Ouvertüre, Scherzo e Finale in mi maggiore per orchestra, op. 52


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Ouverture - Andante con moto (mi minore). Allegro (mi maggiore)
  2. Scherzo - Vivo (do diesis minore). Trio (re bemolle maggiore)
  3. Finale - Allegro molto vivace (mi maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi
Composizione: Lipsia, 12 aprile - 8 maggio 1841
Riduzione per pianoforte: Düsseldorf, 20 - 24 aprile 1853
Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus Saal, 6 dicembre 1841
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1887
Guida all'ascolto (nota 1)

Quando Robert Schumann si accostò alla musica la sua aspirazione era diventare pianista e non compositore, ma un incidente alla mano destra, stroncando la sua carriera di concertista ancor prima dell'inizio, lo costrinse a indirizzare in altra direzione le sue aspirazioni. Tuttavia per lui la musica continuò a lungo a identificarsi col pianoforte, cui sono dedicati i suoi primi ventotto numeri d'opus, per la maggior parte costituiti da meravigliose collane di brevi pezzi, che si succedono liberamente per contrasto o analogia, collegati solo dal Phantasieren romantico. Dopo si gettò con entusiasmo sul Lied, scrivendone oltre cento in un solo anno. Ma nel 1841 questa prodigiosa fioritura di brevi pezzi in forma libera si arrestò e Schumann si rivolse alle grandi forme e ai grandi organici orchestrali.

Già nel 1840 l'amatissima Clara, da poco diventata sua moglie, aveva scritto nel suo diario che le concezioni musicali del marito "non trovano sufficiente spazio sul pianoforte" e si augurava che cominciasse a scrivere per l'orchestra. Robert stesso cominciò a rimproverare amabilmente Chopin perché "la sua attività si limita al piccolo mondo della musica per pianoforte, mentre avrebbe dovuto raggiungere colle sue forze altezze maggiori". Più avanti, quando il giovane Brahms gli si presentò con un fascio di pezzi per pianoforte e Lieder, Schumann lo riconobbe subito come un genio, ma lo esortò a rivolgersi a forme ed organici più ampi, raccogliendo l'eredità di Beethoven.

Critiche ed esortazioni simili Schumann rivolgeva anche a sé stesso, sempre tormentosamente diviso tra l'aspirazione romantica a una musica lirica e intima che volasse libera sulle ali dell'ispirazione e della fantasia e l'ammirazione per la grandiosità architettonica e la potenza espressiva delle creazioni di Beethoven. Tutte le sue composizioni di grandi dimensioni soffrono di questa dicotomia irrisolta, che non va considerata una debolezza ma è il simbolo della tensione verso l'irraggiungibile, dell'aspirazione a qualcosa d'indefinibile, della lotta d'una fantasia che vorrebbe superare ogni confine e si dibatte contro le limitazioni della materia: sta qui l'essenza stessa dell'irrequieto romanticismo di Schumann.

Ma torniamo al 1841. In quell'anno Schumann concentrò la sua attenzione sulla musica per orchestra, componendo con febbrile entusiasmo due Sinfonie, l'Ouverture, Scherzo e Finale, una Fantasia - poi rielaborata come primo movimento del Concerto in la minore op. 54 per pianoforte e orchestra - e inoltre una terza Sinfonia rimasta incompiuta.

La velocità con cui scriveva è stupefacente. In appena un mese, dal 20 gennaio al 20 febbraio, portò a termine l'ampia Sinfonia n. 1 in si bemolle maggiore op. 38 "Primavera", che già il 31 marzo fu eseguita al Gewandhaus di Lipsia, sotto la direzione di Felix Mendelssohn. Subito dopo, il 12 aprile, cominciò a lavorare all'Ouverture, Scherzo e Finale, il 16 già aveva composto e orchestrato l'Ouverture, inizialmente destinata a essere una composizione a sé stante; ben presto però Schumann decise di aggiungervi altri due movimenti e l'8 maggio mise la parola fine alla partitura completa. Il 6 dicembre, ancora al Gewandhaus, Ferdinand David ne diresse la prima esecuzione e nello stesso concerto fu ascoltata anche un'altra novità di Schumann, la Sinfonia in re minore, la seconda in ordine cronologico ma pubblicata vari anni più tardi come Sinfonia n. 4. Anche l'Ouverture, Scherzo e Finale dovette attendere qualche tempo e passare attraverso una revisione - i maggiori cambiamenti riguardarono il Finale - prima di essere pubblicata nel 1846 come op. 52.

Nell'Ouverture, Scherzo e Finale dobbiamo vedere uno dei vari tentativi messi in essere da Schumann in quel 1841 per rimodellare liberamente secondo lo spirito romantico la Sinfonia. Dei lavori sinfonici di quell'anno intensissimo solo la Sinfonia n. 1 ha una forma relativamente tradizionale, in quattro movimenti. Invece nella Sinfonia in re minore l'Allegro iniziale non è nella forma regolare d'un primo tempo di sinfonia; due movimenti di minori dimensioni s'inseriscono tra i quattro principali, i temi annunciati nell'introduzione lenta ritornano nel corso dell'intera Sinfonia, i vari movimenti trapassano l'uno nell'altro senza soluzione di continuità. È una concezione talmente nuova e personale che Schumann a un certo momento pensò di darle il titolo di "Fantasia sinfonica".

Similmente non volle chiamare Sinfonia l'Ouverture, Scherzo e Finale e, dopo aver pensato di definirla Suite o Sinfonietta, optò per un titolo consistente nella semplice elencazione dei tre movimenti, perché nessuno dei generi musicali tradizionali corrispondeva alla sua struttura e al suo carattere. La forma unica e originale di questa sua creazione sembra essere una risposta ad alcune osservazioni critiche contenute in un articolo di Schumann pubblicato due anni prima dalla "Neue Zeitschrift für Musik", la rivista da lui fondata e diretta: "Per la maggior parte le Sinfonie più recenti tendono allo stile dell'Ouverture - i primi movimenti, intendo dire; i movimenti lenti stanno lì solo perché non possono essere lasciati fuori; gli Scherzi sono Scherzi solo di nome; i Finali non sanno più cosa contenevano i movimenti precedenti".

Effettivamente nell'op. 52 il primo movimento è nello stile delle Ouverture da concerto di Mendelssohn, il tempo lento manca e i vari movimenti "sanno" quello che contenevano quelli precedenti, nel senso che ne riprendono i temi. La decisione di rinunciare al movimento lento dipese indubbiamente dal desiderio di scrivere qualcosa di meno serioso di una Sinfonia. Schumann descrisse infatti questo suo lavoro come qualcosa di "leggero e cordiale" e anche "tenero, felice... come una sirena".

Come nei suoi altri pezzi sinfonici, Schumann non reprime qui il suo lirismo e la sua fantasia romantici, ma tenta di superare la tendenza ad un'architettura leggera e instabile che ne era la conseguenza, soprattutto per mezzo di una serie di reminiscenze tematche che danno coerenza ai vari movimenti.

Apre l'Ouverture un Andante con moto in mi minore, con un'esitante linea melodica dal tono sognante; ma non è che una breve introduzione all'Allegro in mi maggiore, il cui carattere luminoso e gioioso è la risultante dell'alternanza di due temi, più mosso e scandito il primo, più lirico e delicato il secondo, affidato ai violini in dialogo con oboi e flauti, che deriva chiaramente dal tema dell'introduzione.

Per lo Scherzo (Vivo) - originariamente intitolato "Intermezzo" - Schumann sceglie la tonalità di do diesis minore, rara nel diciottesimo secolo ma più frequente nel diciannovesimo e amata dai romantici per il suo colore notturno e arcano. È una cavalcata fatata e volante di elfi, indubbiamente memore degli Scherzi di Mendelssohn, ma senza la magica orchestrazione di cui l'autore del Sogno d'una notte di mezza estate possedeva il segreto. Questa corsa veloce e leggera è interrotta per due volte da un brevissimo Trio e nella coda ricompare il primo tema dell'Allegro, a conferma del desiderio di Schumann di dare unitarietà alla composizione.

Il primo tema del Finale (Allegro molto vivace) è esposto in stile fugato dalle viole in rapide terzine, mentre il secondo - che sarà predominante nel corso dello sviluppo - è ritmicamente scandito e acquista progressivamente energia fino a sfociare in una sorta di possente corale, finché la coda chiude il movimento con gioiosa energia.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 7 maggio 2011


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Ultimo aggiornamento 15 novembre 2012