Carnaval: scènes mignonnes sur quatre notes per pianoforte, op. 9


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Préambule - Quasi maestoso (la bemolle maggiore
  2. Pierrot - Moderato (mi bemolle maggiore)
  3. Arlequin - Vivo (si bemolle maggiore)
  4. Valse noble - Un poco maestoso (si bemolle maggiore)
  5. Eusebius - Adagio (mi bemolle maggiore)
  6. Florestan - Passionato (sol minore)
  7. Coquette - Vivo (si bemolle maggiore)
  8. Replique - L'istesso tempo (sol minore)
  9. Sphinxes
  10. Papillons - Prestissimo (si bemolle maggiore)
  11. A.S.C.H.-S.C.H.A. (Lettres dansantes) - Presto (mi bemolle maggiore)
  12. Chiarina - passionato (do minore)
  13. Chopin - Agitato (la bemolle maggiore)
  14. Estrella - Con affetto (fa minore)
  15. Reconnaissance - Animato (la bemolle maggiore)
  16. Pantalon et Colombine - Presto (fa minore)
  17. Valse allemande - Molto vivace (la bemolle maggiore)
  18. Intermezzo: Paganini - Presto (fa minore)
  19. Aveu - passionato (fa minore)
  20. Promenade - Con moto (re bemolle maggiore)
  21. Pause - Vivo, precipitandosi (la bemolle maggiore)
  22. Marche des «Davidsbündler» contre les Philistins - Non allegro (la bemolle maggiore)
Organico: pianoforte
Composizione: 1834 - Lipsia, 3 marzo 1835
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1837
Dedica: Karol Lipinski
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Schumann stesso precisa, in uno scritto per Francesco Liszt, il carattere e i moventi di questa fantasiosa raccolta di venti pezzi che ha per titolo Carneval e per sottotitolo, «Scènes mignonnes sur quatre notes» (questo ed i titoli dei singoli brani furono formulati dallo stesso Schumann in francese): «Le origini di questa composizione risalgono ad una particolare circostanza. Una delle mie conoscenze musicali essendo originaria di una piccola città dal nome di Asch e siccome le quattro lettere costituenti questo nome figurano ugualmente nel mio, ebbi l'idea di valermi della loro significazione musicale come punto di partenza di una serie di brevi pezzi, nello stesso modo in cui Bach aveva fatto in rapporto al suo patronimico. Sollecitata la fantasìa da codesta trovata, un brano succedeva all'altro senza che me ne avvedessi, e siccome ciò avveniva durante la stagione di Carnevale del 1835, una volta finita la composizione, aggiunsi i titoli e le diedi la denominazione generale di Carnevale». In una ulteriore lettera al pianista Ignazio Moscheles, Schumann indicò talune delle intenzioni imaginifiche di quei brani, pur soggiungendo che la musica doveva essere di per se stessa sufficientemente espressiva per indicare il senso dell'interpretazione. «Estrella è come un nome che si appone sotto un ritratto per meglio fissarlo nella memoria; Reconnaissance evoca un felice incontro; Aveu una dichiarazione d'amore; Promenade il tradizionale giro della sala da ballo fra due danze con la dama dei suoi pensieri a braccetto». E Schumann aggiungeva con troppa modestia: «l'insieme non ha forse un grande valore artistico, ma può offrire un certo interesse per la varietà delle diverse immagini che vi sono caratterizzate». Il giudizio dei posteri ha smentito quest'opinione del compositore, attribuendo al suo Carnevale un posto di preminenza nella letteratura pianistica del secolo scorso. Alle spiegazioni date dallo stesso Schumann ci sembra opportuno aggiungere che i titoli «Florestano» ed «Eusebio» si riferiscono a due personaggi immaginar! in cui Schumann, con poetica finzione, sdoppia la sua personalità nei suoi saggi critici. Florestano rappresenta il lato fantastico ed ardente della sua natura, Eusebio quello contemplativo, dolce e sognante. Dello stesso carattere fantastico partecipa la «Lega dei Fratelli di Davide», in cui Schumann raffigura l'ideale comunità di intenti dei musicisti e melomani che nel 1834 si raggrupparono intorno alla Rivista Musicale fondata da lui a Lipsia, sotto il titolo di Neue Zeitschrift für Musik. Un'ultima osservazione concerne il fatto che quel tema di quattro note si rivelò così fecondo che Schumann ne trasse ancora qualche altro brano non incluso nel Carnevale ma inserito più tardi nei Fogli d'album op. 99 o pubblicati a parte sotto i titoli di Valzer in la minore e Romanza op. 124.

Roman Vlad

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel periodo compreso tra il 1830 e il 1839, cioè tra le Variazioni sul nome ABEGG e i quattro Klavierstücke, apparvero i capolavori pianistici di Schumann, e precisamente le Kinderszenen, Papillons, Carnaval, la Kreisleriana, Studi sinfonici, la Toccata in do maggiore op. 7, i Phantasiestücke op. 12, la Fantasia in do maggiore op. 17, Arabeske in do maggiore op. 18, le otto Novellette op. 21 e il Faschingsschwank aus Wien op. 26 (Carnevale di Vienna) senza considerare, perché composti più tardi, l'Album per la gioventù (1848), le Waldszenen op. 82 (1848-'49) e i Gesange der Frühe op. 133 scritti nel 1853. In tutti questi lavori si avverte con molta chiarezza ed evidenza formale quel modo di comporre tipico di Schumann, fatto di slanci ardenti e di improvvisi ripiegamenti, di impeti e di tenerezze, di introspezioni psicologiche e di sogni fantastici, contrassegnati da un idealismo di pura marca romantica. Un mondo poetico, insomma, punteggiato da stati d'animo diversi e più volte contrapposti, espressi sempre con straordinaria freschezza melodica e con una varietà armonica viva e frizzante anche nei sapori dissonanti.

Quando non ancora ventenne seguiva le lezioni di diritto e di filosofia all'Università di Lipsia, alternandole con lo studio diuturno e furioso del pianoforte, Schumann lesse con entusiasmo le opere di alcuni scrittori tedeschi della generazione romantica e in particolare mostrò la sua predilezione per il poeta Johann Paul Richter e per Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, personaggio eclettico e versatile sia nelle lettere che nella musica, oltre che studioso acuto e brillante del fenomeno dell'arte nella sua dimensione più intima e misteriosa. Specialmente Hoffmann esercitò un influsso profondo sulla mente di Schumann, che prese da lui il concetto secondo cui la musica parla il linguaggio più universale e in essa l'artista riversa tutte le sue passioni, sentimenti ed emozioni in un'organica coerenza spirituale con la vita. Più volte il musicista si ricordò nelle sue composizioni delle idee e delle invenzioni letterarie di ambedue gli scrittori, da Richter che aveva creato nel suo romanzo Flegeljahre (Anni di scapigliatura) le due figure contrapposte di Walt e Vult. Schumann prese lo spunto per il suo binomio preferito, l'appassionato Florestano e il sognatore Eusebio, da indicazioni fantasiose e simboliche della sua anima; a Hoffmann invece si richiamò quando scrisse la Kreìsleriana nel 1838, in omaggio all'estroso ed eccentrico maestro di cappella Johann Kreisler descritto nei racconti del musicografo di Königsberg.

Ed eccoci al Carnaval op. 9 scritto nel 1834-'35 e il cui titolo esatto è il seguente: "Carnaval: scènes mignonnes sur quatre notes pour le piano op. 9". È costruito sul principio della variazione basato sulle note A S C H, cioè la, mi bemolle, do, si ed allinea una galleria di ritratti fantastici, nei quali confluiscono elementi autobiografici e letterari nell'immediata sottolineatura lirica: Pierrot, Arlecchino, Pantalone e Colombina, ma anche Chopin e Paganini e naturalmente lo stesso compositore nella personificazione dualistica del proprio io (Eusebio e Florestano). È stato lo stesso Schumann ad aggiungere in un secondo momento le didascalie per indicare meglio l'atmosfera del discorso musicale, immersa tra i ricordi di maschere e silhouettes di personaggi noti in una eccitante serata di festa al ritmo ininterrotto di un valzer di originaria matrice schubertiana. Il Carnaval è stato giustamente definito il più schumanniano dei lavori del grande compositore per la sua travolgente e bizzarra forza creatrice. Dal Preambolo dal passo marziale in cui si ha l'impressione di vedere sfilare tutta la folla dei protagonisti della vivace kermesse si passa al nostalgico Pierrot e al dinamico ed estroso Arlecchino, e dopo l'elegante carezza del Valse noble si arriva al sognante Eusebio e all'ardente Florestano, sempre ricorrenti nella fantasia dell'autore. Flessuosa e leggera si mostra Coquette prima dei passaggi leggermente arabescati di Papillons e dei giochi alchimistici delle Sfingi e delle Lettere danzanti. Non mancano i profili dai tratti delicati di Chiarina, di Chopin, frammisti alle rievocazioni della graziosa Estrella e dei caratteristici Pantaleone e Colombina, insieme ad un Paganini estroso, fino a giungere alla festosa e tumultuosa Marcia dei seguaci di David che conclude in una travolgente girandola di ritmi la singolare rassegna di questa immaginaria passeggiata nel regno delle ombre e dei simboli di una umanità, ora triste e ora lieta, proiezione di un temperamento artistico di altissimo valore e tra i più originali della letteratura non solo pianistica del Romanticismo tedesco.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Centro ideale e incarnazione massima della poetica del primo periodo creativo di Schumann, Carnaval fu composto nel 1834-35, rielaborando parzialmente un'opera di minori proporzioni, non entrata a far parte del catalogo dei lavori di Schumann, le Scènes musicales sur un thème connu de Franz Schubert (1833). Quel poco o quel molto della sostanza del vecchio pezzo che può essere confluito nella grande costruzione di Carnaval non è tale da sminuire l'originalità e la profonda unitarietà di concezione di questo capolavoro, monumento quant'altri mai imponente e rappresentativo della civiltà romantica, e non solo di quella musicale: è comunque significativo che il sottotitolo di Carnaval, «Scènes mignonnes sur quatre notes» riecheggi in qualche modo quello delle Scènes sul tema di Schubert, a ribadire come già al momento di scrivere il primo tentativo di Schumann fosse ben chiara l'intenzione di dar vita a un gruppo di episodi diversi nel carattere ma legati fra di loro da un'intima comunanza strutturale, secondo il principio di una libera variazione tematica.

A dare a Carnaval, anche esteriormente, la sua piena fisionomia stilistica ed estetica, vennero, a composizione ultimata, i titoli talora un po' criptici e sempre assai suggestivi che Schumann appose ai vari brani della raccolta: non a suggerirne un intento programmatico o banalmente descrittivo, bensì a siglarne l'assunzione nella sfera unitaria del fatto artistico, senza distinzioni fra musica e letteratura. Conformemente al titolo di tutta la composizione, non mancano fra i personaggi ideali di Carnaval le maschere, come Pantalone e Colombina, Pierrot e Arlecchino. A queste si affiancano i nomi dei componenti dell'immaginario sodalizio artistico che popolava la fantasia di Schumann, in una simbiosi spontanea fra realtà della vita e finzione letteraria: Eusebio, Florestano, i «Fratelli di Davide», che nel brano conclusivo marciano baldanzosamente contro i «Filistei»; due protagonisti della vita musicale del tempo, di cui Schumann sembra voler mimare lo stile, quasi a celarsi, ancora una volta, dietro altre maschere: Chopin e Paganini; e personaggi importanti della sua esistenza, come Estrella, il nome con il quale Schumann aveva ribattezzato Ernestine von Fricken, oggetto all'epoca delle sue attenzioni amorose e figlia di un aristocratico dilettante di musica cui siamo debitori di aver stimolato, con un tema da lui composto, i grandiosi Studi sinfonici che Schumann scrisse giusto in quel periodo (significativamente intitolati, in origine, Studi di Florestano ed Eusebio).

In Carnaval, dunque, un fatto eminentemente musicale e in certa misura soprattutto tecnico, l'impiego del principio della variazione, inteso come trascolorare, anche dal punto di vista dell'espressione e dello stile, di una sostanza unica, capace di generare gli esiti più imprevedibili, veniva a coincidere con la citazione di uno dei temi principali del Romanticismo, quello della maschera, del travestimento, della molteplice scissione della personalità in aspetti radicalmente diversi, e che Schumann aveva mutato da scrittori come Jean-Paul e E.T.A. Hoffmann. Un fatto che si ripete spesso in Schumann, specialmente nelle composizioni del suo primo periodo, quello precedente al 1840, quando il musicista, ormai trentenne, avrebbe provvisoriamente abbandonato il pianoforte, sin allora suo quasi esclusivo terreno d'azione, per imboccare la strada delle grandi forme sinfoniche e cameristiche. Con il Carnaval questa aspirazione a tradurre autobiograficamente la letteratura nella musica, e viceversa, tocca la realizzazione forse più alta e più ampia. La tecnica con la quale Schumann conferisce vita musicale alle sue intuizioni è già sicurissima nel musicista ventiquattrenne, e si compiace addirittura di «fiamminghismi» come quello di giuocare, nelle Lettere danzanti, con il tema ricavato appunto dalle lettere che componevano il nome del paese natale di «Estrella», Asch (A, nella nomenclatura tedesca delle note, sta per la, S è il mi bemolle, C il do, H il si naturale). Soprattutto, è sicuro il dominio della scrittura pianistica, capace di dar vita a un frastagliato discorso ritmico, differenziato in una gamma di proposte espressive amplissima, dall'impeto più ardente e inquieto alle caratterizzazioni più sfumate; a una ricchezza timbrica straordinaria, conscia, fra l'altro, dello stesso valore coloristico dell'armonia, particolarmente alto se affidato all'accordo realizzato con la tastiera; a un fraseggio duttile fino a registrare, come un sismografo sensibilissimo, tutti i più sottili e riposti mutamenti dell'emozione. Ma di tutta questa «bravura» non si risentono, in Carnaval, che i più benefici effetti; perché mai l'artificio del mestiere si sovrappone alla felicità sorgiva dell'ispirazione, né inquina la purezza poetica delle allusioni o delle intuizioni. L'ascoltatore resta allora libero di assistere alla sfilata bizzarra e fantastica di queste «maschere», seguendone il dipanarsi con lo stupore e la partecipazione che Schumann sembra richiedergli. E riuscirà, alla fine, se l'interprete sia capace di realizzarla (e quanto è facile, purtroppo, perdersi nel lungo itinerario di Carnaval, e renderne frammentaria l'ispirazione così profondamente unica), a cogliere la ricomposizione miracolosa di tante divergenti proposte poetiche nel superiore equilibrio della ritrovata identità dell'io, nella danza gioiosa dei Fratelli di Davide.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 6 dicembre 1954
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 26 gennaio 1990
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 8 maggio 1982


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Ultimo aggiornamento 10 aprile 2017