Fra i primissimi lavori del quindicenne Schubert, accanto a molti Lieder, figura l'opera Der Spiegelritter, a indicare quanto in lui il richiamo del teatro sia stato precoce, e anche costante, come conferma la creazione di altri dieci titoli, sebbene solo tre giungessero sulle scene, e senza troppo successo. L'ultima opera, se si escludono le musiche di scena per Rosamunde, fu Fierrabras, composta in pochi mesi fra il maggio e l'ottobre del 1823, su libretto di Josef Kupelwieser, fratello di un caro amico di Schubert, il pittore Leopold; come segretario del Teatro di corte di Porta Carinzia a Vienna egli assicurava la rappresentazione, ma le sue dimissioni, e il modesto esito dell'opera tedesca Euryanthe di Weber, indussero l'impresario Barbaja a rimandare e poi a cancellare l'opera di Schubert: e Fierrabras fu ancora una delusione nella sua vocazione teatrale. Un'esecuzione in forma di concerto si ebbe a Vienna solo nel 1858, e per la 'prima' dell'opera (ma ridotta e adattata da Felix Mottl) si dovette attendere il 1897, primo centenario della nascita di Schubert; in seguito, altre importanti riprese concertanti alla Sagra musicale umbra (Perugia 1978), ad Aachen (1980), Augsburg (1982) e una rappresentazione a Filadelfia (1980), fino all'autentico evento di quella diretta da Claudio Abbado a Vienna il 5 maggio 1988.
Il libretto, ambientato nella Francia carolingia al tempo delle guerre con i Mori, si ispira a un testo francese del XII secolo, La Chanson de Fierabras, e narra lo scontro fra Carlo e il re saraceno Boland, che ha trafugato delle reliquie a Roma, e suo figlio Fierrabras, che si convertirà al cristianesimo; per l'intreccio amoroso, discende dalla leggenda tedesca Eginhard und Emma, oltre a trarre alcuni spunti dal dramma di Calderón La puente de Mantible. Il risultato non è molto felice: versi modesti ed enfatici, un intrigo complicato e poco verosimile, con continui spostamenti dei luoghi dell'azione; personaggi tratteggiati in modo elementare, con reazioni improvvise e ingiustificate; e anche se il libretto conferma la predilezione per i soggetti cavallereschi e medioevali che saranno cari all'opera 'nazionale' tedesca (dall'Euryanthe fino a Lohengrin di Wagner e alla Genoveva di Schumann), la drammaturgia di quest'opera non ha molto di romantico, e guarda piuttosto ai modelli composti, ai tipi umani convenzionali del teatro serio rossiniano, nel quale già la cornice medioevale e la Scozia di Walter Scott avevano lasciato tracce. Sul piano formale, Schubert adotta una soluzione a metà strada fra la tradizione italiana e il Singspiel: dialoghi parlati, ma anche recitativi e Melodramen (il parlato con accompagnamento d'orchestra), arie 'italiane', molti Lieder e ballate, frequentemente collegati fra loro in ensembles grazie a continui interventi del coro; stile di canto lineare, estraneo al belcanto fiorito; orchestra di spessore classico (ma con i tromboni) con un particolare gusto per gli interventi solistici dei legni e qualche tratto 'esotico' per caratterizzare i Mori.
Se questo intrigo di vicende militari e amorose non può pretendere una 'verità' scenica in senso romantico, pure Fierrabras costituisce un affascinante esempio di teatro, che oscilla tra l'autenticità degli affetti e la fissità sognata dello sfondo medievaleggiante; dal quale è come se quei nobili paladini e cavalieri dipinti riuscissero ogni tanto a emergere, trovando accenti espressivi di personaggi in carne e ossa. Schubert, che già si era divertito trasferendo la storia della Lisitrata di Aristofane in abiti medioevali nell'opera Die Verschworenen, non sembra irretito dall'epoca carolingia, e riesce a creare grandi emozioni soprattutto nei momenti lirici delle sue 'marionette' antiche: la chanson de toile di Emma, la serenata di Eginhard e il suo malinconico saluto alla terra lontana, cantato come un incantevole Lied strofico insieme a Roland e agli altri paladini, la confessione amorosa di Florinda all'ancella. È una sorta di partecipazione fanciullesca, sognante, ma viva, questa di Schubert, che pure sa incarnare - tramite il modello del Fidelio beethoveniano - anche la raccolta pena dei prigionieri e il loro canto alla speranza; la fiera nobiltà di Florinda, nell'unica vera e propria aria in senso teatrale, al secondo atto; e trovare spazio nel suo Fierrabras anche per situazioni drammatiche: quando si assiste allo scontro fra prodi cavalieri negli ampi finali d'atto, nelle bellissime scene di Melodram, o nella dolente Marcia funebre che accompagna Florinda e i paladini alla morte.
Se si riesce, mentalmente, a dimenticare le molte pagine convenzionali che rallentano l'azione e impediscono all'opera - pervasa da un'inesauribile vena di canto liederistico - di assurgere al livello di capolavoro, Fierrabras apparirà un dramma emblematico nel quale i più nobili sentimenti come amore, amicizia, generosità e coraggio si scontrano con le separazioni imposte dalla guerra, e giovani generazioni entrano in conflitto con i padri (Carlomagno e Boland) per ragioni di affetto. Accanto a loro, autentico protettore, sta Fierrabras, l'eroe d'amore nobile e malinconico, l'amico che deve ritirarsi. Mentre componeva l'opera medioevale, Schubert iniziava il ciclo di Lieder Die schöne Müllerin, romanzo dell'amore irrealizzato nella cui intensità espressiva molti hanno letto una componente autobiografica: forse, anche nella storia del suo cavaliere moro Schubert ha immesso qualcosa di personale.