Quartetto in do minore per pianoforte e archi


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Allegro molto affettuoso (do minore)
  2. Minuetto. Presto (sol maggiore)
  3. Andante (sol minore)
  4. Allegro giusto, Presto (do minore)
Organico: pianoforte, violino, viola, violoncello
Composizione: Lipsia, 1829
Edizione: Heinrichshofen, Wilhelmshaven, 1979
Guida all'ascolto (nota 1)

Bisogna dire che Schumann si era già confrontato con il quartetto con pianoforte ben prima dell'op. 47. Tra il 1828 e il 1829, giovane studente di giurisprudenza a Lipsia, Schumann preferiva in realtà dedicarsi alla musica e suonare pezzi da camera con gli amici. In questo contesto il compositore, non ancora deciso a fare della musica la sua professione, scrisse il Quartetto in do minore per pianoforte e archi Anh. E1; insoddisfatto dell'esito, pensò quindi di trasformarlo in una sinfonia, ma senza realizzare il progetto. Così l'opera (originariamente identificala come op. 5) è rimasta, sino a qualche decennio fa, tra le dimenticate prove giovanili del suo autore. Si tratta peraltro di un lavoro interessante, in cui si ravvisano riferimenti a molteplici modelli cameristici - Beethoven e Schubert soprattutto, ma anche il principe Louis Ferdinand di Prussia, Weber e Ries - e dove le imperizie dell'apprendista si sommano a tocchi già geniali.

Nel movimento d'apertura una stentorea introduzione prepara il profilo ombroso e inquieto, beethoveniano del primo tema; spetta alla transizione rasserenare il clima per proporre il secondo tema, disteso e cantabile, svolto dal pianoforte e ripreso dal violino. In un nuovo sopravvento della cupezza e dei motivi del primo tema si conclude quindi l'esposizione, che viene replicata. Da questa chiusa trae spunto l'arcata iniziale dell'esteso sviluppo, che poi attinge a motivi del secondo tema dispiegando rilassate ondate schubertiane e prosegue ripresentando il profilo del primo tema su lunghe note tenute, per lavorarlo quindi in imitazione contrappuntistica. Nell'alternanza caratteristica del movimento tra fasi di tensione e distensione, l'arcata conclusiva dello sviluppo ritorna alle morbidezze del secondo tema. Poi la ricomparsa dell'introduzione prelude all'attacco della ripresa dove ricompaiono, secondo copione, il primo tema, il secondo e da ultima la chiusa.

Percorso da un gioco leggero di canoni e imitazioni è il Minuetto, come da convenzione articolato in due parti, ma il cuore del movimento è comunque costituito dalla delicatezza trasognata del Trio, anch'esso in due parti: non a caso Schumann lo ricorderà nel 1846 come il luogo in cui per la prima volta la sua musica gli apparve «romantica» rivelando «uno spirito nuovo, differente dalla musica antica [...] una nuova vita poetica». Tra l'altro, il tema di fanfara all'inizio del Trio ha un ruolo importante perché ritornerà come reminiscenza nel tempo lento e poi ancora nel finale. A conclusione del movimento segue la ripresa del Minuetto.

Il tema principale che apre l'Andante è cantato dalla viola, che cede poi il passo al violino e quindi, nella transizione, al violoncello, mentre il tema secondario è condotto in dialogo tra i quattro strumenti. Nella sezione centrale le parti delineano l'elaborazione, per lo più contrappuntistica, di motivi di entrambi i temi, con un grande crescendo che tuttavia, dopo aver raggiunto il punto culminante, si spegne gradualmente in una ritransizione, che resta come sospesa sui rintocchi del pianoforte: è la reminescenza del tema del Trio del Minuetto. Quanto segue è una ripresa condensata della prima parte: ora i temi principale e secondario risuonano in maggiore, prima che una nuova elaborazione di motivi del tema secondario conduca alla coda, di nuovo in minore, con effetto di progressiva dissolvenza, improntata dal ricordo del tema principale.

Il finale, dalla forte impronta schubertiana, incomincia con il tema principale, suonato dal violoncello e poi ripreso da violino e viola sull'insistente scansione in ritmo puntato - destinata a percorre quasi tutto il movimento - del pianoforte. A sorpresa la transizione si apre al maggiore sino al secondo tema, tracciato dagli archi sul ritmo puntato che innerva anche la chiusa dell'esposizione; segue la replica dell'esposizione. Rispetto al movimento d'apertura, qui lo sviluppo è decisamente più contenuto e si basa essenzialmente sull'elaborazione di motivi del primo tema e poi della transizione: in avvio s'ascolta anche una reminiscenza del tema principale del movimento iniziale. Ciò che segue sembrerebbe la ripresa, ma in realtà, dopo che il violoncello ha profilato il tema principale - pur nella tonalità d'impianto - il corso degli eventi prende una piega diversa dall'esposizione e conosce una nuova espansione. Ci accorgiamo che quanto abbiamo appena ascoltato è una falsa ripresa per il fatto che la vera ripresa arriva di lì a poco: il primo tema è suonato in minore dal violoncello e subito dopo in maggiore da violino e viola. Si susseguono a questo punto la transizione, il secondo tema e la chiusa prima della coda, di nuovo in maggiore, basata sul tema di fanfara del Trio del Minuetto.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 247 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 4 luglio 2014