Settimino


Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
  1. Allegro di sonata
  2. Passacaglia
  3. Gigue
Organico: clarinetto, corno, fagotto, pianoforte, violino, viola, violoncello
Composizione: luglio 1952 - febbraio 1953
Prima esecuzione: Washington, National Theatre, 23 gennaio 1954
Edizione: Boosey & Hawkes, New York, 1953
Dedica: Dumbarton Oaks Research Library
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

A partire dalla Cantata per soprano, tenore, coro femminile e cinque strumenti, completata nel 1952, Stravinsky inserisce nelle sue composizioni procedimenti seriali, avvicinandosi così al metodo di composizione con dodici note ideato da Schönberg. La scrittura seriale dell'ultimo Stravinsky non è certo ortodossa, né mai poteva esserlo, ma si orienta comunque verso un vigoroso controllo delle altezze e dei procedimenti canonici che non nasconde l'influsso di Webern, il più radicale dei Viennesi. Nonostante siano state notate significative tracce di un simile atteggiamento compositivo in lavori precedenti, si tratta di una svolta nettissima e sorprendente nel percorso artistico del compositore. Non bisogna dimenticare infatti che per oltre trent'anni Stravinsky aveva sistematicamente ignorato le esperienze atonali e dodecafoniche dei Viennesi - di cui veniva non a torto considerato l'antitesi - per sviluppare l'indirizzo cosiddetto "neoclassico". La lunga elaborazione di questo linguaggio, che si pone come originalissima e ironica rilettura della tradizione musicale europea, culmina e si conclude con la rappresentazione (Venezia, Teatro La Fenice, 11 settembre 1951) di The Rake's Progress (La carriera di un libertino), una vera e propria opera nello stile italiano settecentesco.

Il Settimino, composto fra il luglio 1952 e il febbraio dell'anno successivo, conferma, più ancora della Cantata, la svolta verso la serialità.

Il lavoro è dedicato alla Dumbarton Oaks Research Library e presenta un organico perfettamente simmetrico: tre strumenti a fiato - clarinetto, corno, fagotto -, tre archi - violino, viola, violoncello - e pianoforte.

Dal punto di vista formale il Settimino rivela una esemplare chiarezza strutturale. I tre movimenti fanno esplicito riferimento a tre forme della tradizione barocca e classica: la forma sonata per il primo movimento, la passacaglia per il secondo, la giga per il terzo. Gli strumenti sono spesso trattati per gruppi omogenei, in particolare nella Giga finale in cui i due settori degli archi e dei fiati sono nettamente divisi. Dal punto di vista ritmico prevale il ritmo ternario, non di rado abilmente occultato, mentre in una simile struttura neoclassicistica - e non "neoclassica"' - si viene a perdere per forza di cose tutta quella multiforme e poliedrica varietà di cellule ritmiche e di accenti che aveva caratterizzato i capolavori del periodo russo. La tonalità allargata compie significativi passi verso la conquista dello spazio dodecafonico. Tutti questi elementi fanno del Settimino una delle opere di Stravinsky più vicine allo Schönberg della dodecafonia classica (Quintetto op. 26, Suite op. 29 ecc.).

Un'unica cellula seriale è alla base dell'intero lavoro. Essa è facilmente percepibile anche al primo ascolto perché esposta con veemenza dal clarinetto all'inizio dell'opera. Nel primo movimento, che porta solo l'indicazione metronomica - come nella Sonata per pianoforte e in altri lavori stravinskiani - sono evidenti le tre sezioni della forma sonata - esposizione, sviluppo e ripresa - trattate con estrema concisione e concluse da una breve coda Meno mosso.

La Passacaglia si apre con la serie esposta per frammenti da strumenti isolati: clarinetto, violoncello, ancora clarinetto, viola, fagotto ecc. Le otto variazioni di cui è costituita hanno carattere molto diverso l'una dall'altra, ma, con la ripresa del tipico ritmo puntato dell'ouverture barocca in tre di esse (prima, quarta e settima), viene garantita un'impronta unitaria anche a livello di ascolto. La conclusione della Passacaglia è un esempio significativo dell'influsso di Webern sull'ultimo Stravinsky. In questo estatico e rarefatto episodio le quattro forme del contrappunto canonico di ascendenza fiamminga vengono presentate simultaneamente dai sette strumenti.

Nella splendida Giga finale, scattante e nervosa, Stravinsky utilizza serie di otto suoni per ogni strumento e lo indica espressamente nella partitura. Il brano è chiaramente diviso in quattro sezioni:

  1. fuga a tre parti su un solo soggetto (archi)
  2. fuga a sei parti su due soggetti (pianoforte e fiati)
  3. fuga a tre parti sull'inversione del soggetto (archi)
  4. fuga a sei parti sull'inversione del soggetto (pianoforte e fiati).

Giulio D' Amore

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Settimìno per clarinetto, corno, fagotto, pianoforte, violino, viola e violoncello di Strawinsky, composto nel 1953 e dedicato alla Dumbarton Oaks Research Library and Collection, ci sembra essere una di quelle opere la cui importanza si determina non solo in funzione dei loro assoluti, intrinseci valori, ma si definisce anche in virtù dei significati mediati che esse sono destinate ad acquistare sul relativo piano storico. Ed è appunto in tale duplice prospettiva che questo più recente lavoro strawinskiano ci appare, tra tutti quelli composti in questi ultimi anni, come uno dei più importanti, dei più gravidi di conseguenze per i futuri sviluppi della nostra musica.

Quale sia l'attuale situazione, della musica è noto: il problema centrale, alla cui soluzione sembra condizionata la stessa sopravvivenza dell'arte dei suoni come espressione unitaria dello spirito, si connette alla necessità di riconquistare ad essa quella unità di linguaggio che essa aveva smarrito al crocevia postromantico. A partire da quel punto di discrepanza sembrava che il suo divenire dovesse svolgersi sotto il segno d'una fatale, irrimediabile scissione dialettica, che non ammetteva più alcuna sintesi, ma andava configurandosi secondo le direttrici sempre più divergenti segnate dall'arte di Schönberg e Strawinsky.

A dire il vero, Berg e lo stesso Schönberg (a differenza di Webern e dei giovani avanguardisti neododecafonici che ad esso si richiamano) avevano già dimostrato di tendere a quell'ideale punto di ricongiungimento, in virtù d'una nuova polarizzazione tonale dello spazio dodecafonico e del ricupero di tradizionali entità diatoniche nel suo stesso ambito. Da parte dei maggiori esponenti della antitetica, corrente «polidiatonica», invece, nessun passo decisivo se si eccettuano i tentativi di Frank Martin era stato compiuto fino a poco tempo fa per avvicinarsi nel senso opposto alla stessa meta. Questo passo l'ha compiuto, forse, Strawinsky col Settimino. Già nella Cantata composta nel 1952 erano comparsi dei sintomi che sembravano preannunciare un tale passo: ma in quel lavoro l'adozione di stilemi seriali non arrivava ancora ad intaccare le strutture sostanzialmente diatoniche della compagine sonora. Nel Settimino, invece, mentre, da una parte si accentua l'elaborazione del discorso secondo concetti seriali, le fibre della trama sonora, sembrano sciogliersi spesso in un moto centrifugo dai nuclei diatonici e distendersi nello spazio cromatico libero anche se governato sempre da campi d'attrazione tonale. In un modo originalissimo qui Strawinsky fa suoi alcuni tipici procedimenti dodecafonici, ed innova certi aspetti di questa tecnica che viene piegata all'espressione dei motivi più personali del suo mondo espressivo. Basti accennare allo sfaccettamento timbrico, di derivazione weberniana, attuato nella Passacaglia, il cui tema ostinato, prima di venir esposto per intero dal pianoforte e dal violoncello, viene prospettato secondo la sua membratura motivica in sette alternanze timbriche di strumenti diversi. Alla fine della Passacaglia lo stesso tema si dispone in un complesso intreccio polifonico, secondo le sue varie forme «a specchio». Nella Giga finale il compositore indica, passo per passo, la «serie» secondo la quale si dispone la parte di ogni singolo strumento. Si tratta di serie di otto suoni, le quali più che una funzione tematica hanno il valore di delimitare volta per volta l'ambito entro il quale si muove ogni singola voce. Anche in questo tempo, i motivi compaiono in forme retrograde ed inverse, peraltro indicate sulla partitura dall'autore.

La portata ed il consapevole significato che questo avvicinamento a posizioni che sembravano antitetiche alle sue, assume per lo stesso compositore, viene, del resto, confermata e ribadita in un'intervista da lui recentemente concessa al giornalista Igor Man e riprodotta alcune settimane fa da un quotidiano romano. Ivi, dopo aver definito il Settimino come «Musica contrappuntistica in tre parti» ed averne parlato come della sua creatura «la più cara, la preferita; appunto perché l'ultima»; Strawinsky avrebbe esplicitamente affermato la superiorità della dodecafonia, in quanto tecnica. Non sappiamo se l'intervistatore ha riferito esattamente il pensiero del compositore: ma ciò che ci sembra essenziale di rilevare e di ribadire è il fatto che quest'opera di Strawinsky sta a dimostrare una volta di più che i procedimenti seriali e dodecafonici non s'identificano necessariamente con uno stile, ma costituiscono essenzialmente un metodo tecnico capace di facilitare il conseguimento dell'unità stilistica della nostra musica.

Roman Vlad


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 9 dicembre 1994
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 12 aprile 1954


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Ultimo aggiornamento 17 marzo 2016