Serenata in mi bemolle maggiore per 13 strumenti a fiato, op. 7 (TRV 106)


Musica: Richard Strauss (1864 - 1949)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 4 corni, 2 fagotti, controfagotto o bassotuba
Composizione: Monaco, 11 Novembre 1881
Prima esecuzione: Dresda, 27 Novembre 1882
Edizione: J. Aibl, Monaco, 1882
Dedica: Friederich Wilhelm Meyer
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Serenata in mi bemolle op. 7 di Richard Strauss vide la luce l'11 novembre del 1881, quando il suo autore aveva solo diciassette anni. Opera giovanile dunque, chiaramente ispirata ai modelli classici (Mozart su tutti) ma già matura nel gusto sonoro, nella scelta raffinata degli impasti timbrici, nella capiente strumentazione. L'organico prevede 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni e un controfagotto: a differenza delle opere di Dvorak e Brahms, Strauss non utilizza gli archi ma soprattutto non utilizza materiali motivici di chiara matrice popolare (Dvorak) o di semplice ispirazione popolare (Brahms). La Serenata op. 7. in un solo movimento (Andante), è un piccolo gioiello di stile, equilibrio formale e bellezza sonora che merita senz'altro di essere posta accanto alle opere più famose del musicista tedesco.

L'Andante si apre con un tema delicatissimo esposto dai legni, che ricorda certe sonorità del Flauto magico di Mozart; una brevissima transizione conduce al secondo tema, più animato e melodico. L'Esposizione sì chiude con una frase discendente a pieno organico, che prepara un assolo dell'oboe, una sorta di ricamo melodico svolto intorno al secondo tema. Lo Sviluppo è interamente incentrato sul secondo tema, ma presenta anche lo spunto in ritmo puntato della transizione. Per la Ripresa,Strauss ci riserva una piccola sorpresa: sono ora corni e fagotti a esporre il primo tema, conferendogli un alone timbrico più scuro e intenso. Al ritorno del secondo tema, canonicamente esposto nella tonalità d'impianto, segue una delicata Coda che conclude sommessamente questa esemplare pagina.

Alessandro De Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La fama di Richard Strauss esplose sul piano internazionale con i tre poemi sinfonici Aus Italien (Dall'Italia, 1886), Don Juan (Don Giovanni, 1887-88) e Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione, 1888-89) che imposero con prepotenza all'ammirazione del pubblico e all'attenzione dei musicisti nell'epoca definita dei post-wagneriani e dei post-brahmsiani la travolgente personalità artistica di questo «barbaro dagli occhi cerulei», come lo definì D'Annunzio. Quella ricchezza prodigiosa di splendori timbrici e quella opulenza di figurazioni descrittive che sono alla base di questa trilogia di poemi sinfonici (ma la gloria di Strauss è legata a numerose altre composizioni sinfoniche, cameristiche e teatrali di notevole valore tecnico ed espressivo, al di là dell'adesione o meno al suo credo estetico) si imposero all'attenzione di tutti e provocarono un interesse straordinario intorno a questo musicista bavarese robusto e dai nervi di acciaio, capace di un'attività instancabile e quasi febbrile, sin da quando era studente al Ludwigsgymnasium della sua città e si applicava, tra lezioni di pianoforte e di violino, allo studio della composizione e della strumentazione. Proprio a quel periodo risalgono diversi lavori interessanti, se non del tutto originali, per capire la matrice culturale e musicale di Strauss, il cui «caso» non esplose all'improvviso e senza progenitori artistici. Apparvero allora, tra il 1881 è il 1882, un paio di ouvertures da concerto, la Sinfonia in re minore la Festmarsch op. 1 per orchestra, un Quartetto in la maggiore per archi op. 2 e la Serenata per 13 strumenti a fiato op. 7, eseguita il 2 novembre 1882 a Dresda sotto la direzione di Franz Wüllner; tra gli spettatori presenti al Tonkünstlerverein c'era anche il celebre Hans von Bülow, tra i primi a riconoscere il talento del giovane Strauss, tanto da volerlo vicino a sé prima come sostituto e poi come direttore d'orchestra a Meiningen.

La Serenata è in un solo movimento (Andante), della durata di 10 minuti, e risente molto del classicismo di gusto mendelssohniano e brahmsiano sia nella scelta della forma sonata (esposizione del tema principale e del tema secondario, sviluppo, ripresa e coda) che nella qualità del discorso melodico, quanto mai chiaro e scorrevole. Tutto è ben armonizzato e fuso nel gioco strumentale ad incastro fra due flauti, due oboi, due clarinetti, quattro corni, due fagotti e controfagotto o basso tuba.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Terminata l'11 novembre 1881 da un Richard Strauss poco più che diciassettenne, la Serenata in mi bemolle maggiore op. 7 per tredici strumenti a fiato ha svolto un ruolo non secondario nell'economia dell'affermazione del compositore bavarese. Nonostante la sua giovanissima età, in quello stesso anno Strauss aveva già avuto la soddisfazione di vedere pubblicati il suo Festmarsch per orchestra, apparso come op. 1 per i tipi della Breitkopf und Härtel di Lispia, e il Quartetto in la maggiore per archi, edito come op. 2 dalla casa Aibl di Monaco: il che non era davvero poco per un ragazzo che ancora studiava al Ludwigsgymnasium di Monaco. Tanto più che Eugen Spitzweg, fiduciario della casa editrice Aibl, mostrava interesse per altre sue composizioni, in particolare per i Fünf Klavierstücke che inviò in visione all'amico Hans von Bülow, il grande pianista e direttore d'orchestra che era stato allievo e poi genero di Liszt. Il giudizio di Bülow giunse in una lettera scritta da Meiningen il 22 ottobre del 1881: «I Klavierstüicke di Richard Strauss non mi sono piaciuti affatto: immaturi e saccenti. Al paragone, Lachner è un autentico Chopin quanto a fantasia. Non trovo il minimo segno di giovinezza nell'inventiva di questo autore. Tutt'altro che un genio, secondo la mia intima convinzione; al massimo, un talento, come se ne trovano a carrettate agli angoli delle strade. Non pretendo d'imporre a nessuno questo mio parere: rispondo soltanto alla tua domanda».

I Fünf Klavierstücke furono comunque pubblicati dalla Aibl come opera 3, ma il giovane Strauss probabilmente non avrà accolto con piacere il raggelante giudizio dell'illustre maestro; forse però la severità di quelle parole era sostanzialmente in sintonia con un'evoluzione già in atto nel suo animo, visto che da questo momento le sue composizioni iniziano ad affrancarsi dagli influssi dei grandi romantici e piegano verso uno stile più personale, come dimostra proprio la Serenata in mi bemolle maggiore cui stava lavorando in quei giorni e che terminò meno di tre settimane dopo.

Nel novembre seguente anche la Serenata fu pubblicata da Aibl e grazie ai buoni auspici di Spitzweg ebbe la sua prima esecuzione a Dresda, sotto la direzione di Franz Wüllner - che aveva diretto la prima assoluta di Das Rheingold nel 1869 e di Die Walküre nel 1870 - in una matinée a inviti; poco tempo dopo, il 5 gennaio del 1883, Wüllner presentò di nuovo la Serenata in un concerto pubblico al Gewerbehaussaal di Dresda. Nel frattempo Hans von Bülow stava cambiando opinione sul giovane Strauss. Nell'autunno del 1883 Eugen Spitzweg gli aveva inviato la partitura della Serenata e Bülow, inaspettatamente, l'aveva molto lodata giungendo al punto di esprimere l'intenzione di programmarne l'esecuzione a Meiningen. Avvisato da Spitzweg, il diciannovenne Strauss volle subito ringraziare il maestro e il 3 dicembre gli scrisse: «Sono immensamente felice del grande onore toccato al mio piccolo lavoro di principiante». Ma le sorprese per Strauss non erano finite: il 26 dicembre 1883 Hans von Bülow diresse a Meiningen la Serenata op. 7, che fu ottimamente recensita sulla stampa locale. L'Orchestra di Meiningen eseguì ancora il pezzo il 18 gennaio a Worms e il 20 a Neustadt sotto la bacchetta di Bülow e infine anche a Berlino, il 27 febbraio, questa volta sotto la direzione del sostituto di Bülow, Franz Mannstädt.

Bülow doveva finalmente aver compreso le potenzialità del giovane Strauss: non solo gli offrì l'opportunità di dirigere personalmente, il 18 novembre del 1884 all'Odeon di Monaco, un nuovo lavoro affine alla Serenata, la Suite in si bemolle maggiore per tredici strumenti a fiato, ma nel proporre all'impresario viennese Albert Gutmann un programma per un suo concerto con l'Orchestra di Meiningen inserì, accanto a musiche di Berlioz, Beethoven e Brahms, la Serenata di Strauss, che veniva presentato come «un giovane di Monaco, di scuola classica». Ancora pochi mesi e Bülow avrebbe proposto al giovane collega di seguirlo a Meiningen per rimpiazzare il suo assistente Franz Mannstädt; i Fünf Klavierstiicke erano ormai dimenticati e tutto questo era iniziato proprio grazie alla Serenata op. 7.

Anche se molti anni dopo, nel 1909, l'autore stesso la definì «nient'altro che un decoroso lavoro di uno studente di Conservatorio», la Serenata in mi bemolle maggiore - scritta per un organico che impegna due flauti, due oboi, due clarinetti in si bemolle, quattro corni (due in mi bemolle e due in si bemolle), due fagotti e un controfagotto (sostituibile con un basso tuba, o un contrabbasso) - è un piccolo gioiello in un solo movimento (Andante) costruito su due temi principali che però non si contrappongono nettamente l'un l'altro innescando una dinamica basata sul conflitto. In questa breve pagina di attica levigatezza le accensioni romantiche dei lavori adolescenziali, così come i turgori sonori e i gesti che ben presto sostanzieranno la musica di Strauss, sembrano lontani anniluce: vi si respira semmai lo stesso profumo di pace domestica e di serena semplicità che anima un altro piccolo gioiello per tredici strumenti, il wagneriano Idillio di Sigfrido.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal libretto del CD AM 123-2 allegato alla rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 22 aprile 1983
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 20 novembre 2014


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Ultimo aggiornamento 4 dicembre 2014