Sonata n. 3 in fa diesis minore, op. 23


Musica: Aleksandr Skrjabin (1872 - 1915)
  1. Drammatico
  2. Allegretto
  3. Andante
  4. Presto con fuoco
Organico: pianoforte
Composizione: 1897 - 1898
Edizione: M. P. Belaieff, Lipsia, 1898
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Io dò piena fioritura a ogni sensazione, ogni ricerca, ogni sete. Io vi innalzo, legioni di sensazioni, attività pura, creature mie. Io vi innalzo miei complicati, unificati sentimenti e vi abbraccio tutti come mia unica attività, unica estasi, beatitudine, mio ultimo momento. Io sono Dio". Parola di Skrjabin. Ma evidentemente anche gli dèi non resistono alla tentazione di umanizzarsi e così, a 26 anni compiuti, Skrjabin decide che è tempo di "sistemarsi". Nonostante il parere contrario di molti, sposa Vera Isakovic, una ragazza di bell'aspetto, eccellente pianista, di origine ebrea caraita convertita all'ortodossia russa (una pratica assai diffusa nella Russia zarista e antisemita). "Vera era ostinata, stretta di borsa e di cervello" - come dice il Bowers - e, con tutta evidenza, poco incline a condividere il temperamento tempestoso e le esaltazioni mistiche di Skrjabin. Il giovane compositore lo capì, troppo tardi ormai, durante il viaggio di nozze a Parigi tormentato dai continui, umani (troppo umani) lamenti della consorte, incinta. In questo contesto, tra il 1897 e il 1898, fu concepita la Sonata per pianoforte n. 3 in fa diesis minore op. 23.

Come la Prima Sonata, anche la Terza è articolata in quattro movimenti, ma si tratta di un'architettura formale da cui, almeno in ambito sonatistico, Skrjabin si allontana presto in favore di costruzioni più compatte: delle dieci Sonate per pianoforte, due sono ancora in due movimenti (la Seconda e la Quarta), le restanti sono invece in un unico movimento.

Secondo un programma redatto dallo stesso Skrjabin, la Terza Sonata dovrebbe esprimere il passaggio dell'anima attraverso una serie di vicissitudini: sofferenza, lotta, piacere; in mezzo a una tempesta si leva la voce dell'Uomo-Dio o dell'Uomo-Creatore, che grida un canto di vittoria, ma, ancora debole, ricade nell'abisso del nulla.

Al di là di un contenuto espressivo psicologico e soggettivo di stati d'animo personali (che in parte riflettono le derive sentimentali di cui sopra), a un più profondo livello la Sonata trae unità da elementi strutturali comuni a ciascuno dei quattro movimenti. Una figurazione puntata e un inciso di natura più melodica sono le cellule generative del primo tema del Drammatico con cui si apre la Sonata. Questo tema dal profilo tormentato e allo stesso tempo imperioso, in forte, sfocia in una seconda idea, in stile imitativo, cantabile e più dimessa sul piano dinamico. Compare al basso una frase che anticipa il tema principale del quarto movimento.

Figure puntate personalizzano anche il tema del breve Allegretto (informa di Scherzo), innestato su una insistente figurazione anapestica del basso (una elaborazione dell'inciso puntato): la sezione mediana, con grazia, introduce invece figure più agili e aeree in un gioco infantilmente imitativo.

Anche l'Andante, in forma di Lied tripartito, riprende figure precedenti (in particolare gli incisi iniziali del primo movimento) proiettandoli in un clima soffuso e delicato; il centrale doloroso (come è efficacemente segnato in partitura) introduce un contrappunto cromatico che si protrae nella riesposizione del tema iniziale avvolgendolo in una ancor più vaga colorazione armonica. Tema che, esposto un'ultima volta nella sua essenzialità, si lega senza soluzione di continuità al conclusivo Presto con fuoco, in forma di Rondò-sonata. Qui il contrasto è animato da un primo tema agitato e impetuoso, più volte ripetuto, e un tema Meno mosso dai toni più sereni, ma entrambi derivati nelle loro componenti strutturali dal Drammatico iniziale. Il movimento raggiunge il punto culminante in un Maestoso dai profondi accordi in fortissimo che riprendono il tema principale dell'Andante; quindi un breve diminuendo prelude a una stretta finale che si chiude con le ultime, lapidarie, scansioni della cellula tematica generativa.

Il matrimonio di Skrjabin si rivelò un disastro, ma Vera si rifiutò sempre di concedere il divorzio. "Tutto è mia creazione" - scriverà ancora Skrjabin - "Ma la creazione esiste solo nelle mie creazioni. Esse sono identiche tra loro. Io non sono nulla". L'Uomo torna ad essere uomo con la minuscola e il Divino vive solo nella sua creazione: non è propriamente una lezione teologica fresca di giornata ma è già qualcosa per il futuro autore del Prometeo che, dal 1905, andrà a vivere apertamente con un'altra donna.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Un gruppo di giovani è intento allo scarico notturno di angurie arrivate dal sud. Svolgono allegramente il loro lavoro, senza accusare la fatica o il disagio dell'ora: sono studenti, appassionati di musica, destineranno i loro guadagni per assistere ad un concerto di musiche di Scriabin. E' l'argomento di una poesia giovanile di Evtuschenko, "Stazione Merci di Mosca", e sta a dimostrare come in Russia le sorti di questo eclettico musicista non abbiano mai conosciuto eclissi, nonostante la sua fama di decadentista, ambiguamente allacciata tuttavia all'afflato universale nel nome della musica («Venite, popoli del mondo, e cantate un inno santo all'Arte!»).

Due grandissimi pianisti russi che non hanno mai perso occasione di professare la loro ammirazione per Scriabin, Richter e Ashkenazy (quest'ultimo, nella prefazione dell'ultimo libro del maggior biografo del compositore, Bowers, ammette di aver persino attraversato un periodo di acuto fanatismo), in questi ultimi decenni hanno provveduto a far circolare con insistenza e regolarità le musiche del loro connazionale in occidente, sempre meno sorprendendo e sempre più convincendo che non si trattava di scelte dettate dal virtuosismo.

La maggior parte della musica composta da Scriabin è rivolta al pianoforte (è una produzione monumentale, circa 200 lavori). Oltre a trovare nello strumento il mezzo più naturale per condurre le sue visionarie esplorazioni di atmosfere sonore, nel tentativo di oltrepassare la materia in un mistico e totale coinvolgimento degli umani sensi (i colori, i profumi oltre ai suoni), Scriabin fu uno dei più ricercati pianisti del suo tempo, mentre in Russia il solo Rachmaninov divideva con lui la supremazia assoluta. Aveva cominciato presto gli studi, con maestri di prim'ordine che gli avevano comunicato un certo gusto per la cura maniacale del tocco e della ricerca sonora. In principio, fu attivo soltanto come concertista: Bowers sostiene che gli inizi creativi di Scriabin sono stati rallentati dalla mancanza di punti di riferimento, per l'inesistenza di una tradizione pianistica nazionale (troppo sporadiche, infatti, le incursioni talvolta anche geniali in questo campo da parte di musicisti come Ciaikovsky, Balakirev, Glazunov, per far nascere una scuola). Non c'è dubbio però che Scriabin abbia ampiamente colmato questo vuoto, e che in particolare le sue 10 Sonate siano venute a collocarsi in una posizione di primo piano tra le musiche, non solo pianistiche, di questo secolo. La graduale rottura con il passato (che fece osservare alla poetessa Anna Achmatova, dopo un loro parziale ascolto, che «come il futuro matura nel passato, così il passato decade nel futuro»), è scandita attraverso il ventennio che separa la sonata iniziale dall'ultima.

Di tutte, la Prima e la Terza, con i loro quattro movimenti, sono anche le più corpose. In comune, hanno anche confessati contenuti autobiografici. Per quanto riguarda la Terza, l'autore si preoccupò di mettere sulla carta l'argomento: attraversando un mare di sensazioni diverse (piacere, lotta, sofferenza), l'Uomo-Dio - o Uomo-Creatore - fa sentire la sua voce, ma non è ancora abbastanza forte e si ripiega su se stesso annientato. Per più limpidi ragguagli, non sarà inutile sapere che la Terza Sonata venne scritta nel corso della luna di miele del primo sfortunato matrimonio.

Ivana Musiani

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La sonata per pianoforte solo, che era stata la forma maggiomente praticata dai compositori del periodo classico, durante il romanticismo viene considerata forma storicizzata anziché mezzo espressivo ordinario. Di fronte alle più che sessanta sonate di Haydn, alle più che cento di Clementi, alle diciassette di Mozart, alle trentadue di Beethoven, alle diciassette di Schubert, stanno Mendelssohn, Chopin, Schumann e Brahms con tre sonate ciascuno, e Liszt con una sola. Il vertice assoluto della sonata romantica è raggiunto appunto da Liszt, nel 1852-53. E dopo Liszt, per vari decenni, la sonata diventa estremamente rara, per lo meno presso compositori, di maggiore o minor importanza storica, non accademici. Si possono soltanto ricordare, nell'ambito della tradizione classico-romantica, le sonate di Grieg (op. 7, 1865), di Adolf Tensen (op. 25, 1870 circa), di Cajkovskij (op. 37, 1878, e op. 80, 1865, pubblicata postuma), e nell'ambito della tradizione lisztiana quelle di Julius Reubke (1857) e di Felix von Draeseke (op. 6, 1862-63).

Aleksandr Skrjabin è il primo compositore della fine dell'Ottocento che riprende a scrivere costantemente sonate per pianoforte. I suoi primi tentativi risalgono agli anni dell'adolescenza: la Sonata-Fantasia in sol diesis minore (1888) e la Sonata in mi bemolle minore (1887-89, incompiuta; il primo tempo diventerà, nel 1892, l'Allegro appassionato op. 4). Tra il 1891 e il 1892 Skrjabin scrive la Sonata n. 1 op. 6, e tra il 1892 e il 1897 la Sonata n. 2 op. 19; nel 1896 viene scritto l'Allegro di concerto op. 18, che è in forma di primo tempo di sonata.

La fase giovanile della creatività di Skrjabin si conclude con la Sonata n. 3 pp. 23, scritta tra il 1897 e il 1898. Skrjabin mantiene ancora la divisione tradizionale in quattro tempi (il terzo e il quarto sono collegati), seguendo anche, nelle linee generali, le forme tradizionali: primo tempo in forma-sonata classica, semplificata rispetto allo stadio di evoluzione a cui era stata portata da Brahms e da Franck nelle loro sonate per violino e pianoforte; secondo tempo in forma tipica di scherzo con trio; terzo tempo in forma di canzone; quarto tempo in forma-sonata. L'incipiente tendenza di Skrjabin a unificare la sonata, tendenza che si affermerà definitivamente dalla Sonata n. 5, è qui evidente da un unico particolare strutturale: la citazione, alla fine del terzo tempo, del primo tema del primo tempo. Particolarmente memorabili, nella Sonata n. 3, sono il primo tema del primo tempo, di scultoria plasticità, e il secondo tempo, fantastica marcia-scherzo, di spiccatissima individualità stilistica.

La Sonata n. 3 fu eseguita per la prima volta a Mosca, nel 1900, da Vseyolod Buyukli. Nel 1906 la compagna di Skrjabin, Tatjana Fëdorovna Schlözer, esegui la Sonata a Bruxelles, con il sottotitolo «Stati d'animo» e un programma che non ci pare molto interessante ma che riferiamo per dovere di cronaca. Nel primo tempo «l'Animo libero e indomito è immerso appasionatamente in un abisso di sofferenza e di lotta»; nel secondo tempo «l'Animo, affaticato dalla sofferenza, trova una tregua illusoria e momentanea nel canto, nei fiori»; nel terzo tempo «l'Animo fluttua in un tenero e malinconico mare di sentimenti, amore, pena, desideri»; nel finale «l'Animo avvelenato si sforza e lotta nella tempesta degli elementi scatenati. Dalle profondità dell'essere la voce dell'Uomo-Dio grida: il canto di vittoria risuona trionfante. Ma è ancora debole. Quando tutto è alla sua portata ripiomba, vinto, in un nuovo abisso del nulla». La Sonata fu poi eseguita da Joseph Hofmann, da Rachmaninov, da Sofronitzky, da Horowitz; oggi è tra le composizioni di Skrjabin più note e ammirate.

Piero Rattalino


(1) Testo programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 17 novembre 2005
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 2 aprile 1992
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro della Pergola, 8 maggio 1988


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Ultimo aggiornamento 6 aprile 2016