Fantasia in do maggiore per pianoforte, op. 17


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Durchaus phantastisch und leidenschaftlich vorzutragen (do maggiore)
  2. Massig. Durchaus energisch (mi bemolle maggiore)
  3. Langsam getragen. Durchwegleise zu halten (do maggiore)
Organico: pianoforte
Composizione: Lipsia, 19 dicembre 1836
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1839
Dedica: Franz Liszt (in origine Clara Wieck)
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Quando non ancora ventenne seguiva le lezioni di diritto e di filosofia all'Università di Lipsia, alternandole con lo studio diuturno e furioso del pianoforte, Schumann lesse con entusiasmo le opere di alcuni scrittori tedeschi della generazione romantica e in particolare mostrò la sua predilezione per il poeta Johann Paul Richter e per Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, personaggio eclettico e versatile sia nelle lettere che nella musica, oltre che studioso acuto e brillante del fenomeno dell'arte nella sua dimensione più nascosta e misteriosa. Specialmente Hoffmann esercitò un'influenza profonda e duratura sulla mente e sulla sensibilità di Schumann, che assorbì da lui il concetto secondo cui la musica parla un linguaggio totale e universale e in essa l'artista riversa tutte le sue passioni, i suoi sentimenti e le emozioni in una stretta simbiosi spirituale con la vita. Più volte il musicista si ricordò nelle sue composizioni del pensiero e delle invenzioni letterarie di ambedue gli scrittori: da Richter, che aveva creato nel suo romanzo «Flegeljahre» (Anni di scapigliatura) le due figure contrapposte di Walt e Vult, Schumann prese lo spunto per ideare il suo binomio estetico preferito, l'appassionato Florestano e il sognatore Eusebio, compiutamente e simbolicamente descritti nei pianistici Davidsbündler, la Lega dei compagni di David, rivolta ad abbattere e vincere il filisteismo e la mediocrità nell'arte; a Hoffmann, invece, il musicista si richiamò per quella fantasiosa Kreisleriana, composta nel 1838 in omaggio all'estroso ed eccentrico maestro di cappella Johann Kreisler, così efficacemente descritto nei racconti del musicografo di Königsberg.

Nel periodo che va dal 1830 al 1839, compreso tra le Variazioni sul nome ABEGG e i quattro Klavierstücke, apparvero i più noti capolavori del pianismo schumanniano e precisamente le Kinderszenen, Papillons, Carnaval, la citata Kreisleriana, Studi sinfonici, la Toccata in do maggiore op. 7, i Phantasiestücke op. 12, la Fantasia in do maggiore op. 17, Arabeske in do maggiore op. 18, le otto Novellette op. 21 e il Faschingsschwank aus Wien op. 26 (Carnevale di Vienna), senza considerare, perché composti più tardi, l'Album per la gioventù (1848), le Waldszenen op. 82 (1848-'49) e i Gesänge der Frühe op. 133 scritti nel 1853. In tutti questi lavori si avverte con molta chiarezza ed evidenza formale quel modo di comporre tipico di Schumann, fatto di slanci ardenti e di improvvisi ripiegamenti, di impeti e di tenerezze, di introspezioni psicologiche e di sogni fantastici, contrassegnati di idealismo romantico. Un mondo poetico, insomma, punteggiato da stati d'animo diversi e più volte contrapposti, espressi sempre con straordinaria freschezza melodica e con una varietà armonica viva e frizzante anche nei sapori dissonanti.

Molto complessa e ricca di valori musicali ed estetici è la Fantasia op. 17, composta nel 1836, riveduta nel 1838 e pubblicata nel 1839 da Breitkkopf & Härtel. Originariamente questo brano era stato concepito per uno scopo pratico: la necessità di raccogliere denaro pci la costruzione di un monumento a Bonn in onore di Beethoven. Tanto è vero che avrebbe dovuto chiamarsi, nelle intenzioni dell'autore, «Obolen auf Beethoven's Monument: Ruinen, Trophaen, Palmen» oppure semplicemente «Für Beethoven's Denkmal». Ma sembra che Schumann nello scrivere questa possente pagina pianistica abbia pensato alla sua adorata Clara, che nel 1836 era lontana da lui, anche per l'intransigenza del vecchio Wieck ostile al matrimonio della figlia con il musicista, colpito in quell'anno anche dalla gravissima perdita della madre. Del resto lo stesso Schumann lo lascia chiaramente intendere, quando, in una lettera indirizzata a Clara nel marzo 1836, dice: «II primo tempo è davvero quanto di più appassionato abbia mai fatto: un profondo lamento per te».

La Fantasia op. 17 è caratterizzata da un impetuoso fuoco creativo e da una notevole varietà inventiva, con la presenza della doppia anima di Florestano e di Eusebio. Dal principio alla fine il discorso pianistico si svolge incessante tra Sehnsucht e Ruhe (anelito e distensione) e scorre alternando momenti di passionalità ad altri di malinconico intimismo, secondo la regola schumanniana della sintesi fra opposti e contrastanti sentimenti. Anche il motto di Friedrich Schlegel (1772-1829), filosofo e leader del pensiero romantico, posto come epigrafe in testa alla partitura, sta ad indicare il gusto e le scelte psicologiche del compositore. La frase è questa: «Duch alle Töne tönet / Im bunten Erdentraum / Ein leiser Ton, gezogen / für den, der heimlich lauschet» (Fra tutti i suoni che riempiono il fantasioso sogno terrestre corre una melodia segreta per colui che presta orecchio). E questa ricerca della melodia nascosta lascia capire anche come Schumann si sia distaccato dalla forma della sonata beethoveniana e preferisca un tipo di linguaggio più libero e più adatto a tradurre musicalmente la storia o l'itinerario di un'anima. Non mancano richiami tematici, come quello riguardante la frase ad intervalli discendenti con la quale si apre il primo movimento e che si ripropone spesso, modificata nel ritmo e nella veste armonica, quale autentico leit-motiv. Notevole rilievo poi assumono certi passaggi di sottile ambiguità tonale che rendono ancor più esaltanti i crescendi e le improvvise e tumultuose esplosioni di suoni, tra le più affascinanti dell'universo pianistico schumanniano. Non per nulla Liszt terrà presente nella sua mente il modello della Fantasia op. 17 quando scriverà nel 1853 la possente Sonata in si minore, dedicandola non a caso al geniale creatore della Kreisleriana.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

"Sembra che la forma abbia concluso il suo ciclo vitale, e questo è nell'ordine delle cose; perciò non dovremmo ripetere per secoli sempre le stesse cose, ma mirare anche al nuovo. Si scrivano dunque sonate o fantasie (che importa il nome), ma non si dimentichi la musica, e il resto imploratelo al vostro buon genio". Schumann scrisse queste parole nel 1839, anno nel quale terminò le tre Sonate per pianoforte e pubblicò, con il titolo "Fantasie pour le Pianoforte" e la dedica a Franz Liszt, la Fantasia in do maggiore op. 17. La sua origine è legata a un avveninmento esterno. Quando nel 1835 fu diramato l'invito a inviare offerte musicali per la costruzione di un monumento di Beethoven a Bonn, Schumann pensò di contribuire con una grande Sonata per pianoforte in tre movimenti intitolati "Ruinen, Trophaeen, Palmen", in cui figurassero citazioni di Beethoven. Il pezzo, abbozzato fin nei dettagli, nel giugno del 1836, fu portato a termine soltanto nel 1838. Nel frattempo il compositore si arrovellava sul problema del titolo: quello di Fantasia gli sembrava più adatto di Sonata ma non intendeva, come consigliava il suo editore, rinunciare ai sottotitoli, ora trasformati in "Rovine, Arco di trionfo e Costellazione". Solo al momento della pubblicazione i sottotitoli scomparvero e il riferimento a Beethoven si ridusse alla sola citazione dell'ultimo lied del ciclo An die ferne Geliebte: segreta allusione all'amore per Clara Wieck, in uno dei periodi più contrastati e infelici della loro relazione. In loro sostituzione Schumann optò per un motto poetico posto in epigrafe all'inizio dell'opera, gli ultimi quattro versi della poesia Die Gebüsche ("I cespugli") di Friedrich Schlegel: "Risuona, fra tutti i suoni / nel variopinto sogno terrestre / un tenue suono tenuto / per colui che ascolta segretamente". Sonata o fantasia, Beethoven o Clara, quel che colpisce a ogni ascolto di un capolavoro assai noto come la Fantasia op. 17 è la capacità di articolare il discorso con una chiarezza lucidamente visionaria, stabilendo a ogni istante il punto di arrivo di una molteplicità di avvii, accenni, allusioni, riferimenti, associazioni, che percorrono l'opera sciogliendosi in musica: sotto questo aspetto, il passo schumanniano citato all'inizio è ben più di una dichiarazioni d'intenti e si traduce in una esibizione addirittura esemplare di virtuosismo, energia e libertà creativa. E' come se la musica, superando i concetti della teoria delle forme che si erano sviluppati per fissarne le coordinate, volesse ritornare alle sue origini primordiali ed elevarsi indipendentemente al discorso libero da ogni costrizione, verso una visione poetica di indefinita vastità. Da questo punto di vista l'indicazione che compare all'inizio ("Da eseguirsi in modo assolutamente fantastico e appassionato") è programmatica, non meno di quel "tono dì leggenda" prescritto nell'episodio centrale del primo movimento: termini che nella loro apparente vaghezza costituiscono insieme una premessa e uno svolgimento che dal primo movimento si protende anche verso gli altri due, l'uno energico col suo ritmo di marcia, l'altro intensamente lirico e interiorizzato, racchiudendo tutto un mondo.

Sergio Sablich

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La Fantasia opera 17 fu composta da Robert Schumann nel 1836 e fu pubblicata, dopo una revisione, nel 1839, con dedica a Liszt. In origine era stata concepita per raccogliere fondi destinati a un monumento a Beethoven (il progetto era appunto di Liszt); e infatti il titolo originario sarebbe dovuto essere «Obolen auf Beethovens Monument: Ruinen, Trophäen, Palmen». La composizione però è anche strettamente legata all'amore del musicista per Clara Wieck, allora lontana da Schumann per volontà del padre della fanciulla, che si opponeva alle nozze; «Potrai capire la Fantasia soltanto se ti riporti all'infelice estate 1836, quando rinunciai a te»; così scriveva Schumann a Clara nel 1839, e aggiungeva: «Il primo tempo è davvero quanto di più appassionato abbia mai scritto: un profondo lamento per te». L'importanza di questi fatti va ben oltre la semplice aneddotica, e si riflette sulla stessa essenza della composizione; infatti, seguendo un procedimento quasi criptografico, Schumann riuscì, in quest'opera, a legare inscindibilmente fra loro i nomi di Beethoven e di Clara (e, con la dedica, anche quello di Liszt). Già il motto di Schlegel posto all'inizio dello spartito lascia intendere esplicitamente come nella composizione si celi un significato segreto:

Durch alle Töne tönet
Im bunten Erdentraum
Ein leiser Ton gezogen
Für dem, der heimlich lauschet

(Suona fra tutti i suoni
Nel variopinto sogno terrestre
Un suono silenzioso, teso
Per chi presta segretamente orecchio)

Questo significato lo possiamo individuare in una citazione beethoveniana, l'ultimo Lied del ciclo An die ferne Geliebte (All'amata lontana), il cui tema ricorre più volte (nitidamente al termine) nel primo movimento della Fantasia; «Nimm sie hin denn, diese Lieder, / Die ich dir, Geliebte, sang» («Prendi allora, amore mio, questi canti che canto per te»).

Al di là del compiacimento di Schumann nei procedimenti criptografici, l'intera composizione costituisce un omaggio a Beethoven sotto un altro profilo. La Fantasia opera 17 è infatti il tentativo di Schumann di scrivere qualcosa che potesse porsi accanto ai modelli venerati delle sonate per pianoforte di Beethoven. La produzione pianistica di Schumann predilige i cicli di miniature e accoglie un numero estremamente ridotto di sonate pianistiche; tendenza, d'altronde, comune a tutti gli autori romantici, e che riflette la difficoltà di una intera generazione di compositori nel dominare le grandi forme (difficoltà che riguardava, peraltro, anche il genere della sinfonia e quello del concerto). Il confronto con il genere della sonata, dunque, era quello non con un genere vivo e comunemente praticato, ma con un genere entrato in disuso, era il confronto con la storia.

Nella Fantasia opera 17 Schumann tentò appunto di far rivivere la grande forma, attualizzandola, con contenuti differenti. Diversa è innanzitutto la scansione dei movimenti rispetto a quella della sonata classica; invece di uno schema veloce-lento-veloce abbiamo uno schema quasi lento-veloce-lento. Ma è poi il contenuto espressivo a indicare nuove prospettive. Subito all'inizio del primo tempo (Durchaus phantastisch und leidenschaftlich vorzutragen; da suonarsi interamente in modo fantastico e appassionato) la mano sinistra crea un accompagnamento indistinto e incalzante, sul quale viene a stagliarsi la appassionata melodia della mano destra; un'atmosfera "sospesa" che percorre l'intero movimento (una specie di forma sonata, con lo sviluppo sostituito da un trio). Segue una marcia, animata dal ritmo puntato, con una più lirica sezione centrale, e con una coda ben nota per la sua trascendentale difficoltà. Il finale, condotto attraverso sonorità tenui e sommesse, ha il carattere di una continua improvvisazione su due temi di ascendenza ancora beethoveniana (dal Quinto Concerto per pianoforte e dalla Settima Sinfonia); ancora una sintesi fra l'ardore romantico e l'omaggio al modello.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Un posto del tutto particolare occupa nell'ambito delle composizioni pianistiche del decennio 1829-39 la Fantasia op. 17, datata 1838 nella versione e con il titolo definitivi, ma risalente a due anni prima. Nel 1836, infatti, progettandosi a Bonn di erigere un monumento a Beethoven, Schumann aveva voluto in qualche modo contribuire alle celebrazioni, componendo un'opera di ampio respiro e di impianto in qualche modo riconducibile alla grande forma anziché a quello a lui più consueto della serie di pezzi brevi. Nacque così una composizione in tre tempi, che fu intitolata Obolen auf Beethovens Monument: Ruinen. Trophaen, Palmen. Grosse Sonate für das Pianoforte. Für Beethovens Denkmal (Offerte al monumento di Beethoven: Rovine. Trofei. Palme. Grande Sonata per pianoforte. Per il monumento di Beethoven), dedicata a Clara Wieck e provvisoriamente catalogata come op. 12, lo stesso numero che sarebbe poi toccato ai Phantasiestücke. I titoli dei due brani, in seguito, vennero più volte modificati, per essere da ultimo soppressi; scomparve poi anche il riferimento a Beethoven, e dopo una revisione generale il lavoro fu ribattezzato Fantasia e pubblicato, nel '39, con la dedica a Liszt. Schumann agì saggiamente: sarebbe infatti quanto mai difficile apparentare la Fantasia ai concetti formali che si è soliti identificare con la Sonata classica, nemmeno intendendoli con la libertà che informa le Sonate del periodo romantico, comprese le tre composte da Schumann fra il 1833 e quello stesso 1836 (la Seconda, l'op. 22, e la Terza, il cosiddetto Concerto senza orchestra, sebbene rielaborate in seguito nelle stesure originali sono anch'esse anteriori alla Fantasia). All'op. 17 manca della Sonata l'architettura complessiva, poiché i tre tempi che la compongono non cofigurano nella loro successione quella simmetria che in quasi tutte le Sonate propriamente dette si manifesta nella presenza, in prima e ultima posizione, di due tempi veloci, separati da uno o più altri movimenti: in questo caso, terminando con un Adagio, saremmo in presenza, per così dire, di una Sonata interrotta, priva di una regolare conclusione. In secondo luogo, nella Fantasia in do maggiore non si ritrova quella che è la prima e insopprimibile condizione perché di Sonata vera e propria si possa parlare, ossia un primo tempo in forma bitematica tripartita svolta secondo un preciso itinerario armonico: il movimento iniziale della Fantasia può essere ricondotto allo schema della forma-sonata soltanto vagamente, per l'anomalo rapporto tonale fra il primo e il secondo tema, per il rapsodico andamento della parte centrale, per l'irregolare trattamento della «ripresa». Finalmente, lo stesso svolgimento della Fantasia, con le sue pur non esplicite intenzioni «programmatiche», si propone più con i caratteri di un vasto poema pianistico che non con quelli di una composizione strumentale «assoluta», governata da esigenze anzitutto formali.

Ma forse proprio perché questo suo quarto approccio alla composizione di ampie proporzioni Schumann si lasciò meno condizionare dai modelli del sonatismo classico o di quello beethoveniano, permettendo invece che la sostanza musicale si dipanasse con assoluta libertà su linee proposte esclusivamente dalla fantasia e dall'intuizione poetica, la Fantasia op. 17 risulta il suo capolavoro in questo campo, riuscendo molto meglio delle tre Sonate vere e proprie a reggere i confronto con le opere maggiori di quegli stessi anni, dal Carnaval ai Phantasiestücke, agli Studi sinfonici e ai Kreisleriana. Di queste la Fantasia condivide la profonda proiezione poetico-letteraria, ribadita dal «motto» apposto da Schumann in epigrafe, una quartina di Friedrich Schlegel: «Durch alle Töne tönet / im bunten Erdentraum / ein Leiser Ton gezogen / für den der heimlich lauschet» («Attraverso tutti i suoni risuona / in variopinto sogno terreno / un suono sommesso / per chi ascolta in segreto»), e l'estremizzato slancio fantastico ed espressivo. Basterebbero le indicazioni dinamico-espressive del primo movimento, che si apre con la prescrizione di «eseguire in modo quanto mai fantastico e appassionato», come si conviene allo stupendo tema eroicamente stagliato in scalpitanti ottave sul generoso fluire delle armonie affidate alla mano sinistra («non ho mai scritto niente di più appassionato», confidava Schumann a Clara), dal quale prende le mosse una costruzione di estrema varietà espressiva, con frequenti cambiamenti di tempo in corrispondenza dei diversi episodi (uno di essi, più pacato e misterioso, reca l'indicazione «In tono di leggenda), che del visionario titolo di Rovine della concezione originaria sembrano dare poetirissima ragione. Così è dei Trofei cui doveva riferirsi l'andamento di marcia che apre superbamente il tempo centrale della Fantasia (Moderato. Il più possibile energico), e che ben potrebbe attagliarsi a una delle trionfali sfilate dei «Fratelli di Davide» in guerra vittoriosa contro i «Filistei»: anche qui l'intonazione espressiva iniziale percorre un cammino di imprevedibili esiti fantastici, secondo un febbrile succedersi di immagini, fino a sfociare in una coda di asperrimo virtuosismo. Vertice poetico della Fantasia è l'enigmatico e fascinosissimo ultimo movimento, che nell'ambito di una dinamica contenuta nei limiti di una eccezionale delicatezza (Lento. Sempre piano) esplora grazie alle magie di un timbro pianistico di straordinaria evanescenza le zone più metafisiche e rarefatte dell'espressione, e nel quale compare un frammento melodico che potrebbe essere una citazione beethoveniana (un'altra, dal ciclo liederistico All'amata lontana, figura anche nel primo tempo), dal secondo movimento del Concerto n. 5 per pianoforte, l'Imperatore, come trasfigurata in lontananze smisurate. Di stupenda suggestione è anche il trattamento dell'armonia, specialmente negli improvvisi mutamenti d'orizzonte che segnano lo sviluppo del secondo tema del pezzo, la cui cantabilità generosa ma sommessa si ripropone successivamente in tonalità lontanissime. Verso la conclusione il movimento si accelera per tornare a calmarsi nei sommessi accordi finali.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 2 marzo 1984
(2) Testo tratto dal programma di sala del Ravenna Festival, 10 giugno 1996
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 24 marzo 1994
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 8 maggio 1982


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Ultimo aggiornamento 10 aprile 2017