Solotoi Wek (L'età dell'oro), op. 22a

Suite per orchestra

Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
  1. Introduzione: Allegro non troppo
  2. Adagio
  3. Polka: Allegretto
  4. Danza russa: Allegro
Organico: ottavino, flauto, oboe, corno inglese, clarinetto, clarinetto basso, sassofono, fagotto, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, wood-block, tamburello, tamburo, piatti, grancassa, tam-tam, xilofono, armonium, archi
Composizione: 1929 - 1930
Prima esecuzione: Leningrado, Teatro Accademico Nazionale d'Opera e Balletto, ex Marijnskij, 19 marzo 1930
Guida all'ascolto (nota 1)

Il balletto L'età dell'oro (Zolotoj vek), di cui viene eseguita stasera la suite in quattro movimenti, appartiene al primo periodo creativo di Sostakovic, quello d'avanguardia, aperto alle nuove ricerche linguistiche e ai modelli espressivi dell'arte e della cultura sovietica delineatasi immediatamente dopo la Rivoluzione d'Ottobre e legata ai nomi di Majakovskij, Gor'kij, Eisenstein, Pudovkin e Mejerchol'd. La stesura del balletto si colloca tra il 1929 e il 1930, contemporaneamente alla composizione dell'opera in tre atti e un quadro di Gogol' Il naso (Nos), che costituisce, insieme all'altra opera in quattro atti Katerina Izmajlova (1932) e alle prime quattro sinfonie, il momento più apertamente anticonformista e vivacemente antiborghese della produzione di questo musicista così personale e tormentato, il quale occupa una posizione importante e di notevole rilievo nella vita artistica del nostro secolo.

Ciò che caratterizza musicalmente L'età dell'oro, apparso alcuni mesi prima dell'altro balletto Il bullone (Bolt 1930-1931), è il senso brillante e spigliato dell'orchestrazione, improntata ad una strumentazione originale e rivolta ad acquisire moduli espressivi ed inventivi meno legati alle regole e agli schemi tradizionali. Ad esempio la Polka del terzo movimento si richiama abbastanza chiaramente all'esempio della Suite per piccola orchestra di Stravinsky, pur accentuando in modo piuttosto paradossale l'intelaiatura sonora. Ma tutta la partitura di questo balletto va intesa come una fresca fioritura di ritmi e di timbri strumentali di piacevole sapore ironico e umoristico. Il filo narrativo che lega i vari movimenti del balletto è la storia di un gruppo di sportivi sovietici in tournée nel mondo capitalistico e le loro reazioni ad alcuni aspetti di una società diversa da quella dell'URSS. L'Introduzione (Allegro non troppo) si apre con un tema vivace, esposto inizialmente dal clarinetto piccolo in mi bemolle e dal flauto e subito ripreso dal resto della famiglia dei legni (ottavino, oboe, corno inglese, clarinetti). L'entrata degli archi, in contrapposizione alla sonorità dei fiati, propone il tema principale, successivamente ripreso dall'ottavino e dal corno inglese. Si sviluppa quindi un gioco di alternanza tra fiati e archi, basato sul discorso timbrico, arricchito dalle diverse "entrate" degli strumenti con figurazioni ritmiche differenti. Quando il tema principale è affidato ai primi violini in ff e ripreso dai secondi violini in canone all'ottava il rapporto tra archi e fiati tocca il momento di maggiore espansione sonora, culminante in un episodio nuovo annunciato dai primi violini su un accompagnamento di valzer. Segue quindi un altro episodio più cantabile e disteso, affidato al clarinetto piccolo in mi bemolle, su un ostinato dei violoncelli e dei contrabbassi raddoppiati da fagotto e controfagotto, sorretti dai lievi rulli del tamburo. Un tocco di pungente ironia affiora con l'uscita del trombone, prima dell'esplosione conclusiva in tutta l'orchestra. L'Adagio del secondo movimento è bene articolato sotto il profilo strumentale, presentando soluzioni timbriche fantasiose e mutevoli con una serie di successioni solistiche. Dapprima è il sassofono soprano in si bemolle (subentra anche il sassofono baritono in mi bemolle) e poi ci sono gli assoli del primo violino e del flauto, quest'ultimo insieme ai corni. Altri assoli riguardano il clarinetto in si bemolle, il flauto e l'ottavino, sorretto dalle leggere armonie degli archi divisi.

La Polka è un Allegretto imperniato sulle gustose sonorità dello xilofono, in alternanza con il sassofono e il clarinetto piccolo in mi bemolle. È una pagina particolarmente lodata dagli studiosi della orchestrazione per l'elegante gioco solistico degli strumentini, sostenuto ora dai pizzicati degli archi e ora dagli interventi ritmici della percussione. Trombe da sole e la tuba, a distanza di due ottave, fanno sentire la loro voce prima dello scoppio finale dell'orchestra. L'ultimo movimento (Danse) è un Allegro basato sul ritmo sincopato degli archi, sostenuti dal pianoforte con tutti i legni che intonano all'unisono il tema principale, ben ritmato e marcato dall'intervento delle percussioni. Al contrario della Polka precedente, in questo movimento di danza conta la sonorità dell'orchestra nel suo insieme, anche se viene privilegiato il virtuosismo strumentale, che è alla base della scelta espressiva dell'intera suite, forse troppo ingiustamente dimenticata dai programmatori delle stagioni sinfoniche.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, piazza del Campidoglio, 24 luglio 1986


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Ultimo aggiornamento 19 settembre 2015