Sonata in re maggiore, K 492


Musica: Domenico Scarlatti (1685 - 1757)
Organico: clavicembalo
Guida all'ascolto (nota 1)

Coetaneo di Händel e suo amico ai tempi del soggiorno italiano del Sassone, il napoletano Domenico Scarlatti restò per una buona metà della sua vita all'ombra del suo famoso genitore, Alessandro. Non gli rendono merito i pur pregevoli lavori - opere, cantate e brani sacri - scritti in gioventù sotto un evidente influsso paterno. Solo con la partenza dall'Italia, nel 1719, e dopo la morte di Alessandro, avvenuta nel 1725, Domenico potè sviluppare un proprio originale stile, diventando uno dei più importanti compositori per strumento a tastiera di tutti i tempi. Approdato in Portogallo, egli fu maestro alla cappella del re Giovanni V e si occupò dell'istruzione musicale della giovane principessa Maria Barbara. Dopo il matrimonio di quest'ultima con l'erede al trono spagnolo, la seguì in Spagna, dove trascorse il resto della propria vita. La maggior parte delle sue oltre cinquecentocinquanta Sonate per clavicembalo furono pertanto scritte per questa illustre allieva, che doveva verosimilmente avere anche eccellenti qualità di strumentista. La più antica raccolta, uh gruppo di trenta Sonate, pubblicata col titolo di Essercizi per Gravicembalo nel 1738 e dedicata al re di Portogallo, diventa (pur non presentando in assoluto i primi lavori clavicembalistici di Domenico) il punto di partenza per uno sviluppo artistico che per varietà stilistica e ampiezza della gamma espressiva resta insuperato.

Scarlatti continuò per tutta la vita a dedicarsi in modo pressoché esclusivo allo strumento a tastiera - una significativa parte della sua produzione fu probabilmente composta dopo che ebbe compiuto sessantacinque anni - e le sue Sonate furono infine raccolte in una serie di volumi ad uso di Maria Barbara, ormai divenuta Regina di Spagna. In questo immenso universo sonoro convergono in maniera unica influssi di varia origine: basti pensare ai suoni ascoltati in gioventù nella nativa Napoli o ai ritmi di danza spagnoli incontrati in età adulta per rendersi conto dell'eterogeneità del materiale musicale che Scarlatti convogliò nelle sue Sonate.

Fu per primo Ralph Kirkpatrick, il musicologo e clavicembalista statunitense autore di una celebre biografia pubblicata nel 1953, alla cui catalogazione si fa attualmente riferimento con l'uso dell'iniziale "K" (da non confondere con quella per le opere di Mozart, il cui catalogo fu redatto da Köchel), ad accorgersi che circa quattrocento tra le oltre cinquecento lasciate da Scarlatti erano organizzate a coppie. Pur essendo evidente che possono esser suonate separatamente, Kirkpatrick sottolinea l'importanza della relazione tra le Sonate di una coppia, un nucleo che in casi eccezionali può arrivare a comprendere non due ma tre Sonate.

Appartengono a uno di questi rari trittici le Sonate K 490, 491 e 492, tutte nella tonalità di re maggiore e di andamento che parte dal Cantabile della prima Sonata per arrivare al Presto dell'ultima. Il programma presenta proprio le due Sonate estreme, ovvero la K 490 e la K 492, di carattere molto diverso: nella prima, a dispetto dell'indicazione Cantabile, a carpire l'attenzione dell'ascoltatore è piuttosto il ritmo ostinato che accompagna un abbozzo di melodia intercalato da rapide scale; la Sonata K 492, al rapido ritmo di 6/8, fa sfoggio di virtuosismo, tra acciaccature, accenti spostati e veloci tirate, per un tripudio di suoni che lo stesso autore, nella famosa prefazione ai suoi Essercizi, indicava molto semplicemente come prodotto dello Scherzo ingegnoso dell'Arte.

Giorgio Cerasoli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 13 aprile 2013


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Ultimo aggiornamento 24 giugno 2015