Concerto n. 2 in mi bemolle maggiore per corno e orchestra


Musica: Richard Strauss (1864 - 1949)
  1. Allegro
  2. Andante con moto
  3. Rondo Allegro molto
Organico: corno solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Vienna, 28 novembre 1942
Prima esecuzione: Salisburgo, 11 agosto 1943
Guida all'ascolto (nota 1)

I due Concerti per corno e orchestra di Richard Strauss appartengono a due periodi opposti della creatività dell'autore - il primo venne scritto a 19 anni, il secondo a 78 - ma sono entrambi legati alla figura del medesimo solista: Franz Strauss, il padre del compositore, che esercitò una influenza determinante sul musicista in erba. Franz Strauss non era stato solamente primo corno presso l'orchestra di corte di Monaco di Baviera, ma anche uno dei più importanti cornisti-virtuosi del suo tempo, autore di brani da concerto e da studio per il suo strumento. Inoltre, pur essendo tenuto, per il suo ruolo orchestrale, ad eseguire i soli di corno delle varie opere di Wagner che trovarono la prima esecuzione assoluta proprio a Monaco di Baviera, era un fervente antiwagneriano. In un mondo musicale, come quello austrotedesco degli anni Sessanta e Settanta del secolo, in cui vivissima era avvertita la contrapposizione fra il presunto vecchio e il presunto nuovo, ossia la vocazione classicistica di Brahms e la scuola neotedesca di Wagner e Liszt, Franz Strauss si opponeva strenuamente alla seconda tendenza, parteggiando per il classicismo brahmsiano. Ovvio che il giovane Strauss - non ancora caduto sotto l'influenza del principale alfiere del wagnerismo, il direttore e pianista Hans von Bülow - scrivesse per il padre uno dei primi frutti maturi del suo ingegno, quel Concerto per corno op. 11 che tuttavia ebbe come primi interpreti altri solisti e venne poi dedicato a Oscar Franz. Sessant'anni più tardi, Strauss volle concepire un nuovo Concerto per corno, nella medesima tonalità di mi bemolle, pensato come omaggio alla figura paterna. Il compositore avrebbe voluto che la partitura fosse eseguita una volta soltanto, nel corso di una cerimonia commemorativa per il padre. La prima esecuzione ebbe luogo al Festival di Salisburgo, con il solista Gottfried von Freiberg e la Filarmonica di Vienna diretta da Karl Böhm, nel 1943, in piena guerra. Non è certo un caso che in quegli anni Strauss componga diversi lavori strumentali che, con il loro diatonismo, sembrano guardare al passato, a un recupero della classicità che è personalissimo, e nulla ha a che fare con le correnti neoclassiche fra le due guerre. La trasparenza della scrittura e lo sguardo verso Mozart e Rameau sono in realtà un'evasione rispetto al clima bellico e agli orrori della dittatura militare.

In questa prospettiva si inserisce dunque il Secondo Concerto per corno, in cui si fondono memorie familiari e recupero della classicità. Un recupero che, comunque, non può ignorare il tempo trascorso dal Primo Concerto, dove prevaleva ancora un certo entusiasmo di matrice romantica. Basta ascoltare l'esordio della partitura, dove i festosi e incisivi richiami dello strumento solista, accompagnati dai soli archi, che spesso si alternano con il corno, appaiono come sospesi in un flusso che lascia emergere solo a tratti precise scansioni ritmiche. Solo in un secondo momento interviene l'orchestra intera - flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni - e particolamente efficace è la sezione dello sviluppo che vede i vari legni a rotazione impegnarsi in duetti ed intrecci con il solista. Davvero novecentesca è insomma la logica per cui il solista procede per slanci ellittici, che illuminano in modo sempre rinnovato pochi spunti di base.

Senza soluzione di continuità si scivola nel secondo movimento, un Andante con moto, preparato da una adeguata introduzione orchestrale, che è un vero notturno, in cui il corno si lancia in una limpida e astratta melodia; ma il momento più enigmatico è nella breve sezione centrale, quando sul finissimo tessuto degli archi il corno staglia poche icastiche frasi interrogative, prima di una ripresa abbreviata. Si arriva così al finale, un Rondò in 6/8 aperto dalle festose fanfare del corno solista; non è difficile vedere, in questo movimento, una rievocazione dei Rondò finali dei Concerti per corno di Mozart, dove vengono rielaborati stilemi "di caccia", cioè impiegati dal corno per i richiami nelle battute di caccia. Ma questi stilemi sono come riecheggiati attraverso una rielaborazione di grande complessità, che diventa una prova di bravura non solo per il solista, impegnato al massimo delle possibilità di espressione, duttilità, virtuosismo dello strumento, ma anche di un gusto trapuntato dell'intreccio fra il corno e l'intera orchestra, che chiude con un ultimo slancio entusiastico l'intera partitura.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 febbraio 2004


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Ultimo aggiornamento 11 luglio 2012