«Era così affascinante volarsene via verso tonalità sempre più lontane e poi infilarsi nel caldo nido della tonalità da cui si era partiti! E tutto ad un tratto non si era fatto più ritorno - vai a fidarti d'una carogna d'accordo», disse Anton Webern il 3 aprile 1933, a quasi trent'anni di distanza dall'epoca in cui Schoenberg aveva composto il primo Quartetto op. 7 in re minore opera in cui non ancora si avvertono le sospensioni della tonalità se non allo stato «documentario», secondo Boulez, di tensioni estreme nell'ambito Wagner-Brahms, con il quale «il cordone ombelicale non era stato ancora reciso»; «del resto non sarà mai reciso del tutto» aggiunge Boulez, con la tagliente osservazione: «una oscillazione lenta dal primo al secondo di questi predecessori sarà anzi la caratteristica più notevole di questa lunga carriera». Dove è avvertibile la polemica della generazione postbellica contro la sopravvivenza, nella musica di Schoenberg, delle forme preclassiche e classiche che esprimono «il controsenso più perfetto che si possa scoprire nella musica contemporanea, controsenso che ci pare annulli la portata dell'opera di Schoenberg in generale - opera tirata e a destra e a sinistra da due concezioni antinomiche: il risultato si rivelerà qualche volta catastrofico».
Con Verklärte Nachtt con i Gurre-Lieder, con Pelleas und Mélisande, il Quartetto (1904-1905) appartiene al gruppo di composizioni in cui è toccato il punto d'arrivo del linguaggio tonale di Schoenberg, e contemporaneamente, insieme con il Quartetto in fa diesis minore op. 10 del 1907-1908 il momento in cui l'ingresso della musica da camera schoenberghiana nelle sale di concerto suscitò lo scandalo per antonomasia, provocato dalla duplice fedeltà al pantematismo brahmsiano e alle tensioni armoniche di discendenza wagneriana, per cui gli argini dei predecessori venivano rispettivamente abbattuti: «l'armonia si fece più aspra in quanto anche le dissonanze più dure si giustificavano con la condotta delle parti è con l'autonoma elaborazione motivico-tematica, mentre quest'ultima aveva la possibilità di muoversi nell'ambito tonale allargato in modo incomparabilmente più libero rispetto a quanto era concesso all'armonia conservatrice di Brahms» (Adorno).
Ma, questa la premonizione più importante contenuta nel Quartetto op. 7,
fondamentale è il richiamo di Schoenberg alla tradizione nell'adattare
il linguaggio, con la formazione archetipica delle parti reali nel
quartetto d'archi, all'itinerario di tesi ed antitesi proprio del tempo
di sonata beethoveniano (modello: il primo movimento dell'Eroica) e della
sonata ciclica, secondo il principio dialettico di una struttura
complessiva in sei parti che corrisponde all'uso di altrettanti temi
esposti a coppia, e sviluppati applicando il criterio della concrezione
a coppia, a quattro e quindi a sei temi: nella forma seguente, secondo
l'analisi di Dieter Schnebel
Claudio Casini