Introduction et Rondò capriccioso in la minore per violino e orchestra, op. 28


Musica: Camille Saint-Saëns (1835 - 1921)
Organico: violino solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: 1863
Prima esecuzione: Parigi, Champs-Elysées, 4 aprile 1867
Edizione: Durand, Parigi, 1875
Dedica: Pablo de Sarasate
Guida all'ascolto (nota 1)

Nella sua lunghissima esistenza Saint-Saëns attraversò da protagonista tutto il secondo romanticismo francese. Eppure questo compositore guardò sempre con diffidenza all'estetica romantica, ammirando soprattutto le regole classiche di costruzione e imprimendo chiarezza ed ordine alle sue opere; senza tuttavia mancare di innovare profondamente l'armonia della musica francese. Se c'è un lavoro che fa invece eccezione alla vocazione classicistica del compositore, e si rifà al filone più brillante ed estroverso dell'età romantica, questo è l'Introduzione e Rondò capriccioso per violino e orchestra, nato non a caso sotto l'influsso della conoscenza di Pablo de Sarasate.

All'epoca dell'incontro con Saint-Saëns, nel 1863, il violinista e compositore spagnolo aveva appena diciannove anni, e già si stava imponendo come uno dei virtuosi più significativi del suo tempo. Non a caso nel volgere di qualche anno avrebbero scritto per lui compositori come Bruch, Lalo, Joachim, Wieniawski e Dvorak; oltre ovviamente a Saint-Saëns, che gli dedicò, oltre all'Introduzione e Rondò capriccioso, anche il Primo e il Terzo Concerto per violino.

Dolcezza, purezza, contrastanti con un intenso vibrato, erano gli elementi di base del violinismo di Sarasate, le cui doti di intonazione e perfezione tecnica erano al di sopra di ogni critica, e coniugate a una musicalità trascinante.

Non sorprende dunque l'ammirazione di Saint-Saëns verso il violinista, né la sua sollecitudine nell'offrirgli una composizione, che peraltro Sarasate avrebbe eseguito solo due anni dopo.

Fatto sta che questa partitura doveva poi diventare uno dei morceaux favorìs di una intera generazione di violinisti, per la sua piacevolezza melodica e il suo infallibile effetto. In origine doveva trattarsi del movimento conclusivo di un brano più articolato, in seguito la pagina venne considerata meritevole di diffusione autonoma.

In primo luogo abbiamo l'Introduzione, dove il violino entra immediatamente, sul morbido accompagnamento, con una melodia malinconica e cantabile, secondata da armonie cangianti. Ma presto succede il Rondò vero e proprio, dove l'accompagnamento incalzante fa da base per la melodia scattante e brillante, animata da abbellimenti e spostamenti d'accento; si impone presto uno degli elementi di base del violinismo della seconda metà del secolo, il ricorso al folklore spagnolo, secondo una moda e un gusto diffusissimi. Questo refrain si alterna poi con episodi diversificati, che danno spazio tanto al lirismo quanto a squisiti espedienti tecnici. Non manca l'inversione dei ruoli di guida melodica e accompagnamento fra violino e orchestra (nel nostro caso il pianoforte). Il tutto concluso da una Coda giustamente trascinante e pensata per strappare l'applauso.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 23 novembre 2007


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Ultimo aggiornamento 16 gennaio 2015