Sinfonia n. 3 in re maggiore, D. 200


Musica: Franz Schubert (1797 - 1828)
  1. Adagio maestoso (re maggiore). Allegro con brio
  2. Allegretto (sol maggiore)
  3. Menuetto: Vivace (re maggiore). Trio
  4. Presto vivace (re maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Vienna, 24 Maggio - 19 Luglio 1815
Prima esecuzione: Londra, Crystal Palace, 19 Febbraio 1881
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1884
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Schubert, che nei Lieder aveva scoperto nuove ragioni della sensibilità umana con incredibile precocità, nelle Sinfonie era rimasto fedele ai modelli di Haydn e Mozart senza quasi misurarsi con la creatività espletata da Beethoven in questo settore; nei Lieder aveva bruciato le tappe del genio romantico (Margherita all'arcolaio è del 1814, il compositore aveva diciassette anni), nelle Sinfonie restò un classico, anzi un classicista (da questa etichetta, naturalmente, sono escluse l'Incompiuta e la Sinfonia in do maggiore detta "Grande"); tuttavia anche nel delicato drappello di quelle prime prove orchestrali la misura e la mano del gusto schubertiano conquistano con l'emersione di frasi, momenti e pagine incantevoli.

La maggior parte delle Sinfonie nascono fra il 1813 e il 1818, nella prima giovinezza di Schubert; nessuno di questi lavori non che imporsi, circolò presso i contemporanei; sorte comune del resto ai due capolavori sopra ricordati, nati nel 1822 e nel 1828 ed entrambi divenuti famosi molti anni dopo la morte del compositore. La Terza Sinfonia in re maggiore viene alla luce nel 1815 (l'avvio, per una cinquantina di battute, nel mese di maggio, tutto il resto fra l'11 e il 19 luglio), anno assai fitto di creazioni; basti pensare alla marea di 145 Lieder e a vari lavori teatrali tra cui il Singspiel Claudine von Villa Bella. Come quasi tutte le Sinfonie di Schubert anche la Terza si apre con un adagio introduttivo (particolarità più cara a Haydn che a Mozart), qui un conciso Adagio maestoso che sfocia nell'Allegro con brìo: è il clarinetto che apre il discorso con un tema dall'arguzia rossiniana ed è un altro legno, l'oboe, che espone il secondo tema, per nulla desideroso di azzuffarsi beethovenianamente con il primo. Non c'è movimento lento, ma un Allegretto nella più semplice forma ternaria; il primo episodio ricorda ancora Haydn, in qualche sua preziosa orologeria, l'episodio centrale è affidato al clarinetto e si presenta con una cordialità di tipo operistico. Di umore più bizzarro, per l'anomalìa dell'accentuazione ritmica, è il Minuetto che strapazza un po' la cerimoniosità della vecchia danza; nel Trio intermedio, oboe e fagotto, a braccetto come due vecchi bricconi, abbozzano un passo di danza, qualche riverenza, ma si sente subito che muoiono dalla voglia di ridere. Finale alla tarantella (Presto vivace) in una pagina scintillante che preannuncia la soleggiata Italiana di Mendelssohn.

Giogio Pestelli

Guida all'ascolto n. 2 (nota 2)

Iniziata il 24 maggio 1815, la Terza Sinfonia fu compiuta tra l'11 e il 19 luglio: la rapidità della composizione (in uno degli anni più fecondi di Schubert) corrisponde a una grazia leggera e a una concisione che differenziano questa sinfonia dal più vasto e ambizioso respiro della precedente. La Terza si pone sotto il segno di una scorrevole freschezza, nella slanciata vivacità del primo tempo come nel giocoso umorismo del finale, non immemore di moduli "italiani", col suo andamento quasi di tarantella. Nella grazia dell'Allegretto, dalla semplice articolazione tripartita, si colgono presagi della musica per Rosamunde. Nel Minuetto si definisce il consueto contrasto tra il piglio robusto della prima parte e la cantabilità viennese del Trio. Non si ha notizia di esecuzioni di questa sinfonia (probabilmente suonata da un'orchestra di dilettanti all'epoca della composizione. Fu diretta da A. Manns a Londra nel 1881, ma il finale era stato in precedenzaeseguito a Vienna, nel 1865, insieme all'"Incompiuta".

Guida all'ascolto n. 3 (nota 3)

La grandezza di Franz Schubert nella storia della Sinfonia poggia soprattutto sulla partitura grandiosa della Decima e sul frammento profetico dell'Incompiuta, sulla scelta quindi di una strada diversa, ma altrettanto ambiziosa, di quella tracciata dai capolavori beethoveniani. L'esito straordinario di quelle opere è preparato nella breve e intensissima vita di Schubert da numerosi lavori cameristici e non c'è alcun dubbio che l'impegno formale smisurato dell'ultima Sinfonia in do maggiore sia il logico coronamento di un'esperienza raggiunta in generi diversi dal Trio al Quartetto alla Sonata per pianoforte. Per spiegare il miracolo dell'Incompiuta e della Grande ben difficilmente potremmo riferirci alle sei Sinfonie giovanili che, limitandosi alle opere finite, completano il catalogo dei lavori sinfonici schubertiani. Le sei Sinfonie giovanili furono scritte tra il 1813 eil 1818, vale a dire negli anni trascorsi da Schubert come maestro di scuola fino alla scelta della vita libera e difficile di compositore, e non è casuale che al mutamento di condizione sociale corrisponda una svolta decisa nello stile e nelle ambizioni sinfoniche schubertiane. Non si vuole certo sottrarre valore all'importanza e alla bellezza di quelle Sinfonie, ma solo precisare come vi sia ancora assente il problema della grande forma sinfonica e come i loro modelli vadano ricercati in Mozart e Haydn con orizzonti condizionati dallo spirito della musica settecentesca ai quali peraltro erano legate dalla destinazione all'orchestra del Convitto nel quale Schubert si trovava. Con questo non vi mancano soluzioni formali di innegabile interesse e configurazioni melodiche già caratteristiche di uno stile maturo, ma certo non possono competere con i risultati raggiunti in quegli stessi anni da Schubert, per esempio nel campo del Lied.

La Sinfonia in re maggiore, terza fatica sinfonica schubertiana, di tutte la più breve e concentrata, fu composta tra il maggio e il luglio del 1815 in quell'anno straordinariamente fertile che aveva visto la nascita di quasi centocinquanta Lieder. La prima esecuzione della Terza, seguendo una sorte comune a molte altre opere di Schubert, avvenne solo nel 1881 a Londra anche se il Presto vivace era già stato inserito nel 1865 come Finale dell'Incompiuta durante un concerto degli Amici della Musica di Vienna.

L'organico impiegato è lo stesso delle ultime Sinfonie di Haydn e Mozart, come del resto l'impianto formale. Il primo movimento Allegro con brio è fatto precedere da una inquieta introduzione (Adagio maestoso), che con le sue figurazioni in scale di semibiscrome anticipa il materiale connettivo di tutto il primo tempo. Il tema principale dell'Allegro, su un ritmo puntato affidato al clarinetto, sembra anticipare quello famoso della Grande senza però possederne la forza e l'originalità. La seconda idea nella tonalità della dominante è introdotta dall'oboe e conserva il carattere di marcia della prima. Lo sviluppo rapido e poco elaborato si incentra su continui scambi tra archi e legni e nella ripresa si fa segnalare l'insolita ricomparsa del secondo tema nella tonalità della sottodominante anziché in quella di tonica come tradizione comanda.

Al posto del tempo lento troviamo un Allegretto tripartito dalla struttura elementare e perfettamente simmetrica con chiari riferimenti haydniani. Il terzo tempo indicato come Menuetto è in effetti già uno Scherzo impetuoso sull'esempio delle prime creazioni beethoveniane e il Trio un graziosissimo Ländler viennese dove gli archi si limitano ad accompagnare la melodia popolaresca proposta dall'oboe e dal fagotto su linee parallele. Più ricco e interessante il Presto vivace conclusivo combina forma sonata e Rondò sullo scorrere frizzante di un ritmo di Tarantella. Nonostante una struttura più semplice e un tono umoristico alimentato da echi rossiniani questo Finale della Terza costituisce già il modello di molti movimenti conclusivi delle opere dell'ultimo Schubert, basti pensare alla Sonata in do minore e ai Quartetti in re minore e in sol maggiore. Ma in questi ultimi l'innocenza spiritosa della Terza è convertita in un'ossessiva danza della morte: al classicismo luminoso del primo Schubert sono subentrati nuovi orizzonti profetici e inquietanti.

Giuseppe Rossi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 28 Aprile 2002
(2) Testo tratto dal Repertorio di musica sinfonica a cura di Piero Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Palazzo Vecchio, 13 settembre 1983


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Ultimo aggiornamento 28 aprile 2016