro sinfonico scritto per lo strumento in epoca romantica dopo il Concerto di Schumann. Divenuto subito popolare, il Concerto era nelle intenzioni del compositore anche una sorta di manifesto dell'arte strumentale puramente francese, ispirata a forme classiche, ancorché animata da una felice invenzione melodica e da spirito assolutamente contemporaneo. Oltre al Concerto op. 33 Saint-Saëns ha prodotto un significativo gruppo di opere per violoncello: già nel 1862 il successo della Suite op. 16 in re minore per violoncello e pianoforte aveva largamente contribuito a far conoscere il giovane compositore, mentre contemporanea al Primo Concerto è la Prima Sonata op. 32. Al biennio 1874-75 risalgono invece la Romance in fa maggiore op. 36 e il breve Allegro appassionato, op. 43, ancora per violoncello e pianoforte, entrato stabilmente nel repertorio grazie alla scrittura elegante e appassionata e alle contenute difficoltà tecniche. Nel 1905 è la volta della Seconda Sonata in fa maggiore, ma non si può trascurare Le cygne, tredicesimo movimento della suite Le carnaval des animaux (1886), la cui celebrità è stata ritardata soltanto dal divieto di pubblicazione in vita da parte del compositore, il quale temeva che la fama di un pezzo 'di carattere' finisse per nuocere al suo prestigio artistico.

Nel 1902 le rappresentazioni parigine di Pélléas et Mélisande avevano cambiato per sempre il corso della storia musicale francese ed europea e Saint-Saëns, ormai assurto alla gloria di compositore 'classico', si era schierato fra i più avversi detrattori dell'opera di Debussy. Pochi mesi dopo, nel novembre 1902 Saint-Saëns completò il suo Secondo Concerto per violoncello e orchestra, a circa trent'anni di distanza dal precedente, provando ancora una volta di non essere solo un artista confinato ormai alla retroguardia. Il Concerto in re minore fu dedicato al violoncellista olandese Joseph Hollman, con cui Saint-Saëns si esibiva in concerto sin dal 1895: artista di grande fama, fu scelto dal compositore anche per interpretare la Seconda Sonata, lo splendido Trio La muse et le poéte, per pianoforte violino, violoncello (poi orchestrato nel 1910) e nel 1919 convinse l'anziano ma indomito Saint-Saëns a rielaborare per orchestra l'antica Suite op. 16. Hollman presentò il Concerto alla Singakademie di Berlino nel febbraio 1904 e fu interprete della prima francese del 5 febbraio 1905, alla Société des concerts du Conservatoire, per coincidenza a pochissimi giorni di distanza dall'esordio pubblico dell'Isle joyeuse di Debussy. Le spiccate qualità virtuosistiche e lo stile irruente e muscolare di Hollman avevano spinto Saint-Saëns a comporre un Concerto di estremo impegno per il solista, ma dall'invenzione melodica trattenuta e meno accattivante, il che non permise all'opera di replicare il successo del suo antecedente. Lo stesso compositore ne era perfettamente cosciente e nel 1917, ringraziando l'amico e antico allievo Gabriel Fauré per averlo inserito fra i brani d'esame al Conservatorio di Parigi, ribadiva in una lettera che il Concerto non poteva essere "diffuso come il primo, perché troppo difficile".

Il Concerto è formalmente diviso in due parti, ma è in realtà strutturato in quattro movimenti, due per parte, collegati senza soluzione di continuità. Costruito combinando la forma sonata e la struttura ciclica, il Concerto prende l'avvio con un Allegro maestoso che dal principio mette in evidenza le difficoltà che attendono il solista: dopo una brevissima introduzione il violoncello espone il primo vigoroso tema, ripreso dall'orchestra, poi un secondo motivo più solenne, che nello sviluppo impegna il solista in fitte serie di salti, passaggi di doppie corde, volatine. Il successivo Andante sostenuto è pervaso invece da un lirismo meditativo e sospeso, in cui accanto al canto affettuoso del violoncello spiccano i raffinati effetti coloristici ottenuti dai fiati mediante una sapiente strumentazione. Una luminosa scala ascendente di armonici artificiali chiude il movimento lento, che Saint-Saëns giudicava più intenso e compiuto rispetto a quello del Primo Concerto.

La seconda parte, marcata Allegro ma non troppo si apre con una serie di selvagge, guizzanti figurazioni ritmiche che danno vita a una sorta di moto perpetuo del violoncello. Dopo l'ampia Cadenza, articolata e impegnativa, dal sapore pianistico, un'accesa perorazione ripresenta in tonalità maggiore il materiale tematico dell'Allegro maestoso iniziale, prima che una rapida trionfante coda porti il Concerto alla sua conclusione.

Andrea Penna


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 3 novembre 2016


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Ultimo aggiornamento 20 novembre 2016