Gott im Ungewitter (Dio nella tempesta), op. 112 n. 1, D. 985

Lied per quartetto vocale e pianoforte

Musica: Franz Schubert (1797 - 1828)
Testo: Johann Peter Uz Organico: soprano, contralto, tenore, basso, pianoforte
Composizione: 1827 circa
Edizione: Czerny, Vienna, 1829
Guida all'ascolto (nota 1)

Schubert scrisse quarantacinque cori per voci maschili, diciannove cori per voci miste, sei cori per voci femminili e trentasei pezzi a più voci, con o senza accompagnamento. E' una produzione indicativa della felicità creatrice di Schubert in un genere - quello della lirica corale con accompagnamento pianistico - largamente praticato nella vita musicale viennese dei primi decenni del secolo scorso, quando la cosiddetta musica di evasione e di intrattenimento rivestiva un importante significato sociale. Del resto si sa che Schubert si dedicò con grande entusiasmo e passione alla musica da camera e al Lied, di cui resta il cantore più autenticamente romantico, anche per le difficoltà incontrate nell'esecuzione delle sinfonie e delle messe, che ebbero in buona parte molta risonanza solo dopo la morte dell'autore.

Gott im Ungewitter (Dio nella tempesta) si apre con un tempo Allegro moderato diviso in due sezioni corrispondenti a due diverse intonazioni espressive suggerite dal testo poetico: l'elemento di attacco ha un tono ritmicamente sostenuto e quasi «eroico», anche se questo aggettivo non si adegua perfettamente alla musica di Schubert, mentre la seconda frase ha un andamento più raccolto e con inflessioni armoniche teneramente suadenti. Nella prima parte le voci svolgono un discorso imitativo e si rispondono fra di loro con procedimenti canonici. Non manca un episodio in tempo fugato, particolarmente indicativo ad esaltare la potenza divina, secondo le regole della più ortodossa tradizione musicale. In un contesto contrappuntistico affiora un tema omofonico, in cui il ritmo del pianoforte sorregge il canto spianato e ampio del coro, in un gioco armonico di intensa suggestione lirica. Si passa quindi al secondo tema (Andante con moto) dalle sonorità più delicate e ovattate e ricco di procedimenti armonici adatti a sottolineare ogni più piccola annotazione della poesia, in un clima di pungente espressività timbrica.

Testo

GOTT IM UNGEWITTER DIO NELLA TEMPESTA
Du Schrecklicher, wer kann vor dir
Und deinem Donner bestehn?
Gross ist der Herr, was trotzen wir,
Er winkt, und wir vergehn.
Er lagert sich in schwarzer Nacht,
Die Völker zittern schon;
Geflügeltes Verderben wacht
Um seinen furchtbarn Thron;
Rotglühend schleudert seine Hand
Den Blitz aus finstrer Höh:
Und Donner stürzt sich auf das Land
In einer Feuersee,
Dass selbst der Erde fester Grund
Vom Zorn des Donners bebt,
Und was um ihr erschütternd Rund
Und in der Tiefe lebt.
Den Herrn und seinen Arm erkennt
Die zitternde Natur,
Da weit umher der Himmel brennt
Und weit umher die Flur;
Wer schützt mich, Sterblichen mich Staub,
Wenn, der im Himmel wohnt
Und Welten pflückt wie dürres Laub,
Nicht huldreich mich verschont?
Wir haben einen Gott voll Huld,
Auch wenn er zornig scheint:
Er herrscht mit schonender Geduld,
Der grosse Menschenfreund.
Tu sei terribile, chi mai può
stare al cospetto tuo e del tuo tuono?
Grande è il Signore, che mai possiamo sfidare,
egli fa un cenno e noi perdiamo i sensi.
Egli dimora nella notte oscura,
i popoli già tremano;
la rovina aleggia
attorno al suo trono tremendo;
fiammeggiando agita la sua mano
lanciando il fulmine dalle altezze oscure:
e il tuono si abbatte sulla terra
in un mare di fuoco,
si che la salda base della terra
trema per l'ira del tuono,
ed assieme tutto quanto nel mondo
rimbomba per ogni dove, nelle viscere più profonde.
La natura tremante
conosce il Signore e il suo braccio,
lungi e ovunque il cielo fiammeggia
e lontano sui campi;
chi protegge me, polvere destinata alla morie,
se non Colui che abita in cielo
e può cogliere i mondi come fossero foglie secche?
chi mi risparmia la vita se non sono in grazia di Dio?
Noi abbiamo un solo Dio colmo di grazia,
anche se appare adirato:
egli regna con splendente pazienza,
ed è il più grande amico dell'uomo.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 30 aprile 1983


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Ultimo aggiornamento 14 maggio 2015