Sinfonia n. 4 in do minore, op. 43


Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
  1. Allegretto poco moderato
  2. Moderato con moto
  3. Largo - Allegro
Organico: 2 ottavini, 4 flauti, 3 oboi, corno inglese, 4 clarinetti, clarinetto piccolo, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 8 corni, 4 trombe, 3 tromboni, 2 basso tuba, timpani, triangolo, nacchere, wood-block, tamburello, piatti, grancassa, gong, xilofono, glockenspiel, 2 arpe, celesta, archi
Composizione: Leningrado, 26 Aprile 1936
Prima esecuzione: Mosca, Sala Bolshoi del Conservatorio, 30 Dicembre 1961
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Quest'opera è il punto d'arrivo d'un'intera fase creativa che ebbe a coincidere con l'avvio della carriera di Sostakovic come compositore: un inizio sfolgorante, contrassegnato da una formazione artistica ed intellettuale che si era grandemente arricchita a stretto contatto con le tendenze musicali più avanzate che avevano animato gli anni Venti, gli anni del primo dopoguerra sovietico. Dopo aver esordito brillantemente come pianista, ed esser giunto, appena diciannovenne, al secondo posto al Premio Chopin di Varsavia vinto da Lev Oborin nel 1925, Sostakovic abbandonò l'attività concertistica professionale per privilegiare la composizione e già il 12 maggio 1926 «fu acclamata a Leningrado la première della sua Sinfonia n. 1. Le caratteristiche di questo lavoro, dalla prodigiosa ricchezza di idee alla geniale estrosità del linguaggio, dalla freschezza e spontaneità d'invenzione ai moduli stilistici vivaci ed aggressivi, sottolineati da armonie dissonanti, da sonorità asciutte ed incisive, nonché da una ritmica angolosa ed aspra, collocarono Sostakovic tra i compositori più in vista della nascente musica sovietica, accanto a Prokof'ev, Miaskovskij, Sechter, Davydenko e Sebalin.

E tutta la produzione immediatamente successiva alla Prima Sinfonia, in qualsiasi genere musicale, compresa l'opera pianistica, ebbe a mostrare uno spiccato interesse per le multiformi esperienze dell'avanguardia europea dell'epoca, pur risultando altrettanto palese il suo impegno per un'arte "antiborghese e rivoluzionaria" sia nei contenuti sia nelle forme. Non per nulla il prediligere espressioni violentemente realistiche, anche nel frequente impiego di moduli stilistici occidentali stravolti però da una sarcastica parodia, era sempre in funzione della sua carica ideologica. Ed anche l'eclettismo del linguaggio risentiva l'influenza della molteplicità d'esperienze del teatro russo attorno agli anni Trenta, nell'ardente temperie creativa in cui confluivano nazionalismo e realismo, propaganda proletaria e cosmopolitismo.

Un altro esito creativo altamente qualificante di Sostakovic fu la realizzazione nel 1928 dell'opera Il naso su libretto di J. Preis da Gogol, un'opera scritta sotto l'influsso dello sperimentalismo "biomeccanico" del teatro della Gioventù Operaia ove furoreggiavano le regie di Mejer'hold e di Majakovskij. Assieme alla musica di scena, scritta per Klop (La cimice) di Majakovskij (1929) e dell'esperienza maturata durante l'allestimento del Revizor compiuta da Mejer'hold, Il naso è una violenta satira antiborghese alimentata da una musica tonalmente assai libera e di marcata forza caricaturale con ingegnose soluzioni fonetiche nell'aspetto vocale, mentre in orchestra si verifica un exploit di strumentazione virtuosistica che culmina nell'intervento solistico della percussione nella seconda scena.

Nella fervida ed irruente stagione creativa del giovane Sostakovic videro la luce, a breve distanza di tempo, la Seconda Sinfonia, poi la Terza Sinfonia nonché due balletti di soggetto politico, Zolotoj vek (L'età dell'oro) e Bolt (Il bullone), lavori improntati all'intento di mantenere l'ideologia proletaria nell'ambito d'un linguaggio musicale aggiornato. In particolare la Seconda Sinfonia, con l'intestazione "All'Ottobre: una commemorazione", e conosciuta la prima volta a Leningrado il 6 novembre 1927 sotto la direzione di Nikolaj Malko, è una composizione in un unico movimento, pur se vi si possono individuare certe suddivisioni interne contraddistinte dai frequenti mutamenti di stile e di tempo, con l'impiego, nella parte finale, di un coro misto per intonare un enfatico poema di A. Bezymensldj. Due anni più tardi Sostakovic scrisse la Terza Sinfonia che reca il sottotitolo "Primo Maggio" e fu eseguita il 21 gennaio 1930 a Leningrado, sul podio Aleksandr Gauk: uno stato d'animo d'esuberante allegria pervade l'intero lavoro, pure strutturato in un unico movimento, senza virtualmente alcun sviluppo tematico e con dovizia d'impiego, invece, della percussione, di aspri accordi, con gli ottoni in marcata evidenza, di bizzarre combinazioni strumentali sin quando il procedere martellante della musica cede il passo a un provocatorio effetto di glissando degli archi, nel preannuncio della conclusiva perorazione corale su testo di S. Kirsanov.

Già in quel tempo Sostakovic aveva cominciato a lavorare alla stesura della Lady Macbetk del distretto di M'censk su soggetto di Leskov - uno dei tanti ricorsi scespiriani della letteratura russa, come Il re Lear della steppa di Turgeneev o l'Amleto e la Tempesta di Cajkovskij - un'opera improntata ad una carica naturalistica insolita nei fiammeggianti colori, immersa in un'atmosfera sonora degna della più esagitata stagione espressionista, tragica e sensuale come una Lulu contadina. Sostakovic, protagonista allora dei "Laboratori sperimentali del teatro di stato" assieme a Sebalin e a Miaskovskij, scelse deliberatamente l'esaltazione della funzione rappresentativa della musica, per l'acuirsi in lui di una sensibilità immaginosa, orientata a sfruttare sino all'estremo le risorse mimiche della timbrica, anche di strumenti isolati, nel proposito di esasperare, secondo il retaggio sinfonico mahleriano, la connotazione psicologica dei personaggi.

Oltre che nel linguaggio, lo sperimentalismo di Sostakovic si applicava in sede di spettacolo nelle innovative soluzioni d'impianto scenico, quasi nell'emulazione del dinamismo del circo o nella successione di brevi episodi, suggeriti dalla tecnica di ripresa cinematografica: quindi, nell'opera, v'erano nove quadri avvinti assieme nei quattro atti da interludi orchestrali, premonitori sovente dell'incedere tematico della scena successiva, deformata per lo più in senso grottesco. Del resto, Sostakovic aveva seguito tutte le prove per la prima rappresentazione nell'Urss di Wozzeck a Leningrado nel giugno del 1927, alla presenza dello stesso Berg, nonché la prima esecuzione nella medesima sede di Jonny spielt auf di Krenek, e soleva frequentare tutte le manifestazioni d'avanguardia d'origine occidentale, anche nelle arti figurative. Sfortunatamente per lui la chiaroscurata situazione degli anni Trenta in Urss si faceva sempre più problematica, in procinto d'orientarsi ad una involuzione culturale in concomitanza dell'avvio dei nuovi piani quinquennali. «Voglio essere una vela gialla su una nave in viaggio verso il paese dell'avvenire» aveva scritto Esenin, e quella nave si era aperta la via tra le tempeste dei movimenti futuristi, accompagnata dai baluginanti manifesti di Chagall, dal meccanicismo ballettistico del Pas d'acier di Prokof'ev, del Bullone di Sostakovic e della Fonderie d'acier di Mosolov. Quindici anni dopo, la Rivoluzione ambiva a gettare le ancore, con il "ritorno ad Ostrovskij" propugnato da Lunacarskij e nella soddisfazione delle mete che credeva di aver raggiunto, anche perché nei confronti dell'Occidente, tutt'altro che rassegnato alla nuova realtà sovietica, conveniva mostrare il volto di una società monolitica, equilibrata nell'ordine.

La prima rappresentazione della Lady Macbeth del distretto di M'censk - allestita simultaneamente dal Teatro Maly di Leningrado e dal Teatro Nemirovic-Dancenko di Mosca il 22 gennaio 1934 - fu coronata da un vistoso successo, cui seguirono un centinaio di repliche non solo nella madrepatria ma all'estero, tra cui a Cleveland, New York, Stoccolma, Parigi, Londra, Praga, Zurigo, Copenaghen. Ma a due anni giusti dalla première, il numero della "Pravda" del 28 gennaio 1936 - mentre al Bol'soj era appena andato in scena un nuovo allestimento di quest'opera sotto la direzione di A. Melik-Pasa'ev - recava il tristemente famoso articolo "Confusione invece di musica", senza firma ma probabilmente suggerito dallo stesso Stalin, con la condanna della Lady Macbeth sotto l'accusa di "formalismo" e la precisazione che la musica «era formata di rumori puri e semplici e non di melodia e di passione». Imputazioni analoghe seguirono in un articolo del 9 febbraio della "Pravda" in merito al balletto L'onda limpida dello stesso Sostakovic. L'autore annotò nei suoi Taccuini: «Due attacchi della "Pravda" in dieci giorni: troppo per un uomo solo. Adesso più nessuno poteva dubitare che sarei stato eliminato, e devo riconoscere che quella prospettiva, fatale almeno per me, non mi ha più abbandonato. Da quel momento fui classificato come "nemico del popolo" e non ho bisogno di spiegare che cosa questo significasse a quei tempi. Tutti se lo ricordano. Ero stato bollato a voce alta e inequivocabile, dall'alto del podio. Su un giornale per un mio concerto fu pubblicato il seguente annuncio: "Oggi verrà eseguito un concerto del nemico del popolo Sostakovic"... Una valanga di lettere anonime mi preavvertiva che io, nemico del popolo, non avrei calcato a lungo il suolo sovietico e che le mie orecchie d'asino sarebbero state staccate assieme con la testa ... Ero completamente in balìa del terrore. Non mi sentivo più padrone dell'esistenza: il mio passato era stato cancellato d'un colpo solo, il mio lavoro annullato, le mie capacità si rivelavano prive di valore per chiunque».

Sia Lady Macbeth sia L'onda limpida scomparvero in tutta fretta dai cartelloni e Sostakovic decise di ritirare dalla programmazione anche la sua Quarta Sinfonia alla cui stesura aveva lavorato dal giugno 1935 al gennaio 1936, completandone l'orchestrazione il 27 maggio 1936, e che stava per essere eseguita la prima volta dalla Filarmonica di Leningrado sotto la direzione di Fritz Stiedry. Lo stesso Sostakovic ha precisato in proposito: «Che sarebbe successo se la Quarta fosse stata eseguita? La situazione non era solo grave, era tragica. Per di più, le prove di Stiedry non risultavano solo pessime, erano indecenti. Innanzi tutto, pure Stiedry era spaventato a morte, temendo di incorrere in pericolo di vita; in secondo luogo non manifestava alcun interesse a studiar la partitura di "un formalista segnato a dito". Ma cosa si intendeva per "formalismo"? La risposta era questa: "In arte il formalismo è l'espressione dell'ideologia borghese ostile allo stato sovietico. Il partito non cessa mai di vigilare e combatte ogni manifestazione, per quanto piccola, di formalismo"».

La conseguenza ineluttabile dell'ostracismo inflitto a Sostakovic nel 1936 fu, per il compositore, l'abbandono di qualunque iniziativa creativa nell'ambito della grande forma teatrale. E l'inizio d'un ripiegamento su se stesso che troverà nell'altra sua crisi col regime del 1948 una scelta definitiva, di rinunciare cioè a scrivere lavori per grande organico orchestrale a favore di musiche d'ambito cameristico o quasi. Ed il punto di rottura con le ambizioni della giovinezza fu proprio la vicenda occorsa alla Quarta Sinfonia.

Come ebbe a chiarire Rena Moisenko, con la Quarta Sinfonia Sostakovic si era proposto di dare una risposta ai suoi detrattori esaltando quegli aspetti della propria arte che in quell'epoca venivano posti sotto accusa. Sul piano immediato, però, l'intervento accusatorio di Stalin e del regime convinse il musicista che la lotta era vana e senza speranza d'affermazione: di qui l'amara decisione di sconfessare la sua opera, di ammettere le "imperfezioni" attribuitegli e di correre ai ripari. Invece della Quarta, riposta nel cassetto, Sostakovic presentò nel novembre 1937 a Leningrado la Quinta Sinfonia che pubblicamente sembrava conformarsi ai postulati del cosiddetto "realismo socialista" e mimetizzava ogni traccia degli influssi occidentali, qualificati come "formalistici", "sperimentali" e "decadenti", soprattutto di "origine borghese".

Soltanto il disgelo culturale iniziato da Kruscèv permise il recupero dei lavori del periodo "modernista" di Sostakovic. Fu Kirill Kondrascin a premurarsi di curare un'attenta preparazione della Sinfonia n. 4 e di dirigerne la prima esecuzione assoluta a Mosca il 30 dicembre 1961. Il successo ottenuto allora da questa partitura trovò pronto riscontro un anno dopo al Festival di Edimburgo 1962 e negli entusiastici consensi raccolti alla première in America il 15 febbraio 1963 a Filadelfia sotto la direzione di Ormandy e alla prima italiana del 6 marzo 1965, all'auditorio del Foro Italico per la stagione della RAI, sul podio Ferruccio Scaglia.

La Quarta Sinfonia è di vaste proporzioni e l'organico include sei flauti, quattro oboi, sei clarinetti, tre fagotti e un controfagotto, quattro trombe, otto corni, tre tromboni, due tube, due gruppi di percussioni, una nutrita batteria, due arpe, diciotto violini primi, sedici secondi violini, quattordici viole, dodici violoncelli, dieci contrabbassi.

Normalmente Sostakovic ha sempre nutrito grande rispetto nei confronti della tradizionale struttura sinfonica: sotto tale aspetto però la Quarta costituisce una chiara eccezione perché i due movimenti esterni risultano talmente lontani dal convenzionale schema sonatistico da far supporre che, al tempo della loro stesura, l'autore intendesse incamminarsi su un diverso itinerario artistico. Nel 1935, del resto, Sostakovic dichiarò una volta: «Sono consapevole di tutte le difficoltà, ma ritengo sciocco, futile e assurdo seguir sempre la via maestra della tradizione anziché il tracciato della propria ispirazione». E così fu con la Quarta Sinfonia che si articola in tre tempi.

Il lungo e vasto primo movimento, Allegro poco moderato. Presto, adotta una libera forma rapsodica, arricchita da una notevole varietà di temi e di idee spesso prospettati una volta sola e mai più ripresi, così come, del pari, sovente risultano ricusati lo sviluppo organico o la derivazione di motivi secondari dai soggetti principali, pur se parte del vigoroso tempo di marcia ricompare nell'episodio solistico del fagotto al termine del primo tempo, in funzione però più di reminiscenza che di ricapitolazione. Caratteristica dell'intero primo movimento è la successione di fantasmagorici episodi contrastanti, tra cui una sorta di Scherzo, una sezione lenta introdotta dall'assolo del fagotto, un episodio toccatistico dei legni nel tempo di 2/8 nonché un sorprendente e vertiginoso Presto fugato degli archi che richiede un virtuosismo supremo d'esecuzione ed è seguito da un ostinato della batteria, d'un'urgenza prolungata ed incalzante a perdifiato. Egualmente nel primo movimento si ascoltano agrodolci episodi cameristici impegnati a svolgere la funzione di gruppi tematici collaterali nel contesto di una discorsività sinfonica che assegna agli impulsi ritmici un peso determinante, oltre a permettere alle diverse voci della costruzione polifonica di differenziarsi il più,possibile.

Il secondo movimento, Moderato con moto, presenta un'articolazione tematica assai più concisa ed ordinata, denunciando scoperte influenze mahleriane in movenze ondulanti prossime al Laendler, con un motivo pastorale intonato dal clarinetto in si bemolle che conduce ad un vibrante acme espressivo, mentre il seguente secondo soggetto è enunciato dai primi violini, trascorrendo poi a varie sezioni e combinazioni strumentali. Ricompare il primo tema per un complesso sviluppo con sezione fugata, affidata inizialmente agli archi e poi, più brevemente, ai legni allo scoperto. Incalza, subito dopo, l'elaborazione sul materiale tematico del secondo soggetto, con l'impegno degli ottoni e dei legni, mentre tocca agli archi di dire l'ultima parola nelle urgenti figurazioni ritmiche. Una Coda ben costruita ripropone la prima idea che coinvolge l'intera sezione delle percussioni, nella varietà prolungata dei suoi effetti.

Il terzo movimento, Largo. Allegro, ha proporzioni smisurate, con l'indicazione Largo che contrassegna soltanto la prima parte del tempo perché ad essa succedono non meno di cinque altri episodi, più o meno autonomi nella visione globale pur se, nell'ambito di ognuno, il materiale tematico è al centro di accanite elaborazioni e beneficia di un dovizioso eloquio orchestrale. Il Largo prende le mosse con accenti tipicamente di segno mahleriano e sostanzialmente si basa sull'incedere di una marcia funebre enunciata dal fagotto solo e ripresa subito dagli altri fiati in eleganti figurazioni cameristiche, poi dall'oboe, dal flauto e dall'ottavino in aerei arabeschi mentre gli archi nel registro basso sono impegnati sullo sfondo. La transizione alla seconda sezione, segnata come Allegro, modifica il tempo in un 3/4 e favorisce l'infittirsi del tessuto strumentale. L'idea principale viene presentata all'unisono dai violini e dalle viole e, nel conseguente quadro sonoro, emerge con vibrante plasticità un prolungato ostinato, tipico di Sostakovic, per il quale tale disegno costituisce una delle principali risorse con cui vengono forzati gli effetti, a volte travolgenti, a volte allucinanti, a volte esasperati e lancinanti della Quarta Sinfonia. La terza sezione è di nuovo interamente pervasa da stilemi melodici e ritmici d'ascendenza mahleriana e delinea un'oasi liricamente serena che trascorre dai violoncelli con sordina agli archi nel registro acuto, disegnando un seducente tempo di valzer viennese, pur se non manca uno spolverìo di reminiscenze da Prokof'ev (specialmente dalla Sinfonia classica). Nel tempo di 2/4 è la quarta sezione in cui si ascolta uno Scherzo turbinoso e sardonico, quasi petulante, negli accenti ora scanzonati ora malinconici di singoli strumenti, dal fagotto al trombone. La sezione finale comprende tre ostinati successivi: dapprima sono i violoncelli e i contrabbassi che, per una quarantina di battute, ripetono una figurazione in staccato fino a sfumarla in un "morendo"; poi agli stessi archi si associano i due timpani nel martellìo, per 140 battute circa, di due note ripetute, come sostegno di un corale a larghissimo respiro eseguito dall'orchestra; un pedale di ben 240 misure sulla medesima nota "do" funge finalmente da sfondo ad una sorta di graduale annullamento della vicenda sonora. In particolare, per un centinaio di battute, i violoncelli restano inchiodati su un accordo di do minore, quasi il compositore fosse terrorizzato dall'imminente conclusione del lavoro. Il grandioso corale degli ottoni, una sorta di idea primigenia di inequivoca ascendenza tardo-romantica come soltanto Bruckner o Mahler avrebbero in precedenza potuto concepire, dopo aver coinvolto i legni, scema d'intensità nel progressivo assottigliarsi dell'organico strumentale. Una lunga Coda ripropone, ancora una volta, la reminiscenza dell'idea primigenia con gli accenti solistici della tromba e i reiterati arpeggi della celesta, poi la Quarta Sinfonia sembra aver esaurito tutta la sua carica espressiva nella dissolvenza del "morendo"; ma ancora sulla penultima battuta una corona tende a prolungare un estremo alito di vita, quasi oltre ogni limite umano.

Luigi Bellingardi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sinfonia n. 4, scritta a Leningrado fra il tardo 1934 e il 20 maggio 1936, segna un momente di profonda rielaborazione concettuale ed estetica nell'opera di Sostakovic. Abbandonato lo sperimentalismo e lo spirito anticonvenzionale delle opere giovanili, il compositore cerca ora di accostarsi alle direttive del realismo socialista, creando un'opera di vaste proporzioni, per grande orchestra, di carattere ponderoso e affermativo. La Sinfonia fu tuttavia eseguita per la prima volta soltanto il 30 dicembre 1961, nella Sala Grande del Conservatorio di Mosca dall'Orchestra Filarmonica di questa città diretta da Kiril Kondrasin: alla vigilia della prima, infatti, che avrebbe dovuto aver luogo a Leningrado al principio del 1936, Sostakovic ritirò la composizione, probabilmente in seguito alle feroci critiche che si erano abbattute sull'opera Lady Macbeth del distretto di Mszenk: furono necessari più di venticinque anni perché si creasse la situazione favorevole a un'esecuzione pubblica. Esiste, comunque una pagina manoscritta di partitura, intitolata Sinfonia n. 4, che non trova alcun riscontro nell'edizione a stampa. La Sinfonia è formata da tre soli movimenti. Il primo, Allegretto poco moderato, è un brano d'andamento rapsodico in cui compaiono ampie sezioni solistiche per gli ottoni, di carattere continuamente mutevole, ora magniloquente, ora ironico, ora lirico. Il secondo tempo, Moderato con moto, è il più breve e ha il carattere di uno scherzo. Il terzo e ultimo movimento, Largo, Allegretto, si articola in cinque sezioni; la prima è una marcia di tono lugubre e grottesco; la seconda è basata sulla ripetizione di un breve inciso ostinato; la terza è una sorta di valzer viennese deformato; la quarta si affida a sonorità clownesche dei fiati; la quinta è invece di tono più sereno, e si apre con un corale culminante in una grande perorazione a piena orchestra.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 23 Ottobre 1994
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001


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Ultimo aggiornamento 22 Luglio 2011