Fantasia, op. 47


Musica: Arnold Schönberg (1874 - 1951)
  1. Grave. Più mosso. Meno mosso
  2. Lento. Grazioso. Tempo I. Più mosso
  3. Scherzando. Poco tranquillo. Scherzando. Meno mosso. Tempo I
Organico: violino, pianoforte
Composizione: 3 - 22 marzo 1949
Prima esecuzione: Zurigo, Theater am Neumarkt, 11 settembre 1949
Edizione: F. Peters, New York, 1952
Dedica: Adolph Koldofsky
Guida all'ascolto (nota 1)

La Fantasia per violino e pianoforte, o meglio, come indica il titolo originale, la Fantasy for Violin with Piano accompaniment, fu scritta da Schoenberg nel 1949, due anni dopo la composizione Un superstite di Varsavia per voce recitante, coro maschile e orchestra, e appartiene al gruppo degli ultimi cinque lavori ultimati dal musicista negli Stati Uniti prima di morire (insieme ai Three songs per voce bassa e pianoforte, Drei volkslieder per coro misto a cappella, Dreimal tausend jahre per coro misto a cappella e De profundis per coro misto a sei voci, a cappella). E' un'opera elaborata in stile dodecafonico, in cui la parte principale è affidata al violino, mentre il pianoforte ha una funzione di semplice accompagnamento e non ostacola il monologo del solista, che ubbidisce all'idea di fantasia in musica, lontana da qualsiasi schematizzazione formale. Il brano si articola in tre parti, di cui la prima ha carattere drammatico e rapsodico con un'ambientazione sonora di tipo espressionista, passando dal Grave iniziale al Più mosso di aforistica concisione. Il momento più efficace ed espressivo è il Lento centrale, un intermezzo lirico con molti agganci al Violinkonzert di Berg, al quale fa seguito una nuova invenzione rapsodica. La terza parte (Scherzando) è costruita in forma tripartita A-B-A, nella quale si inserisce anche una specie di trio. Nella coda confluisce tutto il materiale ritmico-melodico delia Fantasia, considerata tra i brani strumentali più complessi dell'ultimo Schoenberg, di un'asciuttezza insolita (dura poco più di 8 minuti) e con qualche anticipazione perfino di tecnica aleatoria, tale da non compromettere la struttura seriale della musica.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 2 maggio 1980


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Ultimo aggiornamento 12 luglio 2014