Requiem für Mignon in do minore, op. 98/b

per soli, coro e orchestra

Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
Testo: Wolfgang von Goethe da "Wilhelm Meister"
  1. Wen bringt ihr uns zu stillen Gessellschaft? - Langsam (do minore) - coro
  2. Ach! Wie ungern brachten wir ihn her! - Etwas bewegter (do minore) - soprano e contralto soli
  3. Seht die machtigen Fleugel doch an! - Lebhaft (do maggiore) - coro
  4. In euch lebe die bildende Kraft - Feierlich, doch nicht zu langsam (fa maggiore) - coro
  5. Kinder, kehret in's Leben zuruck! - Die Viertel wie vorher die Halben (do maggiore) - basso solo
  6. Kinder, eilet in's Leben hinan! - Lebhaft (do maggiore) - coro
Organico: 2 soprani, 2 contralti, basso, coro misto, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, arpa, archi
Composizione: Dresda, 9 - 12 settembre 1849
Prima esecuzione privata: Dresda, residenza di Schumann, 19 settembre 1849
Prima esecuzione pubblica: Dresda, Hoftheater, 8 maggio 1850 (col solo pianoforte) - Düsseldorf, Neues Theater, 21 novembre 1850 (versione orchestrale)
Edizione: Breitkof & Härtel, Lipsia, 1851
Guida all'ascolto (nota 1)

E' noto che nell'Ottocento le interrelazioni tra musica e società erano, sotto molti aspetti, assai più intense che al giorno d'oggi, anche nei paesi di lingua germanica, e che in questo contesto di civiltà un ruolo prevalente di diffusione culturale fu svolto dalle associazioni di canto corale e dalla relativa produzione, indipendentemente dall'entità o dalla qualità dell'organico di esecutori impegnati di volta in volta. Tale genere di attività inoltre soddisfaceva le istanze spirituali di gran parte dei ceti popolari che si riconoscevano particolarmente in composizioni come il Lied a più voci o la Cantata, profana, quasi rinvenissero in tali lavori una sorta di contraltare musicale all'arte figurativa dell'epoca, da Schwind a Thoma, per la presenza caratterizzante di elementi comuni, quali il culto dei buoni sentimenti e della natura, la propensione tanto al fantastico quanto al tratto di devota umiltà, la trasfigurazione degli ideali del passato e la confortante fiducia che la vita eterna potesse specchiarsi di nuovo nelle opere di tutti i giorni.

Strutturalmente prossimo allo schema della Cantata è il Requiem per Mignon, secondo la bipolare costante che permea l'intera produzione vocale di Schumann della maturità, sia di ordine concettuale sia di ordine esecutivo: da una parte infatti l'autore era convinto assertore che la Cantata come genere avrebbe beneficiato in futuro di un particolare favore popolare, dall'altra parte la composizione di tali lavori era stimolata dall'intensa attività musicale specifica svolta dopo il 1847, tra Dresda e Düsseldorf. Il modello della Cantata dell'età barocca e pre-barocca era sempre indubbiamente presente a Schumann sia nella prassi concertistica sia nell'impostazione ideale, come chiaramente si evince in vari scritti successivi al 1832 quando, a proposito di un lavoro di Carl Loewe sulla vita di Johannes Hus, ebbe ad esprimersi in questi termini: «non è stata ancora detta la parola decisiva su tale genere di composizione vocale cui è aperto un cammino autonomo tra l'opera di soggetto sacro e l'oratorio drammatico, purché l'ispirazione dell'artista venga accesa da figure ideali straordinarie, come Hus appunto, o come Gutenberg, Lutero, Winkelried, o come Goethe: il lavoro di Loewe è foriero di tempi nuovi, quando la società civile non tesserà la sua vita soltanto tra la chiesa o il teatro d'opera »...

Il Requiem per Mignon è sostanzialmente un lavoro «secolare» pur se sul manoscritto è apposto il termine «religioso»: tale qualifica precisa in realtà un'indicazione espressiva a testimonianza e conferma della maturazione, nell'intimo della coscienza di Schumann, di quelle istanze spirituali che si sarebbero poi manifestate nella Messa op. 147 e nel Requiem in re bemolle maggiore op. 148, scritti su testi liturgici cattolici nonostante il compositore fosse protestante. La musica del Requiem per Mignon risale al 1849, quando Schumann dimorava a Dresda ed era impegnato, sia sul piano concertistico sia sul piano creativo, ad eseguire e predisporre lavori per associazioni corali che ebbe a dirigere a partire dal 1847 quando sostituì Ferdinand Killer nella conduzione prima di un complesso vocale maschile poi di un coro misto l'anno successivo, rispettivamente cioè la «Liedertafel» e il «Verein für Chorgesang». Il 3 luglio del 1848 Schumann non senza orgoglio ebbe a precisare a Brendel che era riuscito quel giorno a far cantare «la Missa Solemnis di Beethoven a prima vista, oltre a Comala di Gade»: ma in repertorio vi erano i principali lavori di Bach, Haendel e Palestrina. Nel 1849, in occasione delle solenni celebrazioni per il centenario della nascita di Goethe, oltre alla parziale esecuzione delle Scene dal Faust a Lipsia e a Weimar, Schumann attese appunto alla composizione del Requiem per Mignon, suggestionato dalla forte impressione provocata dalla lettura del «Wilhelm Meister». Di Goethe, in precedenza aveva musicato solo cinque liriche incluse nel ciclo Myrthen. Con la differenza però che, mentre alla foga appassionata del giovane Schumann poco si confacevano i temi concettuali e il sereno distacco dell'arte poetica goethiana, la malinconia che attraversa in profondità l'universo filosofico e spirituale del «Wilhelm Meister» sollevò una dolente assonanza nell'intimo del compositore maturo, quasi già avvertisse in sé gli oscuri presagi del tragico crepuscolo della vita ed anelasse quindi alla serenità della saggezza. Pure nel 1849 Schumann scrisse nove Lieder per canto e pianoforte su testi ispirati al «Wilhelm Meister», raggruppati nell'opus 98/a, ed intrisi di un melos patetico ed elegiaco, rispetto al quale il clima poetico del Requiem per Mignon (op. 98/b) configura la seconda parte, siglandone il coronamento espressivo.

Strutturalmente, il Requiem per Mignon appare articolato in sei sezioni che si susseguono senza alcuna interruzione, pur essendo reciprocamente ben differenziate nei tempi, nella tonalità e nei tratti espressivi. L'incipit è in do minore e presenta l'andamento di una sorta di corteo lento e solenne: la salma della giovane viene traslata in una silenziosa sala ove è accolta da un mesto coro che la assisterà sino al risveglio nel giubilo dei fratelli celesti. La seconda sezione, in tempo un poco più mosso, è caratterizzata dall'a-solo del soprano e poi del contralto, impegnati in un assorto, conciso lamento. Nella terza sezione, in tempo mosso e nella tonalità di do maggiore, al coro, che ha esaltato la bellezza delle possenti ali e la levità della candida veste, replicano i solisti nel tono minore, rammaricando che le ali non la sollevino, impedendone il libero, ondeggiante gioco della veste; soltanto alla conclusione riappare il modo maggiore, quando il coro esorta a guardare in alto con gli occhi dello spirito. Pure la quarta sezione, solenne ma non troppo adagio, è strutturata su un dialogo tra i solisti, che raffigurano le sconsolate compagne di gioco di Mignon, e il coro, incitante a serbar viva la forza creatrice che solleva in alto, oltre le stelle, quanto vi è di più grande e di più bello cioè la vita, nell'alternarsi delle tonalità di fa maggiore e di re minore. La quinta sezione è in do maggiore ed in tempo sempre più animato, con l'ingiunzione sempre più decisa al «ritorno alla vita», mentre la conclusione del Requiem, attestando l'avvento dell'amore celeste nell'immortalità, sigla la attestazione finale del «ritorno alla vita», in tempo vivace, in ritmo alla breve e nella luminosa tonalità del fa maggiore, con il marcato chiaroscuro corale.

E' significativo notare quanto la successione delle tonalità venga tenacemente sorretta da un motivo concettuale che assume la funzione di motivo conduttore della musica, in tutto l'arco della composizione, l'idea tematica cioè della vita che rinasce dalla morte, alla quale rimane pur sempre avvinta da nessi ineluttabili; nonché il fatto che non vi sia simmetria o tradizionale rapporto reciproco delle tonalità ma che la cifra emozionale del testo risulti arbitra indiscussa della espressività musicale. Schumann anche in tale insolito lavoro corale non ricusa certo alcuna suggestione della Romantik ed anche il Requiem per Mignon, alla pari delle ultime composizioni vocali, come la Messa op. 147 e il Requiem in re bemolle maggiore, non si sottrae alla traiettoria dell'intera sua produzione, agli imprescindibili caratteri schumanniani, nonostante sia percepibile, specie nell'assunto formale, un'ascendenza concettuale e linguistica derivata da Mendelssohn. Non è arduo identificare nel Requiem per Mignon anche il segno di un'introversa irrequietezza, sintomatica della poetica romantica, olrte a tratti indelebili di struggimento e divinazione lirica, pur nel simbolismo della costruzione sonora e specie nella fragilità del peculiare impianto strutturale.

Assurdo appare comunque il tentativo di assegnare un'etichetta di opera minore o anemica al Requiem per Mignon, anche considerandolo antitetico rispetto all'incandescente stagione giovanile dell'autore. L'essenza di questo lavoro troppo a lungo incompreso non va colta soltanto nell'atmosfera malinconica o in certe sfasature ritmiche e armoniche rapportabili all'inventiva dello Schumann più frequentato, quanto piuttosto nel sottile e ben centrato intento di mantener deste, pur in una suprema dimensione patetica ed intimistica, le assonanze con la prodigiosa espressività attinta in passato, nel perdurare di quell'anelito intenso - lo « Streben » del sempre prediletto Jean Paul - ad un'emozionalità dal carattere ad un tempo travolgente ed estenuato, mai prevedibile. E resta infine il fatto indubitabile che anche questo lavoro servì a porre le premesse, lessicali e morfologiche oltre al modello di riferimento per il Deutsches Requiem brahmsiano, saldando in prospettiva l'arco della creatività musicale spirituale, teso tra la sapiente serenità oratoriale di un Mendelssohn e i nuovi procedimenti compositivi ed inventivi nell'elaborazione tematica di un Brahms.

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 27 aprile 1975


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Ultimo aggiornamento 29 settembre 2012