Quindici Lieder, op. 15

per soprano e pianoforte

Musica: Arnold Schönberg (1874 - 1951)
Testo: Stefan George da Das Buch der hängenden Gärten
  1. Unterm Schutz von dichten Blättergründen
  2. Hain in diesen Paradiesen
  3. Als Neuling trat ich ein in dein Gehege
  4. Da meine Lippen reglos sind und brennen
  5. Saget mir, auf welchem Pfade
  6. Jedem Werke bin ich fürder tot
  7. Angst und Hoffen wechselnd mich beklemmen
  8. Wenn ich heut nicht deinen Leib berühre
  9. Streng ist uns das Glück und Spröde
  10. Das schöne Beet beträcht ich mir im Harren
  11. Als wir hinter dem beblühmten Tore
  12. Wenn sich bei heiliger Ruh in tiefen Matten
  13. Du lehnest wider eine Silberweide
  14. Sprich nicht immer von dem Laub
  15. Wir bevölkerten die abenddüstern Lauben
Organico: soprano, pianoforte
Composizione: 1908 - 1909
Prima esecuzione: Vienna, Ehrbar-Saal, 14 gennaio 1910
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1914
Guida all'ascolto (nota 1)

Dieci anni più tardi [1908 - 1909] Schoenberg aveva voltato le spalle a Dehmel, per volgersi verso il poeta simbolista Stefan George (su testo di George sono, oltre ai Lieder op. 15, gli ultimi due movimenti del Quartetto op. 10, e un Lied op. 14). Un. passaggio che era parallelo a un'altra transizione, quella verso l'espressionismo e l'atonalità. È a partire dal 1906, infatti, che Schoenberg "rompe" definitivamente con le certezze del sistema tonale, secondo quel processo di "emancipazione della dissonanza" che legittimava l'abolizione di uno stabile punto di riferimento tonale; esito personalissimo di quei rivolgimenti che attraversavano tutte le avanguardie europee. Come lo stesso autore ebbe a scrivere «mi aspettavo che tutti i problemi che mi avevano tormentato come giovane compositore fossero risolti in modo da indicare una via per uscire dalla confusione in cui noi giovani eravamo stati coinvolti con le innovazioni armoniche, formali, strumentali ed emotive di Richard Strauss» ("Come si resta soli", 1937, in "Analisi e pratica musicale"). L"'emancipazione della dissonanza" è in realtà solo una delle componenti che costituiscono il nuovo stile di Schoenberg: l'abbandono delle vaste articolazioni in favore del miniaturismo, della grande orchestra sinfonica in favore di aggregazioni cameristiche (i mastodontici Gurrelieder, nonostante l'orchestrazione sia in via di definizione, sono ormai dietro le spalle), nonché il maggior peso dell'elaborazione tematica.

Anche i testi di George hanno una loro importanza in questa nuova poetica. Nelle note di programma per la sua prima esecuzione dei Quindici Lieder op. 15 tratti da "Das Buch der hängenden Gärten" ("Il libro dei giardini sospesi"), Schoenberg osservò: «Con i Lieder di George mi sono per la prima volta avvicinato a un ideale di espressione e forma che avevo in mente da anni. [...] Ora che sono andato oltre quel limite una volta per tutte, sono conscio di avere rotto ogni restrizione di una estetica sorpassata. [...] Sono stato forzato in questa direzione non perché la mia invenzione e la mia tecnica fossero inadeguate, e nemmeno perché disinformato relativamente a tutto ciò che l'estetica prevalente richiede, ma per obbedire a un impulso interno, più forte di ogni educazione; per obbedire al processo formativo che, essendo l'unico naturale in me, è più forte della mia educazione artistica».

I Lieder di George non costituiscono esplicitamente una storia, ma disegnano un legame d'amore sullo sfondo di un panorama lussureggiante ed esotico. Sboccia una passione fra un uomo e mia donna, ma i due amanti si separeranno. Non c'è partecipazione emotiva nei testi poetici, e nemmeno nella loro veste musicale, che procede prevalentemente secondo uno stile recitativo, in una ambientazione tranquilla e lenta. Le poesie visionarie di George spingono Schoenberg a sperimentare le inesplorate possibilità espressive della libera aggregazione di suoni («Avevo capito le poesie di Stefan George soltanto al loro suono», in "Rapporto con il testo"). Il risultato è quello di un distacco espressivo, in cui le vicende narrate vengono contemplate come da lontano; la strettissima relazione fra voce e strumento si basa sulla capacità di cogliere la perfetta ambientazione di ogni Lied.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 1 febbraio 1997


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Ultimo aggiornamento 20 giugno 2015