Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per corno e orchestra, op. 11

oppure con accompagnamento di pianoforte

Musica: Richard Strauss (1864 - 1949)
  1. Allegro (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (la bemolle minore)
  3. Rondo Allegro (mi bemolle maggiore)
Organico: corno solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Monaco?, inizio 1883
Prima esecuzione: con pianoforte Monaco, Tonkünstlerverein, primi mesi del 1883 - con orchestra Meiningen, 4 marzo 1885
Edizione: J. Aibl, Monaco, 1884
Dedica: a Oscar Franz, primo corno dell'orchestra di Corte a Dresda
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Al periodo di formazione di Strauss ci riporta il Concerto per corno e orchestra n.1 in mi bemolle maggiore op.11, scritto a diciotto-diciannove anni. Sulla personalità di Strauss aveva esercitato una influenza determinante la figura paterna; Franz Strauss non era solamente primo corno presso l'orchestra di corte di Monaco di Baviera, ma anche uno dei più importanti cornisti-virtuosi del suo tempo, autore di brani da concerto e da studio per il suo strumento. Ovvio che, fin dalla più tenera età, il piccolo Richard venisse affidato nelle mani di qualificati insegnanti, e trovasse presto la sua strada di enfant prodige nel pianoforte e nella composizione.

Ovvio anche che i gusti familiari assumessero un ruolo prioritario nella formazione della personalità artistica del compositore in erba. Franz Strauss, che per il suo ruolo orchestrale era tenuto ad eseguire i soli di corno delle varie opere di Wagner che trovarono la prima esecuzione assoluta proprio a Monaco di Baviera, era un fervente antiwagneriano. In un mondo musicale, come quello austrotedesco degli anni Sessanta e Settanta del secolo, in cui vivissima era avvertita la contrapposizione fra il presunto vecchio e il presunto nuovo, ossia la vocazione classicistica di Brahms e la scuola neotedesca di Wagner e Liszt, Franz Strauss si opppneva strenuamente alla seconda tendenza, parteggiando per il classicismo brahmsiano. Non a caso ripetuti e violenti furono gli scontri con il principale alfiere del wagnerismo, il già ricordato Hans von Bülow, che non mancò di stigmatizzare il carattere duro e caparbio di Strauss padre, come anche di lodarne al sommo grado le capacità strumentali. Ironia della sorte, proprio Bülow avrebbe poi esercitato un ruolo essenziale nell'affermazione professionale di Strauss figlio, e un ruolo non marginale nella sua "conversione" alla corrente neotedesca.

Dalla quale corrente lo Strauss diciottenne, che nel 1882 - l'anno del Parsifal - metteva mano ai primi abbozzi del Concerto per corno, era ben lontano. Il Concerto in mi bemolle, primo dei due dedicati allo strumento a fiato - ma il secondo appartiene agli ultimi anni del maestro - nacque, nel volgere di parecchi mesi, come omaggio al padre, e venne infatti dedicato a Franz Strauss, che tuttavia non ne fu il primo interprete. La prima esecuzione avvenne, ancora in versione pianistica, nei primi mesi del 1883, ad opera di un allievo di Franz Strauss accompagnato al pianoforte dall'autore, che nei mesi seguenti si impegnò nella strumentazione; per una esecuzione completa si dovette aspettare il marzo 1885, quando il Concerto venne eseguito a Meiningen da Gustav Leinhos, sotto la direzione di Bülow; in questa seconda versione il lavoro venne dedicato a un altro insigne solista dell'epoca, Oscar Franz.

Non stupisce che il linguaggio musicale del Primo Concerto per corno subisca ancora la diretta influenza di certa entuasiastica letteratura romantica per lo strumento a fiato - come l'Adagio e Allegro op. 70 di Schumann - con la predilezione per un ampio melodizzare e un bilanciamento, fra solista e accompagnamento, che propende nettamente a favore del primo sul secondo. Eppure anche all'interno di questo contesto non è difficile riconoscere le caratteristiche di una personalità prepotente che, nel volgere di pochi anni, avrebbe offerto i primi frutti davvero maturi, per il carattere del tematismo, la sobria finezza del tessuto orchestrale, e alcune elisioni armoniche. Subito all'inizio il corno si effonde in un sonoro richiamo, che non è però il vero e proprio primo tema, ma dà piuttosto luogo a una sorta di prologo orchestrale; ancora il corno espone la lunga e plastica melodia che funge da prima idea; e la logica del tempo è più discorsiva, paratattica, che non elaborativa; nell'episodio centrale il solista dialoga con i legni, e il movimento confluisce poi senza soluzione di continuità in quello seguente.

Qui abbiamo un netto cambiamento di registro, una sorta di notturno elegiaco basato sul soffice accompagnamento degli archi e su una melodia cantabile su cui si inseriscono, in un secondo momento, i legni; non manca una sezione centrale più animata. Ma il Concerto converge verso il finale, un rondò che offre la sorpresa di presentare, come suo refrain - per quanto trasformato - il richiamo sonoro che aveva aperto l'intera partitura, e che chiarisce qui il suo significato ciclico; e tutto il movimento mantiene il dinamismo e la scorrevolezza dei movimenti di "caccia" che, da Mozart in poi, costituivano un autentico topos della letteratura per corno.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Richard Strauss, figlio del cornista Franz Joseph Strauss, primo corno dell'orchestra di Corte di Monaco di Baviera, prima di comporre, all'età di 18 anni, il «Concerto n. 1» in mi bemolle maggiore, per corno ed orchestra aveva già composto nel 1878 «Introduzione, Tema, e Variazioni» in mi bemolle maggiore, per corno e pianoforte, «Alphorn» per voce e corno (1879) e «Serenata» per 13 strumenti a fiato (1881). Influsso paterno e pratica individuale gli avevano, quindi, reso familiare l'anima e le sonorità di questo strumento cosî caro e prossimo alla sensibilité germanica.

Dopo 60 anni Strauss ritornerà (nel 1942 in piena guerra) al silvestre strumento, componendo il «Concerto n. 2 in mi minore per corno naturale ed orchestra» e il magistero, l'abilità tecnica, la sapienza architettonica e la scaltra manipolazione dei timbri, raggiunti in questo lungo periodo di tempo che porterà il maestro bavarese alla notorietà e alla fama internazionale, avranno un'eco nel secondo concerto per corno. Tale eco è percepibile attraverso una maggior fusione ed essenzialità che ne caratterizzano la struttura, mentre nel primo sono riscontrabili prolissità e squilibri, tipici di un concerto che, a detta di Dominique Jameux, «è, ad un tempo abile e maldestro, opera d'un maestro, che ammira Brahms, che vorrebbe far di piû senza sapere esattamente cosa».

Il critico francese, tuttavia, termina con una nota positiva: «Quanta vitalità e quanta freschezza, in compenso, circolano nel concerto!». L'aspirazione alla nettezza di taglio classico, è tuttavia, comune a tutti e due i concerti, ma naturalmente, è realizzata in «disparata guisa» per il differente dominio dei mezzi sonori, dovuto alla differente padronanza delle forme, forme in cui — secondo l'espressione di Romain Rolland — attraverso la spessa coltre della polifonia germanica traluce il disegno e la linea pura e sorridente delle rive italiane e delle ronde che vi risuonano.

Il «Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore, per corno ed orchestra» op. 11, dedicato al cornista Oscar Franz, fu eseguito, a Meiningen, nel marzo del 1885 dall'orchestra di corte, diretta da Hanz Von Bulow, solista Gustavo Leinhos.

Dopo alcune battute d'introduzione, seguite da alcune poderose note di richiamo dello strumento solista, riecheggiate, ancora, dall'orchestra, l'«Allegro» vero e proprio fiorisce sul corno con un motivo in cui il melos straussiano scorre gaio e trascinante, sfruttando, abilmente, il gioco di tutti i registri dello strumento, cui fanno eco con parsimonia ora i legni ora gli archi. Il motivo melodico risuona piû volte durante lo svolgimento, costituendo il tessuto fondamentale del tempo, giocando spesso di rifrazione con clarinetti e flauti nella chiave piû chiara e luminosa. Un dinamico balzo dell'orchestra sospinge, quindi, lo strumento solista a sgranare una successione di note acrobatiche rapide, in gara di lievità, particolarmente, con i flauti. Il tempo è chiuso da una stretta rigorosa dello strumento solista impegnato in una prova di magistero virtuoso.

Il secondo tempo è costituito da un «Andante» in tre quarti aperto dal tempo di marcia, moderatamente mosso, dell'orchestra. Estinte le ultime note di questa, il motivo rimbalza sullo strumento solista che lo varia in molteplici modi, ora evocando il remoto richiamo del corno da caccia nel labirinto verde della foresta ed ora suggerendo le festose fanfare dei cacciatori.

Nella seconda parte la voce del corno, mantenuto, prevalentemente nella chiave media, si vela di un'ombra di malinconia che sembra voler tradurre la tristezza di un lungo crepuscolo autunnale nel folto della selva.

L'ultimo tempo «Allegro» ripropone la tensione dinamica del primo, la cui fonte generatrice sembra inesauribile e che in effetti agisce da elemento connettivo nell'intera opera. Zone di calma distensiva s'avvicendano a momenti di particolare impegno motorio. L'orchestra, come nei due tempi precedenti, sostiene lo strumento solista con parchi interventi e il tempo e il concerto è concluso da un'ultima esibizione del corno che si frantuma in una pioggia di note dirompenti ove si ha un anticipo dello Strauss maturo, animatore di razzi sonori.

Vincenzo De Rito


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 20 marzo 1999
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 20 ottobre 1976


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Ultimo aggiornamento 10 febbraio 2019