L'Ouverture in re maggiore D 590 «im italienischen Stile» venne composta da Franz Schubert nel 1817, anno di grande fermento culturale per la città di Vienna, invasa dal "gusto italiano" rappresentato dalle opere di Gioachino Rossini. Nel 1816 vengono infatti rappresentate L'inganno felice e Tancredi in italiano (la versione in tedesco andrà in scena nel 1818); nel 1817 è la volta dell'Italiana in Algeri seguita dal Ciro in Babilonia, mentre nel 1818 tocca a Elisabetta, Regina d'Inghilterra.
Schubert non rimase insensibile al clima italianeggiante della capitale («un genio straordinario», ebbe a dire di Rossini) e, dopo una rappresentazione del Tancredi, compose due Ouvertures nello stile italiano: la D 590 in re maggiore e la D 591 in do maggiore.
L'Ouverture in re maggiore si apre con un Adagio giustamente celebre, che Schubert riutilizzò per l'Ouverture della Rosamunde del 1823. Alcuni solenni accordi a tutta orchestra introducono una struggente melodia esposta dai violini in si minore, che però subito modula a re maggiore. Una nuova modulazione, più audace, "apre" a fa maggiore, tonalità nella quale il tema appare ora nei flauti e nei clarinetti: è un momento di grande lirismo, reso ancor più toccante dall'ingresso dei corni che lo rievocano sopra gli esitanti ribattuti dei violini. Una breve transizione conduce all'Allegro giusto, il cui tema principale, esposto dagli archi, ha un sapore spensierato e sbarazzino. Il secondo tema, in fa maggiore, è un omaggio a Rossini: clarinetti ed oboi riprendono le note della celebre aria «Di tanti palpiti» del Tancredi modificandone la ritmica. Un episodio di riconduzione armonica porta alla ripresa del primo tema, al quale partecipano ora anche i legni (clarinetto e flauto), seguita dalla ripresa del secondo tema (ora in si bemolle maggiore), ampliato e variato in un piacevole dialogo fra gli strumenti dell'orchestra. L'Allegro vivace conclusivo è una sorta di "stretta" tipica dell'opera italiana, col suo corollario di cadenze e di arpeggi reiterati.
Alessandro De Bei