Apollon Musagète

Balletto in due scene

Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
Libretto: Adolph Bolm
1° quadro: prologue, naissance d'Apollon
2° quadro: variation d'Apollon, pas d'action, variation de Calliope, variation de Polymnie, variation Terpsichore, variation d'Apollon, pas de deux, coda, apothéose
Organico: archi
Composizione: Nizza, luglio 1927 - 20 gennaio 1928 (revisione 1947)
Prima rappresentazione: Washington, Library of Congress, 27 aprile 1928
Edizione: Édition Russe de Musique, Parigi, 1928
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel contesto del peculiare ambiente culturale che s'era costituito a Parigi tra le due guerre mondiali, e specificatamente negli anni a cavallo tra il secondo e il terzo decennio del Novecento, attorno ai temi dell'antichità greca classica e dei rimandi mitologici connessi con le correnti estetiche che facevano capo al cosiddetto neoclassicismo, maturarono varie e singolari esperienze artistiche che produssero numerosi e stimolanti frutti nella coeva letteratura musicale, dall'Antigone di Honegger su testo di Cocteau all'Oedipus Rex di Stravinsky su testo di Cocteau-Daniélou, all'Enlèvement d'Europe di Milhaud (primo pannello d'un trittico che si completerà con L'abandon d'Ariane e La délivrance de Thésée, sui testi di Henri Hoppenot) del 1927, all'Amphion di Honegger su testo di Paul Valéry e al Bacchus et Ariane di Albert Roussel, un balletto per la coreografia di Lifar e la scenografia di De Chirico.

In tale milieu artistico, improntato ad un'estrema raffinatezza di gusto e di tratto, venne ad inserirsi l'apparizione dell'Apollon Musagète. Sulla genesi di questo balletto fu prodigo di notizie lo stesso Stravinsky, spiccatamente nelle "Croniques de ma vie" (Paris, 1936). Al principio dell'estate 1927 Stravinsky ricevette la commissione dalla Fondazione Elizabeth Sprague Coolidge di scrivere un balletto per un festival di musica contemporanea in programma alla Library of Congress di Washington. Precisò il musicista: «C'era la massima libertà sulla scelta del soggetto, il compenso era di mille dollari, le uniche condizioni riguardavano il numero limitato di danzatori e la durata non superiore alla mezz'ora». Quell'occasione Stravinsky decise di non lasciarla assolutamente cadere, dal momento che già da qualche tempo «coltivava l'idea di scrivere un balletto basato su momenti o episodi della mitologia greca interpretati plasticamente da ballerini della cosiddetta scuola classica». Per realizzare il suo progetto Stravinsky scelse, come argomento, il tema di Apollo Musagete, decidendo di ridurre il numero delle Muse da nove a tre: Calliope che raffigurava la poesia e il ritmo, Polimnia che rappresentava il mimo e Tersicore che, riunendo assieme il ritmo della poesia e l'eloquenza del gesto, s'identificava nella danza. L'articolazione del soggetto comprendeva due quadri, il primo, coincidendo con il prologo, si sarebbe rapportato alla nascita di Apollo a Delo, mentre il secondo quadro doveva prospettare la successione di nove danze allegoriche per Apollo e le tre muse, nel corso delle quali la divinità, dopo averle esibite con i caratteri emblematici delle loro arti, le avrebbe guidate al Parnaso.

La composizione della partitura si svolse a Nizza tra il luglio 1927 e il gennaio 1928. Aggiunse Stravinsky: «Allorché, nella mia ammirazione per la bellezza lineare della danza classica, pensavo ad un balletto di questo genere, la mia mente andava soprattutto a quello che viene chiamato il ballet blanc, in cui si rivela, secondo me, l'essenza di quest'arte in tutta la sua purezza. Vi scorgevo una meravigliosa freschezza, il prodotto dell'assenza di ogni attrattiva policroma e di ogni sovrabbondanza». Nella scelta d'un linguaggio idiomaticamente coerente all'assunto, Stravinsky accennò all'Apollon come ad «un omaggio al Seicento francese». E aggiunse: «Ritenevo che i francesi lo potessero comprendere a volo, se non dalla mia versione musicale del verso alessandrino, almeno dalle scene: il carro, i tre cavalli e il disco del sole per simboleggiare le Roi soleil». Nei "Dialogues and a Diary" (Londra, 1961), Stravinsky, al riguardo, aggiunse: «Il vero soggetto di Apollon è la versificazione, che per i più significa qualcosa di arbitrario e di artificiale. Gli schemi ritmici principali sono giambici, e le singole danze si possono considerare come variazioni del metro giambico, in ritmo puntato e nel suo inverso».

Nel Primo quadro (Prologo) il ritmo puntato conferisce alla introduzione una solennità ampia e solenne da ouverture alla Lulli: il lento incedere strumentale conduce, con moto ascensionale, al tema principale in mi maggiore, per compiere poi l'itinerario inverso. Dopo un passaggio cadenzale, si ascolta una danza (Allegro) delle due dee, presentata in forma di duetto e che annuncia il ritorno dell'idea in do maggiore quando la dea guida Apollo verso l'Olimpo.

Il Secondo quadro si apre con la Prima Variazione di Apollo: una cadenza per violino solo si trasforma poi in un duetto per due violini solisti con accompagnamento in pizzicato. Anche qui il tono è austero nella ripetizione delle medesime formule melodiche in ritmo puntato. Dopo il Pas seul, appaiono Calliope, Polimnia e Tersicore: segue un Pas d'action per tutti e quattro. Il carattere è di stile barocco e il principio della variazione coinvolge anche la timbrica con una raffinata varietà di sfumature. La Variazione di Calliope si basa sul ritmo dell'alessandrino, con la melodia divisa in frasi in metro giambico. La Variazione di Polimnia è un Allegro dall'incedere veloce, mentre la Variazione di Tersicore, in tempo Allegretto, comprende quattro fermate che corrispondono, nel balletto, alle attitudes della danzatrice. Subentra una seconda Variazione di Apollo nell'impegno esecutivo dell'intero organico, con un breve episodio per quintetto solista. Il Pas de deux per Apollo e Tersicore è un Adagio d'intenso carattere espressivo, con gli archi con sordina salvo il contrabbasso. La Coda per Apollo e le tre Muse, per contrasto, ha un incedere vivace.

L'Apoteosi, in cui Apollo guida le Muse verso il Parnaso, ripropone il clima e l'andamento solenni dell'Introduzione e del Prologo: dopo alcuni ostinati, l'atmosfera musicale, dando l'impressione d'una sorta di rotazione circolare, approda ad una dissolvenza crepuscolare.

Il primo allestimento di Apollon Musagète andò in scena il 27 aprile 1928 a Washington con la coreografia di Adolph Bolm e con scene e costumi di Nicholas Remissoff: tra gli interpreti, Ruth Page come Tersicore. La prima esecuzione europea fu ad opera dei Ballets Russes al Théàtre Sarah Bernhardt di Parigi il 12 giugno 1928 con la coreografia di Balanchine, scene di André Bauchant, protagonista, come Apollo, Serge Lifar, mentre le tre Muse erano la Danilova, la Cerniceva e la Dubrovska. In proposito, Balanchine notò: «Guardo all'Apollon come alla svolta decisiva della mia vita. Con la sua disciplina e il dominio che implicava, la sua sostenuta unità di tono e sentimento, la partitura era una rivelazione. Sembrava dirmi che non potevo osare ad utilizzare tutto, che anch'io avrei dovuto procedere ad eliminare il superfluo... La danza, come la musica, deve saper trovare la sua economia, la sua unità di stile. Esistono rapporti tra i movimenti come fra i colori e i suoni: alcuni sono incompatibili con altri. Occorre lavorare in uno spazio ben delimitato».

Nel 1947 Stravinsky curò la pubblicazione da Boosey & Hawkes d'una revisione di Apollon Musagète, con limitate rettifiche di fraseggio e dinamica nelle indicazioni strumentali.

Luigi Bellingardi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel 1927 Stravinsky ricevette dalla «Library of Congress» di Washington l'incarico di comporre un balletto destinato ad un Festival di musica contemporanea, con le sole condizioni che il lavoro durasse non più di mezz'ora e potesse essere rappresentato con un ristretto numero di esecutori. Stravinsky stesso ha narrato come questa commissione lo spingesse a realizzare una idea che da tempo lo tentava: un balletto ispirato a qualche momento o episodio della mitologia greca, la cui plasticità avrebbe dovuto essere trasfigurata dalla danza cosiddetta classica. La scelta dell'argomento cadde sulla figura di Apollon Musagète (= condottiero delle Muse), restringendo l'ambito del mito alle tre sole Muse Calliope, Tersicore e Polimnia, in un certo senso quelle che meglio esprimevano e rappresentavano l'arte della danza.

Come scrive Vlad, l'intenzione di Stravinsky era quella di «comporre quel che si dice un 'balletto bianco'. Cioè un balletto basato interamente sulle astratte figure coreografiche della danza classica. Senza nessun intento psicologico, narrativo od espressivo. Senza valersi di sgargianti scenografie o costumi, ma limitandosi all'uso del monocromo tutù, della calzamaglia. A questa monocromia scenica corrisponde la monocromia timbrica delia musica che viene realizzata da un'orchestra di soli archi. Anche le strutture intrinseche delle figure sonore sì dispongono in vista dello stesso fine. Le sovrapposizioni politonali sono rare. Vi abbondano statici accordi perfetti. Neppure gli urti dissonanti producono violenti effetti dinamici. Essi servono al contrario a rendere più asciutte le armonie; a dissanguarle quasi; ad annullarne la tensione tonale».

La dimensione dell'organico orchestrale, ridotto come si è ricordato ai soli archi (otto primi e otto secondi violini; sei viole; quattro primi e quattro secondi violoncelli; quattro contrabbassi), trascende di gran lunga l'occasione esterna della commissione per porsi come il fatto espressivo principale e distintivo, non solo in senso timbrico ma anche propriamente compositivo: «L'idea di scrivere una musica nella quale tutto gravitasse intorno al principio melodico», precisa Stravinsky, «esercitò sul mio spirito un'attrazione irresistibile. E poi, che piacere ritemprarsi nell'eufonia multisonora degli strumenti ad arco e farla penetrare nei più piccoli recessi della trama polifonica!».

«Apollon Musagète» rappresenta nella forma più pura e rarefatta la fase antica, o meglio greca, del periodo neoclassico di Stravinsky, ed è in questo senso una prima tappa del cammino stilistico ed espressivo che culminerà in opere come «Perséphone» (1934) e soprattutto in «Orpheus» (1948). Come ha scritto ancora Vlad, «l'ermetismo di questa musica può ingenerare facilmente freddezza e noia, ove non se ne intuisca il senso di calma sublime, di liberazione da ogni passione umana. Alla staticità della vicenda musicale corrisponde la staticità della vicenda coreografica. Come dicevamo, quest'ultima si basa esclusivamente sui movimenti plastici del balletto classico e s'inquadra nelle tradizionali forme del 'Pas d'action', 'Pas de deux', 'Variations' e 'Coda' ».

Rappresentato per la prima volta a Washington il 27 aprile 1928 con la coreografia di Adolphe Bolm, «Apollon Musagète» fu consacrato definitivamente alla storia del Novecento quando, il 12 giugno dello stesso anno, venne eseguito a Parigi con la direzione del suo Autore e la coreografia di George Balanchine, interpreti principali Serge Lifar, la Nikitina, la Tcehernicheva e Doubrovska. L'idea di affidare a Balanchine (nato a Pietroburgo nel 1904) la nuova coreografia dell'«Apollon», che doveva essere realizzata dalla Compagnia dei Balletti russi, era stata dello stesso Diaghilev, che affiancò all'allora giovanissimo coreografo, alla sua prima esperienza importante, il pittore «naif» André Bauchant. La coreografia di Balanchine per l'«Apollon Musagète», in questa occasione presentata nella realizzazione di John Taras, è non soltanto uno dei grandi capolavori in questo campo - come dimostra fra l'altro il suo quasi mezzo secolo di vita - ma segna anche uno degli esempi più perfetti di quella compenetrazione reciproca fra musica e danza tanto cara alla poetica greca fin dai tempi di Platone, e che qui si incarna nella progressiva e lucida ascesa verso l'apoteosi dello spirito apollineo della danza. Primo momento della fruttuosa collaborazione con Stravinsky, la coreografia di Balanchine, il gran ballo della giovinezza, del genio e dell'equilibrio estetico dell'artista ventiquattrenne, sembra dare ragione all'ammirazione che il grande musicista russo dichiarava di nutrire per il balletto classico, che «nella sua vera essenza, per la bellezza del suo ordine e per l'aristocratica austerità della sua forma, corrisponde perfettamente alla mia concezione d'arte»; e lo stesso Balanchine, in una testimonianza di molto successiva, ricordava con queste parole quella tappa fondamentale della sua vita: «Ai tempi dei Balletti russi ho ballato tutto, il «pas de deux» come i ruoli dei vecchi barbuti e curvi. Nello stesso tempo ho creato dieci balletti fino alla morte di Diaghilev avvenuta nel 1929. Credo che l'«Apollon Musagète» nel 1928 sia stato decisivo per me. La partitura di Stravinsky mi ha insegnato che la danza come la musica deve saper trovare la sua economia, la sua unità di stile. Esistono rapporti fra i movimenti come fra i colori e fra i suoni, alcuni sono incompatibili con altri. Occorre lavorare in uno spazio ben delimitato».


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 maggio 1997
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Carrara, Teatro degli Animosi, 3 novembre 1979


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Ultimo aggiornamento 21 novembre 2018