Alla caccia di tiranna beltà
Cantata per contralto e basso continuo
Musica: Domenico Scarlatti (1685 - 1757)
Testo: autore ignoto
Organico: contralto, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
La cantata, «Alla
caccia, alla caccia!», composta per l'organico base di
voce e basso continuo, attraverso due brevissimi recitativi ed
altrettante arie sviluppa la metafora venatoria proposta dai modesti
versi di gusto scopertamente barocco: la caccia d'amore in cui l'amante
dovrà inseguire una preda che sa bene come difendersi. Se il primo
recitativo è vivacizzato dall'incresparsi della parte vocale in
tradizionali madrigalismi a «correr» e «lamenti», è con l'aria
successiva, scritta nella forma col da capo, che si potrà attingere a
una pregnanza musicale degna di nota. Il basso vi conferisce un impulso
dinamico implacabile, che offre il destro alla voce per esprimere i
bellicosi imperativi del testo. Quando l'io lirico avrà compianto nel
secondo recitativo la propria sorte con un patetico «Ahi, lasso»,
debitamente esasperato dalle risorse della musica, l'altra aria (come
la prima in modo minore: quella in la, questa in mi) ripropone un
meccanismo motorio innescato dal basso e aggravato da un supplemento di
ferocia, tra eroici ritmi puntati e salti d'ottava. Sin dall'incipit la voce
propone un'intonazione stentorea sui gradi dell'arpeggio (a imitazione
del gesto "ascendente" implicito nell'esortazione d'apertura: «Su»),
per concedersi qualche indugio nella sezione B.
Raffaele Mellace
Testo
Recitativo:
Alla caccia, alla caccia!
Di tiranna beltà seguiam la traccia.
Sciogli, o mio fido core,
i veltri de'sospiri
nella gelosa selva dei martiri,
dove ci attende il cacciator d'amore.
I pensieri seguaci
siano al correr veloci
ed al ferire intenti;
sian pronti al varco i flebili lamenti.
Aria:
Nel monte e nella selva
l'orme di cruda belva
seguite, o miei pensier,
per vendicarvi.
Stringete le sue frodi
con mille e mille nodi,
che l'empia asconde in sen
un core menzogner
per ingannarvi.
Recitativo:
Su, la fiera stringete,
formategli d'affanni un'aspra rete.
Non la mirate in volto,
che qual Medusa, ahi lasso,
le speranze d'amor converte in sasso.
Cauti, del labbro infido
non ascoltate i menzogneri accenti,
e dell'occhio omicida
non incontrate il velenoso sguardo,
che modesto e bugiardo
sotto candido volto e nera fede
asconde il tradimento,
ferisce, uccide e fugge poi qual vento.
Aria:
Su, mio core, al cimento, al periglio!
Le lusinghe del labbro e del ciglio
di quel volto t'avvezza a schernir.
Cangia aspetto la fiera ogni istante,
poiché infida spietata incostante,
se t'alletta, sol pensa a tradir.
(1)
Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 153 della rivista Amadeus
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Ultimo aggiornamento 7 febbraio 2017