Sonata n. 1 in re minore per violino e pianoforte, op. 75


Musica: Camille Saint-Saëns (1835 - 1921)
  1. Allegro agitato
  2. Adagio
  3. Allegretto moderato
  4. Allegro molto
Organico: violino, pianoforte
Composizione: ottobre 1885
Edizione: Durand, Schoenewerk et Cie., Parigi, 1885
Dedica: Martin-Pierre-Joseph Marsick
Guida all'ascolto (nota 1)

Lirismo e slancio romantico. Sensibilità, palpito ed emozione. Lampi di pura poesia e suggestioni tenere e malinconiche. Passi di alta drammaticità. Quanti sono i caratteri, i sentimenti che ci comunica la Sonata per violino e pianoforte in re minore op. 75 n. 1 di Camille Saint-Saëns? Frutto esemplare di una sensibilità tardo ottocentesca dal sapore inconfondibile, opera intensa, in grado di captare, riformulandoli, dentro il proprio sonor, gli stilemi dominanti dell'età di Wagner e di Brahms, siamo di fronte a un lavoro che colpisce per la spregiudicata bellezza, per l'impatto emotivo, per i contenuti altamente poetici. Se a questi aspetti, poi, si aggiungono anche una salda capacità di controllo e architettura della forma, che è resa, nella presentazione e nella riformulazione dei temi e nella circolazione capillare delle idee, molto funzionale e omogenea (vi è, ad esempio, una particolare struttura portante con 4 tempi pensati come indissolubilmente collegati: 2 a 2), possiamo identificare la Sonata in re minore come uno dei più bei lavori per violino e pianoforte di questo scorcio di Ottocento: a ragione entrato ormai stabilmente nel repertorio caratteristico di quegli anni. Perfettamente in grado di farci assaporare quello che i tedeschi definiscono lo Zeitgeist, ovvero lo spirito del tempo calzante, "definente" un epoca. Ma vi è un altro aspetto che caratterizza l'op. 75. Un elemento anch'esso peculiare del proprio tempo e da essa perfettamente testimoniato: il virtuosismo. Ci riferiamo, ad esempio, già solo nel primo tempo, alla tecnica sopraffina espressa ed esibita dai due strumenti, lanciati spesso in scintillanti, ubriacanti momenti. Qui letteralmente si sfida la forza di gravità, si sfrutta l'appiglio, si ammira l'esibizione nel corso di plastici, brillanti elementi di fisica motricità. Passi di bravura, ma dentro un'esibizione mai fine a se stessa, invece del tutto integrata con il tessuto connettivo del brano, suo elemento consustanziale, in grado di qualificarlo, semmai, ulteriormente. Anche i sapori sonori, qui, sono davvero intensi. Ci piace trovarvi orizzonti del mondo brahmsiano, che qui il compositore, in un certo senso, cita indirettamente - ci permetteremmo di dire - "per amore". Così "sentiamo" allusioni e rimandi, ovviamente filtrati dallo stile personale di Saint-Saëns, già nell'Allegro agitato all'abbrivo della Sonata, con quel tema denso ed ondulato, la cui trama viscosa stende subito un reticolo di riferimenti e di citazioni intrecciate che verranno sfruttate nella meticolosa opera di elaborazione. Iridescente, luminoso, lirico il secondo elemento. Man mano che violino e piano, in paritario rapporto di peso strategico, "trattano" il materiale, ecco che inizia una sottile e paziente opera di permutazione e di adattamento che rende l'ascolto coerente e ricco di colori, conservando però ogni volta una visione di straordinaria originalità. Nello sviluppo assistiamo alla costruzione di una imponente impalcatura di fuga che rende il confronto tematico, ritmico e timbrico tra i due strumenti di emozionante, palpitante impatto scenico. Nella ripresentazione, nella vera e propria trasfigurazione di temi ed idee ammiriamo l'anima romantica del compositore, che ci prende come per mano portandoci dentro il secondo movimento, l'Adagio. Qui ci immergiamo in un'atmosfera da sogno, lirica, intensa. Il nucleo emotivo della Sonata è qui e Saint-Saëns, definendolo in una forma Lied ternaria (A-B-A), ce lo illustra con grande autorità, compresa la stesura di una parte centrale di contrasto emotivo prima del ritorno della prima sezione iniziale.

Nella seconda parte "in doppio" di questo lavoro, ovvero nelle successione degli altri due tempi accoppiati, ci addentriamo per prima nell'Allegretto moderato un ondeggiante e molto aggraziato scherzo. Dopo la presentazione e l'elaborazione del tema gentile di apertura, il passo centrale consiste in una bella melodia cantabile del violino, prima che ritorni brevemente il tema iniziale, che ora sfuma in dissolvenza come fosse una magica, eterea danza di folletti. Il compositore ci fa sentire ora nobili rintocchi come di solenne enunciazione sopra larghi e profondi accordi corali. È la frase di passaggio che porta all'Allegro molto. Un esaltante perpetuum mobile del violino sopra puntillistici sostegni del piano inaugura un vortice inebriante che pare una sorta di volo radente letteralmente senza controllo, in cui le note si inseguono in un'apparentemente caotica girandola del tutto variopinta. I ruoli si invertono frequentemente conducendo velocemente a un tour de force finale che tutto travolge: un degno epilogo che lascia attonito l'ascoltatore nel segno della più esplicita spettacolarità sonora.

Marino Mora


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD AMX 015-2 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 8 settembre 2017