L'oiseau bleu

Riduzione per piccola orchestra del Pas-de-deux da "La bella addormentata" di Caikovskij

Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
  1. Adagio
  2. Variazione I - Tempo di Valse
  3. Variazione II - Andantino
  4. Coda - Con moto
Organico: flauto, oboe, 2 clarinetti, fagotto, corno, 2 trombe, 2 tromboni, timpani, pianoforte, archi
Composizione: 1941
Edizione: Schott, Magonza, 1953
Guida all'ascolto (nota 1)

«Questa versione per orchestra da camera del Pas-de-deux dal balletto La bella addormentata di Ciaikovski, danzata da diverse compagnie di balletto sotto il titolo L'uccello azzurro, è un mio adattamento per il ristretto gruppo strumentale da esse impiegato. Per ottenere un normale equilibrio consiglio un organico di cinque violini, quattro viole, tre violoncelli e due contrabbassi al minimo». Così annota Stravinsky nell'edizione a stampa della partitura della sua riduzione del Pas-de-deux ciai-kovskiano, che prevede oltre agli archi l'impiego di un flauto, un oboe, due clarinetti, un fagotto, un corno, due trombe, due tromboni, timpani e pianoforte. Queste poche parole, a parte il loro valore di indicazioni tecniche, anzi proprio perché di pure indicazioni tecniche si tratta, lasciano comprendere come questo «arrangiamento», datato 1941, fosse stato compiuto da Stravinsky per ragioni eminentemente pratiche, o al più come una cortesia professionale per una compagnia di balletto. E infatti almeno esternamente questo Oiseau bleu non presenta caratteri tali da poter essere ammesso fra le composizioni originali di Stravinsky, com'è invece il caso delle «ricreazioni» di musiche altrui compiute durante il periodo neoclassico di Stravinsky: e fra queste esempi clamorosi come il Pulcinella da Pergolesi (1919) e Il bacio della fata appunto da Ciaikovski (1928). L'oiseau bleu è una ristrumentazione che lascia inalterato il tessuto compositivo dell'originale, limitandosi a mutarne l'aspetto sonoro. Eppure è ovvio che l'attenzione dell'ascoltatore si appunterà proprio su quest'ultimo, ossia sull'intervento operato da Stravinsky, piuttosto che sulla musica di Ciakovski; che a prescindere dal suo valore compare qui come un semplice estratto da un lavoro ben altrimenti ampio, e che difficilmente si offre alla valutazione se separato dal suo contesto. La bella addormentata, del resto, pur essendo partitura più che pregevole, resta il meno felice, o comunque il meno importante e fortunato dei tre grandi balletti composti da Ciaikovski; fra i quali occupa, cronologicamente il secondo posto, essendo nato nel 1888-89, ossia tredici anni dopo Il lago dei cigni (1875-76) e tre prima dello Schiaccianoci (1891-92). Due lavori, questi, che sembrano sopravanzare alquanto La bella addormentata, che non eguaglia la fascinosa proiezione fantastica del primo né presenta la stessa modernità di intuizioni timbriche dell'altro.

Il vero interesse di questa revisione sta nel fatto che essa segna l'ultima manifestazione concreta dei rapporti di Stravinsky con la musica di Ciakovski, che ancora da vecchio avrebbe ricordato affettuosamente come «l'eroe della mia infanzia», serbando vivissima la memoria della serata pietroburghese in cui, undicenne, aveva avuto occasione di vedere di persona il celebre musicista, che sarebbe morto di lì a due settimane. Per tutta la vita Stravinsky affermò la sua simpatia e la sua stima - non priva ovviamente di riserve, per l'arte del maggiore fra i compositori russi «occidentalizzati»; contrapponendola polemicamente all'«orientalismo da ufficio turistico del Gruppo dei cinque». Non per nulla anche nel periodo cosiddetto «russo» il cosmopolita Stravinsky aveva riaffermato questo aggancio ideale dedicando nel 1922 la partitura di Mavra «A la mémoire de Pouchkine, Glinka et Tschaikovsky», quasi a proclamare che un genuino carattere russo non poteva che manifestarsi sotto il segno di una cultura europea. Del resto già nel '21, Stravinsky si era accostato direttamente alla musica di Ciaikovski, e proprio strumentando, per conto di Diaghilev, due brani della Bella addormentata che Ciaikovski aveva espunto dalla partitura d'orchestra. Sicché non stupisce che a quasi sessant'anni, e ormai saldamente affermato fra i più importanti compositori viventi, Stravinsky abbia accettato di compiere un'altra volta un lavoro del genere. Solo che, com'è ovvio, il suo intervento non rimase costretto nei limiti modesti di chi si sforza di adattare a un piccolo complesso strumentale ciò che è scritto per un'orchestra nutrita, magari con l'intento di far sì che nessuno se ne accorga, e dunque con lo scrupolo di recare il minor danno possibile alla sostanza dell'originale: del resto, in questo caso, Stravinsky non lavorò sulla partitura d'orchestra di Ciaikovski, che non aveva a disposizione, bensì «sulla base di una riduzione per pianoforte e della mia povera memoria; dovetti inventare quello che non mi era possibile ricordare sulle scelte strumentali proprie di Ciaikovski. Quella strumentazione era stata commissionata per un'orchestra [quella del Ballet Theatre] che aveva dovuto ridurre il proprio organico a causa della guerra». Nella sicurezza con la quale in questa revisione sono individuati e sfruttati i timbri strumentali e le proporzioni sonore sta ben di più che l'abilità di un musicista esperto dei trucchi della professione (anche se nella poetica di Stravinsky questo era aspetto tutt'altro che secondario): nella creazione di nuove prospettive e nuovi rapporti di timbri e volumi Stravinsky compie, ancora una volta, una di quelle operazioni di assimilazione, appropriazione e in ultima analisi creazione in parte nuova che con assai maggior profondità d'intervento ha operato altre volte su un dato musicale preesistente, esaltando, come nessun altro in questo secolo ha saputo fare, le possibilità poetiche di azioni altrimenti riconducibili a semplici termini d'artigianato, se non di mero mestiere.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 4 aprile 1981


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Ultimo aggiornamento 24 novembre 2017