Sonata n. 10, per pianoforte, op. 70


Musica: Aleksandr Skrjabin (1872 - 1915)
Organico: pianoforte
Composizione: 1913
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1913
Guida all'ascolto (nota 1)

Al 1913, e precisamente all'estate, appartengono le ultime tre Sonate di Skrjabin, che rappresentano gli esiti più ambiziosi e avveniristici della sua produzione pianistica. Troviamo in questi lavori i tratti ricorrenti dell'ultimo Skrjabin, ovvero l'impiego di una piena atonalità e di un linguaggio sommamente cromatico, e l'aspirazione verso una dimensione simbolista rivolta verso molti differenti significati. Nel caso della Sonata n. 10 op. 70, l'idea base è quella di cogliere l'alito vitale della natura; non a caso si è spesso parlato di "Sonata degli insetti", a causa di alcune righe dell'autore che illustravano il contenuto dello spartito:

Gli insetti sono nati dal sole che li nutre. Sono i baci del sole, come la mia Decima Sonata, che è una Sonata d'insetti. Il mondo ci appare come una entità quando consideriamo le cose sotto questo punto di vista.

Questo messaggio pannaturalistico trova la sua ragion d'essere proprio all'interno del contenuto musicale. La Sonata si articola in un movimento unico - un breve Moderato introduttivo che precede un vasto Allegro - e segue la forma sonata. Nel Moderato fanno la loro comparsa i vari temi, primo fra tutti quello formato da due terze disgiunte e discendenti; l'indicazione très doux et pur serve a definire l'ambientazione diafana, quasi debussiana di questo inizio. Segue poi un nuovo tema cromatico, e viene quindi ripreso il tema in terze; a questo punto, sulle ultime battute dell'introduzione, Skrjabin introduce l'elemento più rilevante di tutta la Sonata, il trillo, che suona come un improvviso risveglio. Si passa così all'Allegro, dove compare un terzo tema, anch'esso cromatico ma discendente; questi tre temi principali sono dunque protagonisti della forma-sonata, vengono sviluppati con varie trasformazioni e poi riesposti nella ripresa; al termine torna l'inizio della intera Sonata. Ma questo percorso, descritto in questi termini, non rende assolutamente ragione del contenuto dello spartito, la cui straordinaria forza di comunicazione risiede proprio nel ricorso al trillo. Il trillo non è qui decorativo, ma elemento strutturale, tale da incunearsi nelle voci interne, da palesarsi alle voci superiori, da riapparire continuamente, anche sotto forma di tremolo accordale; è dal trillo che nasce la luce, la vitalità della Sonata di Skrjabin, l'inveramento del credo estetico del compositore.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 marzo 2007


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Ultimo aggiornamento 29 luglio 2014