Bolt (Il bullone), op. 27a

Suite per orchestra tratta dal balletto

Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
  1. Ouverture: Adagio - Allegro
  2. Il burocrate (Polka): Allegretto
  3. La danza del carrettiere (variazioni): Moderato non troppo
  4. Danza di Kozelkov e dei suoi amici (Tango): Allegretto - Andante - Allegro
  5. Intermezzo: Allegretto
  6. Danza della schiava coloniale
  7. L'uomo che dice sì
  8. Danza generale ed apoteosi (Finale): Presto
Organico: 3 flauti (2 e 3 anche ottavino), 3 oboi (3 anche corno inglese), 3 clarinetti (3 anche clarinetto piccolo), 3 fagotti (3 anche controfagotto), 6 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburello, tamburo, piatti, grancassa, tam-tam, glockenspiel, xilofono, archi
Banda finale: 3 cornette, 2 tromboni, 8 corni
Composizione: 1931
Prima esecuzione: Leningrado, sala Bolshoi della Filarmonica, 17 gennaio 1933
Guida all'ascolto (nota 1)

Non so quanto sia accettabile il giudizio negativo che Sciostakovic stesso dava delle qualità drammatiche dei suoi due balletti, L'età dell'oro e Il bullone, composti l'uno dopo l'altro in meno di un anno, fra il 1930 e il 1931. Il rimprovero era di non avere costruito, i librettisti, un'azione, un racconto, ma piuttosto un susseguirsi di episodi, situazioni, nel caso del Bullone dedicati a una satira del borghese ingordo, egoista, ottuso e stupidamente avido. In realtà è possibile che questo modo di proporre, rappresentare le cose fosse davvero molto datato, appartenesse ai gusti dissacratori e corrosivi di un giro di anni della vita artistica e culturale sovietica, che mettevano in crisi certi schemi narrativi poi invece recuperati. Fatto è, comunque, che assai maggiore fortuna dello spettacolo, hanno avuto le suites orchestrali dei due balletti, benché più che mai in esse sia presente il piacere dell'immagine istantanea, deformata, parodistica, accostata a un'altra immagine altrettanto aggressiva e graffiante, fino a comporre un montaggio di ritratti d'altronde sempre assai tipici di una stagione polemica.

La musica del Bullone nasce infatti all'indomani di una opera come Il naso, che non si era accontentata di filtrare attraverso Gogol il sarcasmo antifilisteo degli intellettuali d'avanguardia, comunisti, in Unione Sovietica, durante la Nep, la nuova politica economica. Musicalmente Sciostakovic aveva individuato un suo gesto stilistico, di provocatoria capacità insieme comica e accusatoria, per smascherare gli inganni, le ipocrisie di un modo di essere borghesemente vile; e non c'è dubbio che molto di questo atteggiamento musicale lo ritroviamo nel balletto che del resto ripropone il tema della borghesia opportunistica, parassitaria, vile. Appunto il Primo piano quinquennale deve ancora cominciare, la Nep invece continua a rendere inquieti i radicali di ogni campo, musicisti compresi, e in ogni caso bersagliare un mondo sopravvissuto alla rivoluzione o perfino da essa in qualche modo procrastinato, ma sempre nemico, era addirittura una maniera per ritrovarsi anche dentro un discorso europeo. Non credo infatti che possa sfuggire la parentela con i moduli critici, poniamo, della musica di un Weill per Brecht, sebbene naturalmente, le personalità dei due compositori siano così diverse. Ma anche Sciostakovic parte dalla banalità, dalla musica corrente, diciamo dal consumo, e vi lavora sopra criticamente, facendone la caricatura, volendo smascherare i contenuti socioculturali di quei materiali di base, dei loro ancoramenti alla vocazione del borghese di ridurre tutto a merce da godere senza intelligenza, per puro profitto al minor prezzo anche intellettuale.

Di qui la personalità musicale del Bullone, dove il musicista dà sfogo alle sue capacità di tradurre, in segno concettualmente ben diretto, le sue evidenti arguzie timbriche, il piacere di violentare ritmicamente un'ostentata ovvietà melodica, il virtuosismo orchestrale esibito anzi come un'ulteriore provocazione. D'altra parte, lo scopo è tutt'altro che corrucciato, drammatico, bensì piuttosto quello che Sciostakovic ebbe a dichiarare dicendo che «ho voluto comporre una musica che sia al tempo stesso divertente e di buona qualità, una musica che sia capace di far ridere, o soltanto sorridere, un ascoltatore non prevenuto. Quando vedo in sala qualcuno che sorride, provo un vero piacere». In altre parole l'intenzione era di gettare discredito e ridicolo sulle vittime della parodia musicale, riassumendo oltre tutto certi modi da circo così in voga in quel tempo, che appartengono anch'essi a una stagione probabilmente abbastanza lontana ormai, da poter essere ripercorsa con il dovuto senso storico.

Si capisce cioè che molto di quanto quaranta e più anni fa appariva musicalmente blasfemo nello stesso Sciostakovic, oggi ci sembra invece piuttosto innocente. Ma l'attutirsi dei traumi polemici, affidati a sonorità inusitate che sono divenute familiari, consente nel medesimo tempo di cogliere meglio non solo le qualità inventive in grado di reggere al tempo, bensì soprattutto i significati storici di determinate scelte. Per esempio la chiara volontà di stilizzazione critica dei materiali musicali circolanti, appare in Sciostakovic (come appunto in Brecht-Weill, con le debite differenze), un preciso sistema compositivo per criticare gli stili di strati sociali ritenuti ancora dominanti, per cui non a caso appena tre anni dopo il balletto Chiaro fiume, tendenzialmente sulla stessa linea, avrà breve fortuna, sarà poco dopo accusato dalla Pravda di formalismo, di convenzionalismo, di conservatorismo: il Primo piano quinquennale era in marcia, e con esso un mutamento così profondo nella società sovietica da portare nel campo delle arti a quel realismo socialista che, piaccia o non piaccia, doveva in ogni caso mettere in discussione le posizioni d'avanguardia degli anni in cui la borghesia commerciale e contadina aveva ancora un suo spazio. Vale a dire non si può davvero guardare a Sciostakovic in astratto, o con metri che non gli si adattano, poiché il suo modo di essere e di evolvere come compositore, si legò strettamente alla storia del suo paese, alla sua volontà di parteciparvi in prima persona, come musicista sovietico nato con la rivoluzione e deciso a vivervi dentro, e condividerne le esperienze.

Luigi Pestalozza


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 24 aprile 1977


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Ultimo aggiornamento 17 aprile 2015