Il confronto tra strumento solista e orchestra, in altra occasione concepito da Stravinsky sotto forma di Concerto pour piano suivi d'orchestre d'harmonie (vale a dire con complesso di strumenti a flato), fornì l'occasione del Capriccio, composto nel 1929. Se per il Concerto, risalente al 1924, composto a Biarritz e presentato a Parigi, ebbe corso il riconoscimento di un ritorno a Bach, per il Capriccio all'epistemologia critica del neoclassicismo stravinskiano furono autorevolmente suggeriti, dall'autore stesso nella Chroniques de ma vie, il ritorno a Weber e l'allusione al fortunato Konzerstück del compositore ottocentesco.
L'indicazione di Capriccio si riferisce infatti all'articolazione virtuosistica e brillante del pezzo, diviso in tre parti distinte secondo i canoni della contrapposizione pragmaticamente estroversa in certo concertismo ottocentesco; il riferimento a Weber corrisponde ad uno dei tanti «gouts réunis» stravinskiani avanzati negli scritti, e confermati soprattutto nelle composizioni del periodo cosiddetto neoclassico: dove sarebbe più giusto riconoscere, anziché il recupero della letteratura musicale sette-ottocentesca che affanna gli esegeti sulle tracce di troppo maneggevoli guide offerte dall'autore, deliberate, provocatorie postille all'eventuale scandalo moralistico previsto e già messo in conto. La composizione, in casi come quelli del Capriccio, include da parte dell'autore la previsione dell'esito e anche la perfida premura nel guidare l'ascoltatore, eventualmente l'esegeta, sulle tracce dell'ostensibile riferimento; una volta espletata l'appropriazione del modello, la disarmante sincerità nell'esibirlo, la consumata sapienza nel renderlo corresponsabile dell'inevitabile successo (il Capriccio è una delle composizioni «popolari» stravinskiane), rivela la caratteristica facoltà del maestro russo: quella di presentarsi contemporaneamente come autore, come ascoltatore e, all'epoca, come esecutore del testo musicale. In altre parole, di adottare un atteggiamento intrinseco ed estrinseco nei confronti dell'opera, nel quale la posizione soggettiva ed oggettiva si confondono in una dialettica squisitamente bizantina.
Claudio Casini