Gesang der Geister über den Wassern, op. 167, D. 714

per ottetto vocale maschile e quintetto d'archi

Musica: Franz Schubert (1797 - 1828)
Testo: Wolfgang von Goethe Organico: 4 tenori, 4 bassi, 2 viole, 2 violoncelli, contrabbasso
Composizione: febbraio 1821
Prima esecuzione: Vienna, Kärntnertor Theater, 7 marzo 1821
Edizione: Spina, Lipsia, 1859

Vedi a D 704 la prima variante
Vedi a D 484 la prima versione, a D 538 la seconda e a D 705 la terza
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il catalogo di Franz Schubert comprende circa ottanta composizioni per coro, che abbracciano organici piuttosto variati, a seconda che il coro sia maschile, femminile, misto, che sia senza accompagnamento, o accompagnato dal pianoforte, o ancora da altri strumenti. Varia è anche la destinazione di questa nutrita messe di composizioni, che può essere liturgica, o rivolta alla pubblica esecuzione di gruppi corali, o ancora a situazioni domestiche e conviviali; e non sono insoliti i fogli d'album scritti senza nessuna finalità precisa. È una produzione importante che, nella ricerca di un rapporto stringente fra poesia e musica, costituisce un prezioso pendent rispetto al Lied per canto e pianoforte; il sostrato in cui questi lavori corali si inseriscono è quello della rinascita del canto corale nel corso dei primi decenni dell'Ottocento, con la creazione di società di dilettanti e la formazione di un repertorio che spesso guarda al canto popolare.

Autentica gemma di questa produzione è il brano Gesang der Geister über den Wassern, Canto degli Spiriti sulle acque, su testo di Goethe. La poesia di Goethe tratta temi di alto impegno concettuale; il parallelo fra gli elementi della natura, l'acqua, il vento, e l'uomo, la sua anima e il suo destino, si traduce nella descrizione del ciclo naturale dell'acqua, con termini che sono insieme partecipi e quasi scientificamente oggettivi. Non è un caso che questo testo poetico pannaturalistico abbia accompagnato Schubert lungo diversi anni, attraverso quattro differenti redazioni che costituiscono una progressiva messa a fuoco del rapporto fra parola e musica.

A questo testo infatti Schubert si volse già nel settembre 1816, in una versione per voce e pianoforte (D 484); pochi mesi più tardi, nel marzo 1817, nacque una seconda versione per due tenori e due bassi a cappella (D 538). Oltre tre anni più tardi, nel dicembre 1820, è la volta di una terza versione incompiuta per quartetto maschile e pianoforte, in do diesis minore (D 705); infine, due mesi più tardi, nel febbraio 1821, giunse la versione definitiva, per coro maschile (quattro tenori e quattro bassi, ciascuno con la sua parte) e archi (due viole, due violoncelli e un contrabbasso, sempre in parti divise); e si tratta della versione in do maggiore D 714 eseguita nella presente occasione.

Con l'approdo alla redazione definitiva Schubert riesce nella creazione di un piccolo capolavoro, in cui ogni dettaglio risulta prezioso. Abbiamo la tonalità di do maggiore, associata per convenzione a valori affermativi e positivi; quindi la scelta di una tessitura molto densa, in cui tutte le voci, strumentali e vocali, sono sdoppiate, ma con prevalenza dei timbri gravi, che definiscono una atmosfera seria e pensosa. C'è, infine, la perfetta distribuzione del testo attraverso sei differenti sezioni, che vedono - come ha limpidamente scritto Sergio Sablich - "una progressiva accelerazione e corrispondente decelerazione della dinamica": l'inizio e la fine del brano, che vedono i versi concettualmente più alti del testo, sono in Adagio molto, ma la parte centrale, Più mosso, costituisce l'apice dell'espansione musicale, con l'incontro di vento e onda. È così che Schubert definisce un percorso narrativo, un racconto che appare insieme di estrema linearità e semplicità, ma in realtà basato su una solidissima costruzione ad arco e su una sapiente calibrazione dei trapassi espressivi; è l'adesione perfetta ai versi di Goethe, per una simbiosi fra poesia e musica che illumina la mirabile miniatura.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Di poco successiva al Salmo 23 è la versione definitiva del Gesang der Geister über den Wassern (Canto degli spiriti sulle acque), un brano che richiede un coro maschile a otto voci (quattro tenori e quattro bassi) e una piccola orchestra di soli strumenti ad arco. Schubert, che generalmente non aveva alcun problema a comporre anche più d'un Lied in un giorno, nell'arco di alcuni anni aveva tentato varie volte di mettere in musica questa poesia di Goethe, senza mai esserne pienamente soddisfatto. La prima volta, nel 1816, ne aveva iniziato una versione per voce di basso e pianoforte, che lasciò incompiuta, probabilmente perché si rese conto che l'estensione di due ottave e mezza era proibitiva per un cantante: secondo Dietrich Fischer-Dieskau, quel che ne resta fa credere che questa decisione ci abbia privato d'un grandissimo Lied. Un anno dopo, nel marzo 1817, ne fece una versione "a cappella" per due tenori e due bassi. Al dicembre 1820 risalgono due diversi abbozzi per voci maschili e strumenti. Nel febbraio 1821 venne la versione definitiva, che fu eseguita il 7 marzo 1821 a Vienna, al teatro di Porta Carinzia, durante la "Grosse Musikalische Akademie" organizzata ogni anno nel giorno del mercoledì delle ceneri dalla Società delle Nobili Dame per la Promozione del Bene e delle Buone Cause. Secondo il segretario del conte Karl Esterhàzy, delle cui figlie Schubert era stato maestro di musica, fu un totale fallimento, ma oggi possiamo dire che si tratta del più bel Lied corale di Schubert.

Anche Goethe era giovane, quando nel 1779, durante un viaggio autunnale in Svizzera, aveva scritto questi splendidi versi ispiratigli dalla visione della cascata di Lauterbrunnen e li aveva inviati a Charlotte von Stein, accompagnandoli con una lettera in cui affermava: «Del Canto degli Spiriti ho udito altre strofe meravigliose, ma riesco a ricordarmi soltanto quelle qui accluse». Nella concezione originaria di Goethe le varie strofe di quest'inno in ritmo libero erano ripartite tra due Spiriti, ma Schubert ignorò quest'implicito suggerimento musicale e affidò i versi di Goethe a un coro maschile a otto voci, spesso dividendolo nei due gruppi dei tenori e dei bassi, con l'effetto d'un serrato alternarsi di timbri chiari e scuri. Parallelamente all'assenza delle voci dei soprani e dei contralti nel coro, il gruppo strumentale rinuncia ai violini e si affida interamente agli archi gravi; ciononostante da quest'organico scuro e "pesante" emana non solo un senso di profonda e cupa fatalità, ma anche una spirituale leggerezza.

L'introduzione orchestrale, sebbene molto breve, permette alle viole d'intonare un semplice ma bellissimo tema, che è il momento melodicamente più rilevante d'un pezzo che si affida prevalentemente a un canto corale consistente in un sillabato sulla stessa nota o su poche note contigue, talvolta simile a un recitativo e talvolta invece curvato in linee melodiche sobrie e severe. L'orchestra ha prevalentemente una funzione di commento o d'accompagnamento e viene in primo piano solo nelle poche battute che servono di separazione tra le sei strofe del testo. Il brano inizia in tempo Adagio molto e si increspa poi progressivamente fino a Un poco più mosso, per tornare quindi al tempo iniziale e concludere pianissimo con un luminoso accordo di Do maggiore, in un'atmosfera di rassegnata e serena accettazione del misterioso e tragico destino degli uomini.

Mauro Mariani

Testo

GESANG DER GEISTER ÜBER DEN WASSERN CANTO DEGLI SPIRITI SULLE ACQUE
Des Menschen Seele
Gleicht dem Wasser:
Vom Himmel kommt es,
Zum Himmel steigt es,
Und wieder nieder
Zur Erde muß es,
Ewig wechselnd.
Simile all'acqua
è l'anima dell'uomo.
Viene dal cielo,
risale al cielo,
di nuovo scendere
deve alla terra,
in perpetua vicenda.
Strömt von der hohen,
Steilen Felswand
Der reine Strahl,
Dann stäubt er lieblich
In Wolkenwellen
Zum glatten Fels,
Und leicht empfangen
Wallt er verschleiernd,
Leisrauschend
Zur Tiefe nieder.
Il getto limpido
sgorga dall'arduo
precipite dirupo;
sul sasso liscio
si frange in belle
nuvole di pulviscolo;
ondeggia accolto
in dolce grembo,
tra veli e murmuri,
al basso va scorrendo.
Ragen Klippen
Dem Sturz entgegen,
Schäumt er unmutig
Stufenweise
Zum Abgrund.
Scogli si drizzano
contro il suo émpito;
egli spumeggia iroso
di gradino in gradino
verso l'abisso.
Im flachen Bette
Schleicht er das Wiesental hin.
Und in dem glatten See
Weiden ihr Antlitz
Alle Gestirne.
Indi per lento letto
di prati volgesi,
e fa specchio di lago,
dove il lor viso
miran tutte le stelle.
Wind ist der Welle
Lieblicher Buhler;
Wind mischt vom Grund aus
Schäumende Wogen.
Seele des Menschen,
Wie gleichst du dem Wasser!
Schicksal des Menschen,
Wie gleichst du dem Wind!
Ma dolce amante
dell'onda è il vento;
e talvolta dal fondo
flutti spumanti suscita.
O anima dell'uomo,
come all'acqua somigli!
O destino dell'uomo
come somigli al vento!
(Traduzione di Diego Valeri)

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 13 gennaio 2007
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 17 dicembre 1998


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 8 marzo 2015