Divertissement a l'hongroise in sol minore, op. 54, D. 818

per pianoforte a quattro mani

Musica: Franz Schubert (1797 - 1828)
  1. Andante (sol minore)
  2. Marcia. Andante con moto (mi bemolle maggiore) e Trio (la bemolle maggiore)
  3. Allegretto (sol minore)
Organico: pianoforte
Composizione: autunno 1824
Edizione: Artaria, Vienna, 1826
Guida all'ascolto (nota 1)

Durante il suo secondo soggiorno al castello degli Esterhàzy a Zseliz, il 2 settembre 1824 «Schubert annotò una canzone ungherese che senti cantare nella cucina del conte da una giovane domestica; stava rientrando con me a casa dopo una passeggiata e la sentì passando. Ci fermammo ad ascoltare con attenzione. Schubert ne provò un piacere manifesto, tanto che dentro di sé rimuginò per lungo tempo il canto sino a quando l'inverno seguente riapparve come un tema dell'op. 54»: è questa l'interessante testimonianza dell'amico barone Schönstein che con il musicista divideva l'alloggio a casa Esteràzy. Il tema di cui parla Schönstein si trova effettivamente nella Mélodia ungherese in si minore, per pianoforte op. 54, D817.

Schubert, che amava questi ritmi, questi temi genuini e di danza, soprattutto lo spirito e la freschezza inimitabile della musica popolare, lo riutilizzò poi ancora, rielaborandolo e trasponendolo in sol minore per il Finale del suo Divertimento all'ungherese D818, anche se la stesura di questo brano non fu fatta precisamente a Zseliz, ma al ritorno a Vienna qualche settimana dopo. La fonte di ispirazione folclorica del compositore non risiede comunque nel singolo tema, ma nell'insieme, nella straordinaria somma di accenti, movenze, elementi melodici e ritmici che provengono in parte da un'autentica matrice ungherese, e in parte sono autonomamente creati dalla sensibilità schubertiana. Di fatto l'intero Divertimento trabocca di idee originali di rara immediatezza che restituiscono all'ascoltatore un quadro assai vivido di impressioni e di colori.

Lo vediamo sin dal tema introduttivo in sol minore del primo movimento, Andante, dolce, evocativo, come un delicato raggio di sole che illumina il giorno nascente: via via prende forza e vigore, infine si infrange su di un tremolo in fortissimo; a questo motivo fa da pendant, un secondo tema in mi bemolle maggiore derivato dal primo, tuttavia di carattere ben diverso, nobile, elegante, salottiero. Saranno le variazioni di quest'ultimo a costituire occasione per sviluppi di particolare efficacia, come quando una iridescente collana di fluide note scorre sopra il basso che ripete incessante il ritmo tematico di base e dove ancora il secondo tema torna in modo minore con una versione nostalgica e malinconica; per un attimo riassume la sua fisionomia originale in mi bemolle, ma subito si ritrasforma in nuove varianti, poi compare sotto forma di vigorosa transizione che infine si spegne su di una sfavillante cadenza alla voce superiore. Dopo il ritorno del tema d'apertura, che strutturalmente funziona come il refrain di un rondò e ha il compito di collegare in modo organico le parti del movimento, è ancora il secondo toma il protagonista, ripresentato in modo più deciso (Un poco più mosso) in si bemolle maggiore, variato e ampiamente elaborato in una serie caleidoscopica di soluzioni - come nella versione lirica in re minore o nella sfavillante, grandiosa versione marziale - infine ripreso, proseguito nella frase di transizione e concluso sulla bella cadenza finale. Torna infine a concludere il percorso tematico di questo primo movimento il tema-refrain in sol minore, arricchito da nuovi, raffinati giochi timbrici.

Un rimbalzante, ritmico tema in do minore suddiviso in due segmenti principali apre il secondo movimento, Andante con moto, una breve Marcia con un Trio interno di impronta semplice e genuina. Ancora una volta, nei fremiti del basso, nelle sfumature armoniche, nelle leggiadre linee melodiche che paiono un invito al canto, Schubert pare suggerire autentici passi di danza, sottintendere movenze, dipingere immagini di vita agreste, vagheggiare il fascino della campagna. La Marcia poi è ripresa testualmente.

Quando si apre il terzo movimento, Allegretto, emerge in tutta la sua vitalità il tema «ungherese», bizzarro e arioso, costruito su plastici rimbalzi ritmici disegnati dentro precisi archi intervallari, poi esteso in una frase di sviluppo che ne amplifica le potenzialità. Come era successo col tema principale in sol minore dell'Andante che nei periodici ritorni conferiva omogeneità all'intero movimento, anche qui il terna «ungherese» fa da punto di riferimento e si collega con una perfetta tecnica a incastro al dispiegarsi di due grandi sezioni strutturate in episodi, e poi dell'Epilogo, sorta di ingegnoso trait-d'union, tuttavia mai identico a se stesso e ogni volta almeno leggermente modificato.

Nel primo caso apre un episodio brusco e marcato in do minore, proseguito con una variante dai toni più sfumati nella tonalità di sol minore, a sua volta stemperata in un fluido epilogo costruito su deliziose scalette ascendenti. L'intero episodio è poi raddoppiato integralmente con una trasformazione - solo nel finale - attraverso una frase modulante di collegamento.

Nel secondo caso avvia un altro episodio altrettanto ricco di soluzioni e di varianti dove si succedono idee, spunti, ritorni tematici che ci restituiscono con straordinaria immediatezza il fantastico mondo schubertiano. Anche qui il secondo episodio presenta una sorta di grande duplicazione e sostanzialmente si ripete, salvo il solito cambiamento nella frase di transizione-collegamento finale. Quando per l'ultima volta torna il terna «un¬gherese» è in una versione diversa, quasi frenata attraverso il curioso accorgimento di accordi che accompagnano in sincope e di una maggiore articolazione melodica: è il preannuncio dell'epilogo, che infatti giunge attraverso una frase discendente appena increspata da mordenti e da placide appoggiature, un quadro che d'improvviso si rasserena in una visione composta, radiosa, che sostituisce allo sfondo tonale corrusco di sol minore quello più chiaro di sol maggiore.

Marino Mora


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 117 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 4 agosto 2012