Sonata in fa diesis maggiore, K 319


Musica: Domenico Scarlatti (1685 - 1757)
Organico: clavicembalo
Guida all'ascolto (nota 1)

In uno dei suoi famosi colloqui con Robert Craft, Stravinskij espresse una volta con arguta ironia la sua scarsissima stima nei confronti della musica italiana del Settecento, arrivando addirittura a definire Vivaldi «un tipo tedioso che componeva la stessa forma un'infinità di volte». L'unico che riusciva a salvarsi almeno in parte dalle staffilate stravinskiane era proprio Scarlatti: «Scarlatti è una faccenda diversa». Ma, aggiungeva subito Stravinskij, «anche lui variò così poco la forma...». E persino Schumann, di solito critico attento e perspicace dei fenomeni musicali sia del suo tempo che del passato, aveva scritto che Scarlatti, in confronto con i maggiori compositori tedeschi, era «come un nano capitato in mezzo ai giganti».

Mitizzato alla sua epoca come uno dei più grandi strumentisti d'Europa, fatto oggetto di una vera e propria «caccia al manoscritto» negli anni immediatamente successivi alla sua morte, il buon Domenico venne in effetti ben presto confinato in quel limbo di «compositori minori» in cui tutto tende a confondersi: il destino che sembrava attenderlo era quello di essere ricordato semplicemente come uno dei «precursori» della forma-sonata, o come uno dei molti che avevano cercato di emancipare la scrittura per strumento a tastiera dalla vecchia tradizione del basso continuo.

Se oggi le cose non stanno così, e se il nome di Scarlatti ha saputo reggere a testa alta il confronto con quelli di Bach e di Händel in occasione delle celebrazioni dell'anno europeo della musica del 1985, lo si deve al lavoro e all'impegno di molte persone: gli studiosi, come Longo, come Kirkpatrick, e molti altri dopo di loro, che hanno analizzato, catalogato e pubblicato il corpus delle composizioni scarlattiane: ma anche, e forse soprattutto, i musicisti, come Horowitz, che hanno inserito le musiche di Scarlatti nel loro repertorio, le hanno incise e suonate in concerto accanto a Liszt e Chopin, presentandole con eguale dignità e dedicando loro altrettanta «attenzione interpretativa».

Decisamente inconsueta e spiccatamente originale è la Sonata K. 319. La linea melodica sembra procedere in modo del tutto svagato e casuale, quasi «incantandosi» su alcuni microdisegni e facendoli scivolare nello spazio sonoro. Verso la metà della prima sezione (e anche della seconda) compare un passaggio basato sulla continua ripetizione di un disegno «circolare» di tre note, con un abbellimento sulla prima di esse: dal punto di vista formale si tratta di una normalissima «progressione», ma l'effetto sonoro che ne deriva è decisamente originale, e potrebbe essere descritto come la creazione di una fascia sonora centrale piuttosto increspata, al di sopra e al di sotto della quale si muovono due linee melodiche. Ma le sorprese non sono ancora finite: del tutto inaspettatamente, infatti, le due sezioni si chiudono con un veloce disegno di scale, a velocità doppia rispetto all'andamento precedente.

Franco Sgrignoli


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 72 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 9 aprile 2017