Arabeske in do maggiore per pianoforte, op. 18


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
Organico: pianoforte
Composizione: 1839
Edizione: Spina, Vienna, 1839
Dedica: signora F. Serre
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

L'Arabeske op. 18 venne composta nel 1838 e pubblicata nel 1839. La spietata definizione di Schumann («debole e per signore») non rende giustizia a questa pagina, molto amata dai pianisti perché non difficile da eseguire, elegante e di sicuro effetto.

Dal punto di vista formale è un rondò con un tema principale dal ritmo sempre identico, tutto giocato sulla morbida concatenazione di accordi; i due episodi che si alternano alla ripresa del tema principale sono in tonalità minore e sono più giocati sulla dinamica: il primo presenta un motivo rinforzato in ottava dalla mano sinistra, mentre il secondo ripropone una variazione del tema principale. Nella coda i suoni si muovono lentamente e sembrano quasi sospesi nello spazio musicale, in un suggestivo clima di rarefazione sonora.

Alessandro de Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Una breve e splendida composizione scritta da Schumann nel 1839, e pubblicata lo stesso anno: la Arabeske op. 18 in do maggiore. Spesso considerata composizione "minore", essa è invece uno dei brani nei quali è possibile cogliere più a fondo la particolarità e l'originalità dell'ispirazione di Schumann: non a caso il titolo si riferisce all'arabesco, la decorazione libera, fantasiosa ed impalpabile (sembra quasi di ascoltare una premonizione del "divino arabesco" tanto caro a Debussy...). Il genio di Schumann, come hanno osservato i commentatori più acuti, trova i suoi momenti più alti nel frammento, nell'ispirazione breve e visionaria; nelle forme estese il musicista si trova meno a suo agio. L'Arabeske è proprio una successione di "frammenti", leggeri e fantastici, uniti tra loro mediante il richiamo ad una forma antica: il Rondò. Il Tema principale, in do maggiore, leggero e dal ritmo puntato, si alterna a due diversi episodi "in minore" secondo il classico schema ABACA; a questa successione di episodi segue poi una breve e meravigliosa Coda, in tempo più lento. La schematicità della forma è arricchita da un breve episodio di transizione inserito tra B ed il primo ritorno di A, e dal fatto che C, secondo episodio in modo minore, comincia come se fosse una variazione del Tema principale, citandone il caratteristico incipit dal ritmo incalzante. Il momento più alto del brano - ed uno dei culmini di tutto il repertorio pianistico - è comunque la straordinaria pagina conclusiva, alla quale il compositore premette le parole Zum Schluss (per finire): istante trasognato e poetico nel quale la scrittura pianistica ci fa udire suoni mai ascoltati in precedenza, delicate trame di arpeggi sulle quali si staglia una melodia lenta, accennata e suonata "quasi" insieme dalle due mani, in un gioco incantato di eterofonie e di piccoli echi esitanti. La "poetica del frammento" schumanniana tocca qui uno dei suoi vertici: l'ascoltatore è trasportato improvvisamente in un altro mondo sonoro ed appena riscosso, con delicatezza, dal risuonare nelle ultime battute dell'incipit del Tema, il cui salto ascendente si espande luminoso e resta come sospeso nell'aria.

Giovanni Bietti

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Composta a ridosso della Humoreske, all'inizio del 1839, dunque negli euforici mesi iniziali del soggiorno a Vienna, Arabeske è una delle rare concessioni - e forse la più riuscita - di Schumann a regole formali prestabilite: si tratta infatti di un rondò, con tre enunciazioni del refrain intercalate da due episodi in modo minore (di cui il secondo si riduce a poche battute) e seguite da una coda. Fu definita dall'autore stesso «debole e per signore»: giudizio troppo severo per un pezzo amabile ed elegante nei refrain, sensibile e delicato nei due episodi in minore, e con una conclusione intima e sognante che - quanto diversa dalle code retoriche o virtuosistiche di tanto concertismo ottocentesco! - sembra richiudersi in se stessa per ripensare in un'aura di superiore poesia quanto appena ascoltato, innalzandosi ai livelli più alti dell'arte schumanniana.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 111 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 19 dicembre 2009
(3) Testo tratto dal programma di sala del concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 24 ottobre 1996


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Ultimo aggiornamento 21 ottobre 2014