Sonata per pianoforte n. 3 in fa minore, op. 14 "Concerto senza orchestra"


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Allegro (fa minore)
  2. Scherzo. Molto commodo (si bemolle minore)
  3. Quasi variazione su tema di Clara - Andantino (fa minore)
  4. Finale. Prestissimo possibile (fa minore)
Organico: pianoforte
Composizione: prima versione 1835 - Lipsia, 5 giugno 1836; seconda versione 1853
Edizione: Haslinger, Vienna, 1853
Dedica: Ignaz Moscheles
Guida all'ascolto (nota 1)

La Sonata in fa minore op. 14 è un lavoro che per l'imponenza del disegno architettonico non meno che per la forza dirompente e bruciante delle idee musicali emerge nella produzione schumanniana degli anni Trenta, potendo affiancarsi senza sfigurare accanto a capolavori come la Fantasia, in do maggiore o Kreisleriana. Non a torto Vladimir Horowitz la considerava «una delle più grandiose pagine della musica romantica» e lo stesso Schumann la prediligeva, insieme alla Sonata in fa diesis minore op. 11, fra le sue composizioni precedenti Kreisleriana.

Delle due anime di Schumann, il dolce e riflessivo Eusebius e l'irruento Florestan, qui è quest'ultimo che prevale, accentuando semmai le angolazioni più dolorose, le pieghe più tormentate e ribelli della sua natura.

Difficile e tormentata fu anche la gestazione della Sonata; il manoscritto autografo, completato nel giugno 1836 e conservato al British Museum, porta il titolo di Concert e comprende cinque movimenti (Allegro - Scherzo I - Variazioni - Scherzo II - Presto). L'editore viennese Haslinger convinse Schumann a eliminare i due Scherzi pubblicando il lavoro con il titolo di Concert sans orchestre.

Dedicatario dell'opera è Ignaz Moscheles, pianista compositore celeberrimo che Schumann aveva ammirato a Karlsbad nel 1819 e da cui aveva ricevuto, fanciullo di nove anni, la prima forte impressione musicale. Da quel momento Moscheles avrebbe rappresentato agli occhi di Schumann il grande virtuoso in grado di apprezzare le più nuove tendenze della musica moderna e sarebbe divenuto per lui un punto di riferimento importante - la decisione di dedicargli il Concert sans orchestre è un segno eloquente di quanto Schumann considerasse questa sua fatica. In una lettera a Schumann Moscheles rilevò che l'opera aveva più il carattere di una "Grosse Sonate" che di un Concerto, in quanto mancava di passaggi di carattere brillante ed era invece «molto elaborata, diffìcile e intricata, sebbene interessante», destinata a un pubblico di soli intenditori per via dell'armonia inconsueta e delle molte dissonanze. Anche Liszt, in un articolo del 12 novembre 1837, parlava di un «lavoro ricco e potente», ma più Sonata che Concerto.

Così nel 1853, poco prima di precipitare nel baratro della follia, Schumann rimise mano al suo Concert sans orchestre reinserendo uno Scherzo come secondo movimento e modificando parzialmente i due movimenti estremi. A questa seconda, ma sarebbe più esatto definire terza versione diede il titolo di Troisieme Grande Sonate. Per la prima esecuzione pubblica si dovette attendere il 1862 quando Brahms, su suggerimento di Hanslick, la presentò a Vienna suscitando grande interesse senza peraltro riuscire a imporla nel repertorio.

La forma classica della Sonata costituiva per un compositore come Schumann un problema e una sfida allo stesso tempo; dando per scontata la congenialità col pezzo breve, capace di concentrare e manifestare appieno la forza dell'ispirazione romantica, restava il confronto assillante ed esaltante con i capolavori di Beethoven e Schubert e, in prospettiva più ravvicinata, l'esempio luminoso, ma anche problematico, di Mendelssohn. Valeva la pena tentare di tenere in vita la forma classica per eccellenza in un contesto culturale che andava affermando ideali artistici radicalmente nuovi?

Concludendo uno scritto del 1839 sulla Sonata op. 45 per violoncello e pianoforte di Mendelssohn, Schumann sembrava trovare una soluzione salomonica - suggerita forse dal Maestro Raro - «Che si scrivano pure delle Sonate o delle Fantasie, che importa il nome! Ma che non si dimentichi perciò la musica. E il resto ciascuno cerchi di ottenerlo con il proprio genio».

Nel 1831 scriveva a Hummel: «la forma del Concerto mi sembra più facile di quella della Sonata per via delle sue maggiori licenze». Le ultime Sonate di Beethoven, la Sonata in fa diesis minore op. 81 di Hummel - sorprendente traguardo espressivo di un ex mozartiano - ma soprattutto Schubert con le sue dilatazioni formali e l'allentamento delle tensioni armoniche segnavano la via da battere per una Sonata Romantica tutta da inventare. Nel 1833 Schumann comincia a comporre tre Sonate per pianoforte: l'opera 11 in fa diesis minore, l'opera 22 - terminata solo nel 1838 - e una terza lasciata incompiuta. La stessa Fantasia op. 17, composta fra il 1836 eil 1838, nasce come sonata in tre tempi alla memoria di Beethoven e, ancora, il Carnevale di Vienna - pubblicato nel 1841 - è inteso da Schumann come "Grande Sonata romantica".

Le realizzazioni, fino alle tarde Sonate per violino e pianoforte e alle Drei Sonaten für die Jugend (Tre Sonate per la gioventù) del 1853, non sono quindi poche e dimostrano la costante attenzione di Schumann verso la grande forma. Più sperimentale e "anticlassico" nelle prime sonate per pianoforte solo - tra cui l'opera 14 - lo sarà meno nei lavori tardi, forse anche a causa di una certa stanchezza d'ispirazione.

Le Sonate op. 11 e op. 14, assai più della concentratissima Sonata in sol minore op. 22, sono anzi un vero manifesto di forma allargata, vale a dire che presentano una tale ricchezza di materiale melodico e di soluzioni armoniche al limite dell'atonale, da determinare per forza di cose un ampliamento e ispessimento del profilo generale della composizione. Secondi temi alla dominante possono anche aver luogo ma sono per lo più inghiottiti da una serie di elementi che sarebbe improprio definire secondari e che anzi finiscono spesso per dominare e saturare lo spazio sonoro. Schumann in pratica non intende limitare l'esercizio della fantasia anche nella forma codificata e in una lettera a Moscheles, come a preparare il pur intelligente interlocutore, scrive: «Riceverete presto la vostra Sonata e potrete allora constatare quali strane bizzarrie esistano al mondo».

Alla base di tutta la composizione è un tema di Clara Wieck; tema particolarmente cupo e doloroso che, presentato nella sua integrità e seguito da quattro Variazioni, costituisce il terzo movimento della Sonata. Nell'Allegro compare subito alla mano sinistra ma è solo uno spunto da cui ha origine una vorticosa sequenza di motivi contrastanti. Al doloroso cupio dissolvi del tema di Clara, Schumann oppone disegni ascendenti e incalzanti. In questo clima di forte emotività è naturale che i confini di esposizione, sviluppo e ripresa tendano a confondersi e a sovrapporsi.

Lo Scherzo è un movimento di ampie proporzioni con una sezione centrale particolarmente sviluppata e presenta una scrittura di densità sinfonica che anticipa Brahms. Il frequente spostamento di accento sul terzo tempo della battuta produce inoltre un forte dinamismo ritmico.

Nelle Quasi Variazioni Schumann sembra preoccupato di non stravolgere troppo il tema di Clara che difatti domina tutto il movimento e prepara al grande, impetuoso finale. Il modello di questo Prestissimo in forma sonata potrebbe essere il finale della Sonata in do minore D. 958 di Schubert col suo febbrile ritmo di tarantella da cui nascono episodi lirici, drammatici e anche grotteschi. In Schumann la scrittura abbandona però le tipologie classiche adottate da Schubert e si fa più febbrile e inquieta: i temi appaiono percorsi da una sorta di isteria propulsiva data dalle sincopi brevi e dai continui sbalzi di registro. Anche gli episodi più lirici, con la loro instabilità armonica, non placano l'ansia. Tutti gli spettri beffardi e amari di Kreisleriana sono qui anticipati e non basta certo a dissipare un'atmosfera così sulfurea la conclusione in fa maggiore, impossibile catarsi di una vera "anima dilacerata".

Giulio D'Amore


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 13 febbraio 1998


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Ultimo aggiornamento 26 settembre 2012