Concerto in re minore per violino e orchestra, op. postuma


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. In kräftigem, nicht zu schnellem Tempo (re minore)
  2. Langsam (si bemolle maggiore)
  3. Lebhaft, doch nicht schnell (re maggiore)
Organico: violino solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Düsseldorf, 21 settembre - 3 ottobre 1853
Prima esecuzione: Berlino, Alte Philharmonie Saal, 26 novembre 1937
Edizione: Schott, Magonza, 1937
Dedica: Joseph Joachim
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Fu lo stesso Schumann ad annotare nel suo diario in data 21 settembre 1853 di aver iniziato a comporre «un pezzo per violino» (ein Stück für Violine), e di averlo finito il 3 ottobre dello stesso anno probabilmente pensando al violinista Joseph Joachim, ritenuto una vera autorità nel suo campo. Era il periodo in cui il musicista aveva assunto, dopo il ritiro di Killer, il posto di direttore dei concerti e della società corale di Düsseldorf con un emolumento annuo di 700 talleri. Furono quasi quattro anni - dal 1° settembre del 1850 sino alla stagione 1854-'55, quando dovette cedere il posto a Julius Tausch (1827-1895) - di intensa e febbrile attività non solo dal punto di vista creativo, ma anche per quanto riguardava il lavoro direttoriale e organizzativo, teso ad accrescere il prestigio di questa antica istituzione musicale tedesca. Infatti a Düsseldorf egli scrisse, fra l'altro, la Sinfonia in mi bemolle maggiore detta "Renana", le ouvertures della Fidanzata di Messina di Schiller, del Giulio Cesare di Shakespeare, dell'Ermanno e Dorotea di Goethe, il Concerto in la minore per violoncello e orchestra op. 129, i tre Phantasiestücke per pianoforte op. 111; la Messa per soli, coro a 4 voci e orchestra op. 147 e il Requiem per soli, coro e orchestra op. 148: lavori questi ultimi due di notevole impegno, anche se considerati con una certa riserva per alcune disuguaglianze stilistiche dalla critica e dalla musicologia più aggiornata.

Non si può dire che Schumann come direttore di orchestra raccogliesse i più larghi consensi del Comitato dei concerti della città, che lo considerava un musicista troppo intimo, riservato e lontano da ogni virtusismo della bacchetta, una dote questa che anche in passato ha avuto un peso determinante nella quotazione degli interpreti. In tal modo si stabilì un clima di particolare tensione e di profonda incomprensione tra l'artista e il Comitato, tanto che ad un certo momento Schumann fu invitato a lasciare il posto che, era scritto nella lettera di licenziamento, «reggeva con mediocre rendimento». Soltanto l'intervento di amici e di alcune autorità cittadine che conoscevano il valore e la forte personalità del musicista determinò una soluzione di compromesso, con la proposta di far dirigere a Schumann esclusivamente la propria musica e di lasciare le maggiori responsabilità dell'incarico al sostituto Tausch. Una situazione abbastanza umiliante per il musicista che ne risentì nel suo sistema nervoso, già indebolito dal superlavoro intellettuale e dai fenomeni morbosi che lo fiaccavano ogni anno di più. Infatti in questo periodo ricompaiono in forma preoccupante la depressione, l'angoscia, l'apatia, accompagnati a volte da eccessi di misticismo, da allucinazioni auditive di straordinaria vivacità e da una ossessiva credenza nelle sedute e nelle esperienze spiritiche.

Certamente il Concerto per violino e orchestra in re minore non risente in maniera evidente di questa crisi psichica del compositore e fu elaborato in uno dei rari momenti lucidi della sua mente, prima che i disturbi mentali diventassero gravi e lo portassero alla follia e alla morte. Anzi Schumann si mostrò abbastanza soddisfatto di questo lavoro e pensò che Joachim lo avrebbe suonato quanto prima in uno dei suoi recitals europei; il violinista invece definì questa composizione troppo carica di languore e non ne fece nulla, tanto che il Concerto venne messo da parte e cadde nella dimenticanza. Ottant'anni dopo Georg Schünemann, direttore della sezione musicale della biblioteca di Stato prussiana, ritrovò questa pagina schumanniana tra i manoscritti lasciati da Joachim e la confrontò con la riduzione pianistica fatta dallo stesso Schumann. Da questo confronto nacque l'edizione che venne eseguita a Berlino il 26 novembre 1937 con il celebre Georg Kulenkampff nella parte del solista e abitualmente inserita nelle stagioni sinfoniche.

Il Concerto reca indubbiamente l'impronta della fantasia inventiva schumanniana, come è facile constatare sin dall'attacco orchestrale del primo tempo, caratterizzato da una frase spigliata e ardente nel suo slancio sentimentale. Interviene quindi il violino, che amplia e sviluppa con ricchezza di fraseggio il tono imperioso del tema iniziale, non senza sottolineare certi delicati passaggi di lirismo strumentale. Il secondo tempo ricorda, per l'assorta intensità espressiva della linea melodica, il corrispettivo movimento del Concerto per violino e orchestra di Mendelssohn. Il tema principale venne definito da Schumann "Geister-Thema", cioè tema spirituale, per l'assorta poesia contemplativa che da esso promana e trasporta l'ascoltatóre in un clima di superiore idealismo. L'ultimo tempo è brillante e scoppiettante di brio con una serie di piacevoli variazioni su un tema estrosamente comunicativo, che vede il violino in posizione dominatrice e con accenti anche virtuosistici dai risvolti sereni e gioiosi, secondo la migliore tradizione dei finali concertistici per orchestra e strumenti solisti.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il 21 settembre del 1853 Schumann annota brevemente nello Haushaltbuch (Libro delle spese): «Iniziato pezzo per violino». Il primo ottobre aggiunge: «Il concerto per violino è ultimato. Brahms in visita. La sera inaugurazione insieme del nuovo pianoforte». Due giorni dopo viene completata anche la strumentazione. Clara lo legge subito al pianoforte e lo trova magnifico. Sono quelli forse gli ultimi giorni felici per Schumann: il giovane ma già celebre violinista Joachim è loro ospite durante il mese di settembre, l'amico Brahms, allora ventenne, giunge da Amburgo il 30 settembre e suona per loro alcune sue nuove composizioni. Vengono eseguiti anche pezzi di Robert e di Clara, si trascorrono delle ore liete che trovano eco nell'ultimo scritto di Schumann per la Neue Zeitschrift für Musik: Neue Bahnen (Vie nuove) con il quale Schumann presenta Brahms al mondo musicale.

Il Concerto per violino, come la Fantasia per violino e orchestra op. 131, fu composto su sollecitazione di Joachim, allievo di un altro amico di Schumann, Ferdinand David, dedicatario della Seconda sonata per violino del 1851. Joachim era stato invitato nella primavera di quell'anno a Düsseldorf da Schumann in occasione del Niederrheinisches Musikfest dove aveva raccolto un successo strepitoso nel Concerto per violino di Beethoven.

Schumann spera di far eseguire la sua nuova composizione quell'autunno stesso a Düsseldorf, ma alla fine d'ottobre si dimette dall'incarico di direttore dei Düsseldorfer Konzerte e il suo Concerto non viene inserito nella programmazione della stagione. Dopo non ve ne sarà più tempo: in novembre e dicembre Robert accompagna Clara in tournée in Olanda e nel gennaio del 1854 segue un altro viaggio ad Hannover dove gli Schumann s'incontrano con gli amici Joachim e Brahms e in quella occasione ha luogo l'unica prova del Concerto con l'orchestra di corte. Schumann scrive in quei giorni la sua ultima composizione (Tema e Variazioni per pianoforte) e finisce di curare l'edizione dei suoi scritti; poi all'inizio di febbraio il crollo definitivo accompagnato da frequenti allucinazioni sino a giungere, il 27 dello stesso mese, al tentativo di suicidio nelle gelide acque del Reno e al successivo ricovero a Endenich dove si spegnerà due anni dopo, il 29 luglio del 1856.

Per ottantaquattro anni il Concerto per violino rimane inedito ed, eccezion fatta per qualche studioso, praticamente sconosciuto. Dopo la morte di Robert, nella cerchia di Clara, cioè fondamentalmente Joachim e Brahms, si ha un mutamento radicale di giudizio nei confronti del Concerto. Joachim in una lettera a Clara accenna a delle imperfezioni della scrittura violinistica, Clara risponde che a suo avviso vi sono delle pecche nell'ultimo movimento e giunge a suggerire a Joachim di scrivere lui un nuovo Finale. Probabilmente Clara rimase disorientata dal terzo movimento, un brano sereno e brillante in ritmo di polacca, che contrasta con gli altri due movimenti dal tono severo e talvolta cupo. Inoltre il Concerto per violino, già nell'impianto generale, non corrispondeva affatto alle tendenze del concerto romantico di quegli anni, ne di quello virtuosistico, ne del nascente concerto sinfonico. Infine la critica musicale, in particolare quella influenzata dalla scuola dei «Nuovi tedeschi», si era espressa con giudizi poco lusinghieri nei confronti delle ultime composizioni di Schumann. Liszt, ad esempio, osserva che Schumann non sarebbe a suo agio con le grandi forme e che il suo genio si esprimerebbe al meglio nei brevi pezzi strumentali e nel Lied. Questo insieme di motivi, unito al timore mai espresso pubblicamente di una qualche relazione tra la malattia del marito e le sue ultime creazioni, fa sì che al momento dell'edizione dell'Opera omnia di Robert, delle sue opere violinistiche vengono pubblicate le due Sonate op. 105 e op. 121 e la Fantasia per violino e orchestra op. 131, ma viene escluso il Concerto. Anni dopo Joachim, in una lettera del 5 agosto del 1898 al suo futuro biografo Andreas Moser, spiega diffusamente quali siano secondo lui le debolezze del Concerto e, in particolare, rileva che esso è un'opera discontinua, alternando momenti di grande felicità d'ispirazione dove s'impongono idee musicali piene di slancio e immediatezza, ad altri nei quali il materiale musicale s'irrigidisce, rischia di diventare monotono, oppure contorto e arzigogolato. In effetti Joachim, come Clara, risulta troppo condizionato dall'esperienza delle composizioni giovanili di Schumann, ignorando quel «nuovo modo di comporre» di cui Robert parla riferendosi alle sue musiche scritte dopo il 1845, quel ricercare quelle «nuove vie» che il compositore vide cosi bene incarnate nel giovane Brahms. Le fonti manoscritte del Concerto pervennero un po' alla volta tutte in mano di Joachim. Dopo la sua morte nel 1907 tutto il suo lascito viene venduto dal figlio alla Preußische Staatsbibliothek di Berlino. Qui il Concerto per violino rimane dimenticato per altri trent'anni, finché, grazie all'iniziativa e all'ostinazione di una nipote di Joachim, viene pubblicato dall'editore Schott di Magonza nel luglio del 1937 e conosce la prima esecuzione il 27 novembre di quell'anno al teatro dell'opera di Berlino (violinista Georg Kulenkampff, direttore Karl Böhm).

Sono motivazioni politiche quelle che segnano la prima fortuna di quest'opera in Germania. La propaganda nazista tiene a presentare il Concerto come il capolavoro romantico, l'anello mancante della catena che univa il Concerto per violino di Beethoven a quello di Brahms, dopo che quello dell'«ebreo» Mendelssohn era stato cancellato dal repertorio. Per fortuna il Concerto di Schumann viene eseguito negli stessi anni anche da Yehudi Menuhin il quale lo fa conoscere in tutta Europa e negli Stati Uniti.

Tuttavia anche per la critica del dopoguerra il Concerto per violino rimane un'opera controversa, e solo in questi ultimi anni, con lo studio e la diffusione anche delle altre composizioni del tardo Schumann, il Concerto ha trovato un numero sempre più ampio di estimatori.

La struttura generale del Concerto per violino è affine a quella del Concerto per pianoforte op. 54 (1841-1845) e ancora di più a quella del Concerto per violoncello op. 129 (1850): simili sono le relazioni tonali fra i tre movimenti, simile il passaggio dal movimento lento al finale che avviene senza soluzione di continuità, comune la presenza di reminiscenze o citazioni tematiche da un movimento all'altro, o ancora il fatto che anche qui diversi temi nei tre movimenti si basano sulla stessa costellazione intervallare costituendo così una sorta di filo interno, di legame invisibile tra i movimenti medesimi.

Caratteristica peculiare di questo Concerto è invece il mutare nei tre movimenti del rapporto tra solista e orchestra. Mentre nel primo movimento il violino e l'orchestra sono sempre contrapposti, con un procedere a blocchi, nel secondo movimento, ma ancor più nel terzo, prevale un concertare dialogico che giunge a momenti di integrazione sinfonica.

Il primo movimento. In kräftigem, nicht zu schnellem Tempo (Energico, ma non troppo veloce), inizia con una doppia esposizione completa, la prima dell'orchestra e la seconda del solista, cioè secondo quella concezione formale che proprio il Concerto romantico aveva abbandonato (anche se il primo esempio risale al Quarto concerto per pianoforte di Beethoven) e diversamente da quanto Schumann stesso aveva fatto nei due precedenti Concerti per pianoforte e per violoncello. L'orchestra espone il tema principale dal carattere energico e fortemente ritmico, con un disegno puntato che ha un sapore arcaizzante, nello stile della ouverture francese barocca. Tale tema nella versione orchestrale con i suoi molteplici ritorni finisce per assumere un significato quasi di refrain. Esso consta di tre sezioni, di cui la seconda e la terza costituiscono delle varianti della prima. La terza però modula alla relativa maggiore integrando in sé la transizione che porta al secondo tema, una melodia dolce e cantabile che segna un mutamento d'atmosfera sottolineato anche dal cambiamento della strumentazione, qui ridotta quasi ai soli archi. Nell'Esposizione orchestrale il secondo tema occupa solo undici battute dopo le quali ritorna ancora una volta il tema principale a concludere la prima Esposizione. Sulla cadenza sospesa alla dominante ecco finalmente l'entrata del solista: il violino espone il primo tema il cui attacco coincide con quello dell'Esposizione orchestrale, ma prosegue poi con un disegno nuovo, un motivo costituito da una figurazione di sedicesimi. Tale disegno viene ripreso e variato da una seconda proposizione del primo tema per condurre, modulando alla relativa maggiore, al secondo tema. Questo, diversamente da quanto avveniva in orchestra, riceve adesso uno spazio maggiore, viene dilatato mediante un sottile gioco di variazione e di progressioni melodiche per poi sciogliersi, nella coda, in figurazioni di sedicesimi e infine riemergere variato in una scrittura polifonica. La conclusione della seconda Esposizione è affidata di nuovo all'orchestra dove ritorna il tema principale che suona sempre più come una sorta di refrain.

Lo Sviluppo, diviso in tre parti e affidato quasi interamente al solista, si caratterizza innanzi tutto per il fatto che armonicamente rimane fondamentalmente ancorato alla tonalità della tonica (sia pure nella variante minore - maggiore) indebolendo quell'architettura della forma sonata basata sulla dialettica dei piani tonali e generando cosi un certo senso di monotonia armonica. Il violino propone dapprima un'elaborazione del primo tema, trasformando l'attacco del tema in figurazioni di terzine; quindi presenta una versione del secondo tema per la prima volta (e unica in questo movimento) in dialogo concertante con il clarinetto, i primi violini e l'oboe. Nella terza parte dello Sviluppo il solista, su un disegno pressoché ostinato derivato dal secondo tema compie, su un lungo pedale di dominante, il ritorno alla tonica e alla Ripresa. Questa, avviata dal violino viene poi continuata dall'orchestra. Va notato che quasi tutta la Ripresa (esclusa la coda) è una riproposizione quasi letterale dell'Esposizione (senza ovviamente le duplicazioni della doppia Esposizione). Così si succedono il primo e il secondo tema da parte del solista e quindi ancora il tema principale all'orchestra con funzione di refrain.

La coda consta di due parti: la prima presenta una breve melodia derivata dal secondo tema, nella seconda risuona ancora una volta l'attacco del tema principale all'orchestra sul quale il violino tesse dei virtuoslstici passaggi di doppie note che conducono il brano alla conclusione.

Il secondo movimento, Langsam (Adagio), in forma tripartita (ABA') presenta innanzi tutto la singolarità di avere la ripresa della prima parte (A') non nella tonalità della tonica (si bemolle maggiore) ma nella tonalità della relativa minore (sol minore). La prima parte (A) si articola su due temi. I violoncelli espongono un tema in ritmo sincopato con funzione introduttìva e, su questo, s'innesta il tema principale del solista, una lunga melodia cantabile, dapprima dolce, intima e molto espressiva che si espande in volute sempre più ampie per poi tornare a raccogliersi. I violoncelli continuano ancora per alcune battute con il loro tema che diventa una sorta di controcanto al violino, creando un gioco polifonico che cede poi a un accompagnamento più discreto. La melodia del violino nella parte conclusiva assume parte dell'idea melodica dei violoncelli che così viene integrata nel tema del solista. Un breve intervento degli archi, basato sull'attacco del tema del solista, introduce la sezione centrale (B). Questa è di nuovo preminentemente affidata al violino, che riespone variandolo il tema dei violoncelli; esso viene ripreso subito dopo dai primi violini mentre il solista introduce una nuova idea melodica che si dispiega attraverso una sequenza di progressioni. La Ripresa della prima parte (A') riparte col tema introduttivo sempre ai violoncelli, segue il violino con il tema principale, il quale si discosta leggermente dalla corrispondente prima enunciazione in particolare per quel che riguarda il percorso tonale. Nella parte conclusiva del movimento ritorna il tema introduttivo ai violoncelli, sostenuto dal tremolo degli archi, mentre il violino disegna degli arpeggi sempre più incalzanti, con un progressivo accelerando che sfocia direttamente nel Finale.

Il terzo movimento, Lebhaft, doch nicht schnell (Allegro, ma non troppo), è un rondò-sonata, ovvero combina la forma sonata con i caratteri tematici e la tecnica del ritornello del rondò. Il ritmo puntato e il carattere gagliardo della polacca risulta particolarmente evidente nel tema-ritornello. È il violino a esporre all'inizio del movimento il primo tema, scandito ritmicamente anche dall'accompagnamento orchestrale. Subito dopo una variante dello stesso tema viene ripresentata dal tutti e, in questa seconda versione, ritornerà più volte con l'effetto di ritornello nel corso del movimento. Un lungo passaggio affidato al solista, con la funzione di transizione, presenta un nuovo motivo (x) sempre in ritmo puntato (che ritroveremo poi nello Sviluppo) per sciogliersi poi in figurazioni di arpeggi e accordi spezzati che conducono al secondo tema. Quest'ultimo, leggero e scherzoso, è presentato in un amabile dialogo tra il pizzicato degli archi e lo staccato dei legni da un lato e il violino dall'altro. La conclusione dell'Esposizione vede il solista impegnato per la prima volta in rapide figurazioni di tipo virtuosistico (scale, arpeggi, volatine), che hanno una loro propria autonomia, secondo la tradizione del concerto classico-romantico. Il violino conclude questo passaggio con una vertiginosa cadenza sulla dominante seguito da un nuovo intervento del tutti orchestrale con il tema-ritornello. Lo Sviluppo è fortemente condizionato dal principio del ritornello tipico del rondò: il tema-ritornello infatti interrompe quasi a metà lo Sviluppo funzionando al tempo stesso, in quanto primo tema, da falsa Ripresa (il tema infatti risuona adesso nella tonalità di si maggiore). La prima parte dello Sviluppo utilizza il motivo (x) della transizione al secondo tema e una reminiscenza del tema introduttivo dei violoncelli del secondo movimento. Segue l'intervento del tutti col tema-ritornello di cui si diceva prima. La seconda parte dello Sviluppo inizia ancora con il motivo della transizione (x), poi, mentre i legni elaborano spunti del secondo tema, il violino solista vi ricama sopra delle fittissime figure di arpeggi e di rapidissime scale. Un marcato crescendo e un'intensificazione della figurazione del violino porta alla Ripresa. Questa inizia con il primo tema al violino. Da questo punto in poi, eccetto la coda, gli eventi musicali ricalcano fedelmente l'esposizione: ritorna il tema-ritornello del tutti alla tonica, la transizione al secondo tema, la riesposizione del secondo tema anch'esso alla tonica, ancora una volta il tema-ritornello all'orchestra e infine un'ampia coda articolata in due parti. Essa inizia ancora una volta col motivo (x) della transizione, introduce quindi un nuovo motivo al solista che acquista consistenza tematica nella sua articolazione periodica, motivo che risulta essere una variante del tema della sezione centrale del secondo movimento. Tale tema viene poi ripreso dai legni al quale risponde il solista con l'attacco del primo tema in un fitto e felice dialogo. Nella seconda parte della coda, sono i legni insieme ai corni e alle viole, ad assumere la conduzione melodica; a essi si aggiungono poi i primi violini, utilizzando elementi del primo e del secondo tema mentre il violino vi tesse delle figurazioni sempre più mosse che conducono il movinento a una trionfale conclusione.

Nino Schilirò


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 16 gennaio 1993
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 88 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 18 giugno 2012