L'interesse intorno a questi tre minuti di musica (d'infrequente esecuzione a causa dell'estrema difficoltà della parte vocale e del peregrino organico strumentale) è andato crescendo ultimamente in seguito alla convergenza degli interessi della critica verso le ragioni profonde delle cosiddette avanguardie storiche: quelle più gravide di un futuro non immediato, e talora (come è il caso di Schoenberg) non previsto né desiderato. La trattatistica dodecafonica annovera «Herzgewächse», terminato nel dicembre 1911, tra i lavori schoenberghiani che precedono l'adozione sistematica della serialità da parte del compositore: differenziazione, diremo così, scolastica che lascia ampio adito all'individuazione di valori solitamente inosservati o travisati dalle letture «tradizionalistiche» del piccolo Stück. Il quale non a caso godeva dell'ammirazione profonda di Webern, che lo definiva «il punto culminante della musica»: della «sua» musica, ovviamente. Tanta e tale è infatti la atomizzazione sonora (aiutata dalla frusciante luminescenza dello straordinario mélange timbrico) che, tra batterie accordali, rapide cascate di arpeggi, brandelli di «ostinati», si stende sotto le convulsioni espressionistiche della linea vocale, vero filo d'imbastitura destinato a tenere insieme e a trascinare fino all'ultima battuta materiale sonoro così volatile e imponderabile.
Giovanni Carli Ballola
Herzgewächse Meiner müden Sehnsucht blaues Glas Deckt den alten unbestimmten Kummer, Dessen ich genas, Und der nun erstarrt in seinem Schlummer. Sinnbildhaft ist seiner Blumen Zier: Mancher Freuden düstre Wasserrose, Palmen der Begier, Weiche Schlinggewächse, kühle Moose. Eine Lilie nur in all dem Flor, Bleich und starr in ihrer Kränklichkeit, Richtet sich empor Über all dem blattgeword'nen Leid. Licht sind ihre Blätter anzuschauen, Weißen Mondesglanz sie um sich sät, Zum Krystall dem blauen Sendet sie ihr mystisches Gebet. |
Vegetazione del cuore L'azzurro vetro del mio stanco anelito copre l'antico, indefinito affanno di cui godevo e che raggela ormai nel suo sopore. Denso di sìmboli è l'ornato dei suoi fiori: ninfea incupita di non so qual piacere, palme di desiderio, molli rampicanti, frescura di muschi, solo un giglio in tutta quella fioritura, smorto e irrigidito nella sua fragilità, s'aderge su tutto il dolore che s'è fatto foglia. Lucenti a vedersi le sue foglie, semina intorno bianca luce lunare, all'azzurro cristallo trasmette la sua mistica preghiera. |