Quartetto con pianoforte in si bemolle maggiore, op. 41


Musica: Camille Saint-Saëns (1835 - 1921)
  1. Allegretto
  2. Andante maestoso ma con moto (sol minore)
  3. Poco allegro più tosto moderato (re minore)
  4. Allegro (re minore)
Organico: violino, viola, violoncello, pianoforte
Composizione: Parigi, 19 febbraio 1875
Prima esecuzione: Parigi, Salle Pleyel, 27 marzo 1875
Edizione: Durand, Schoenewerk et Cie., Parigi, 1875
Dedica: M. Jules Foucault
Guida all'ascolto (nota 1)

Parlare oggi di una «organizzazione musicale» fuori del comune come quella di Camille Saint-Saëns, figura dominante della scena musicale francese (anzi meglio varrebbe dire mondiale vista l'attività concertistica in ogni angolo musicale raggiungibile) nella seconda metà del secolo diciannovesimo è compito difficile. Il giudizio odierno sul musicista sembra ritornato ai tempi della prima attività compositiva (come ricordato da un testimone d'eccezione, Charles Gounod nei Mémoires d'un artiste) quando gli interrogativi e i dubbi si sprecavano: «Saint-Saëns? Ah, bah! Veramente? Voi credete?...Come pianista, come organista, ah! Certamente non dico; ma come compositore? E...realmente...voi trovate?». Gounod «trovava» e come lui Liszt, Cajkovskij, Fauré, fino al rispetto non scevro di ammirazione di Wagner e Berlioz. La memoria e l'orecchio musicale prodigiosi lo imposero come enfant prodige capace di esibirsi con sorprendente facilità in ogni genere musicale: sinfonia, oratorio, opera lirica, poema sinfonico e musica da camera. La fama e la stima dei maggiori compositori del suo tempo lo accompagnarono nel suo ruolo di ambasciatore musicale della Francia repubblicana. L'estrema vecchiaia fu caratterizzata dalla sua avversione per l'avanguardia: di due anni più giovane di Brahms fini per assistere al periodo parigino di Stravinskij! E il vessillifero della forma e dell'architettura classico-romantica ne rimase inorridito. Ma da qualunque lato si cerchi di definire la personalità di Saint-Saëns, questa rifugge dalla classificazione e non basta liquidarla nel limbo dell'eclettismo. Non si assurge a nume tutelare della Société Nationale (l'organismo che aveva contribuito a ridare nuova linfa alla scuola francese dopo la battaglia di Sedan) senza qualità di compositore oggettive. Ma il Saint-Saëns sopravvissuto alla sua gloria nel primo ventennio del Novecento non si sentiva un maestoso leone in marcia ma piuttosto uno di quei fossili parodiati nel Carnevale degli animali, composizione pubblicata solo dopo la sua morte e che, per ironia della sorte, è rimasta in repertorio contrariamente alla scomparsa delle opere più note del catalogo.

Il Quatuor per pianoforte e archi in si bemolle maggiore op. 41 venne eseguito per la prima volta alla Salle Pleyel in un concerto chez Charles Lamoureux, il celebre direttore d'orchestra difensore di Wagner e Berlioz, di Liszt e Schumann, maestri del romanticismo al cui studio Saint-Saëns sottoponeva i suoi allievi, come testimoniato dal prediletto Gabriel Fauré. Non a caso si evoca il nome di Fauré (un anno dopo si cimenterà nella stessa forma, Quatuor en ut mineur op. 15): il Quatuor op. 41 di Saint-Saëns ha valore di pietra miliare per la musica da camera francese. Proprio nell'anno d'inaugurazione del grandioso Palais Garnier e della scoperta del capolavoro di Carmen (1875), Saint-Saëns decide di dedicarsi con assiduità alla produzione cameristica offrendo un modello che sarà preso in seria considerazione da Cesar Franck per il suo celebre Quintette en ut mineur. L'organico è quello usato da Schumann nell'op. 47: un trio d'archi (forma alla quale aveva già consegnato un'opera maestra come il Trio op. 18, modello futuro a Ravel) con l'aggiunta del pianoforte, strumento a cui aveva dedicato tre concerti per piano e orchestra (opp. 17, 22 e 29).

Nel primo movimento (Allegretto) il tema di apertura viene enunciato su riposati accordi del pianoforte cui fa seguito un elegante arabesco sincopato del violino e della viola, un motivo che sarà ripreso cinque volte sugli arpeggi del pianoforte e che, senza soluzione di continuità, genera una cadenza in ottave pronta a introdurre il secondo tema: esposto melodicamente per gradi congiunti dal violino e dal cello su vellutate terzine del pianoforte che celano con moderata eleganza virtuosistica l'ambiguità armonica. Uno staccato del piano introduce il terzo lema in un lirico fa maggiore cantato dal violino, ripreso dal cello e dalla viola. La sezione di Sviluppo elabora il materiale tematico dell'Esposizione: l'arabesco iniziale è arricchito da una quartina ascendente e la caratteristica appoggiatura viene isolata dal pianoforte nel ripresentare il terzo tema ornato dagli arpeggi disinvolti del pianoforte. Una cadenza del violino (la parte fu scritta per un virtuoso come Pablo de Sarasate) annuncia la coda conclusiva del movimento, dove ritorna l'acciaccatura scambiata fra gli archi sugli accordi cadenzali del pianoforte.

Il secondo movimento (Andante maestoso ma con moto) rivela le fonti del classicismo di Saint-Saëns. Un tema di marcia maestoso ma violento e solenne scandito da accordi secchi accostati a un nervoso inciso ritmico costituisce il fondamento del movimento. Dopo otto battute gli archi presentano un semplice motivo a corale in semiminime che scambiano con il pianoforte, prima di farlo emergere come motivo dominante della sezione fugata. L'inciso ritmico diviene la testa del soggetto di fuga mirabilmente variato dalle ornamentazioni melodiche di chiara matrice bachiana del violino. La leggerezza degna di Mendelssohn con cui Saint-Saëns sviluppa la fuga consente alle quattro parti di mantenere una condotta contrappuntistica misurata, con tratti di virtuosismo concertante degni di un concerto grosso ingentilito dallo stile galante. La sezione conclusiva ripresenta marcia d'apertura e tema-corale troncati dalle ottave spezzate del pianoforte.

Poco allegro più tosto moderato recita l'indicazione del tempo per il terzo movimento: uno Scherzo in forma tripartìta, in cui i ritorni del motivo principale sono sciorinati con crescente aumento della velocità. Il tema è una sorta galoppata di terzine staccate azzoppate da una bizzosa duina, ripreso fra archi e piano in un crescendo sorprendente di sonorità orchestrali. La seconda volta (Più Allegro deciso) il tema è variato timbricamente da ingegnose ottave pizzicate dagli archi o staccate del piano, strumento primo inter pares la cui cadenza porta all'ultima travolgente Esposizione del tema d'apertura (Presto-Prestissimo).

Il quarto movimento (Allegro) è il più lungo e il più complesso. Un tema impetuosamente schumanniano è frenato nello slancio discendente da un accordo di terza diminuita. A questo episodio drammatico si alterna per due volte una sezione cantabile sviluppata su una melopea delicata del violino. Per arrivare alla coda Saint-Saëns elabora un pedale di autentica perfezione timbrica su cui gli archi in stretto concludono il periodo musicale. Nella coda ritornano ben distinguibili i primi due motivi del primo movimento, una reminiscenza variata dello Scherzo: è un utilizzo ciclico del materiale tematico, una delle più fortunate formule costruttive della scuola franckista, sviluppata con la chiarezza «cartesiana» tipica di Saint-Saëns.

Giovanni Gavazzeni


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 91 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 20 febbraio 2017