Ouverture in sol maggiore «Burlesque de Quixotte», TWV 55:G10


Musica: Georg Philipp Telemann (1681 - 1767)
  1. Ouverture
  2. Le Réveil de Quichotte
  3. Son Attaque des Moulins à Vent
  4. Ses Soupirs amoureux après la Princesse Dulcinée
  5. Sanche Panse berné
  6. Le Galope de Rosinante
  7. Celui d'Ane de Sanche
  8. Le Couché de Quichotte
Organico: 2 violini, 2 viole, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Vieweg, Berlino-Lichterfelde, 1963
Guida all'ascolto (nota 1)

"Fu del mondo, ad ogni tratto, / lo spavento e la paura;
fu per lui la gran ventura / morir savio e viver matto"

Così scrive il baccelliere Sansone Carrasco per l'epitaffio di uno dei personaggi più straordinari della letteratura di ogni tempo: l'indomito cavaliere Don Chisciotte della Mancia.

Pubblicato in una prima versione nel 1605, il romanzo di Miguel Cervantes narra le stralunate avventure di un anziano signore di provincia che, trascorsi anni e anni a divorare libri di cavalleria, perde il senno e decide di farsi paladino di nobili ideali. Sceglie un contadino un po' impacciato, Sancho Panza, come suo fedele scudiero e, travolto da una impetuosa immaginazione, sostituisce la realtà che lo circonda con la visionarietà fantastica dei romanzi. Intorno a Don Chisciotte e Sancho Panza, due archetipi dell'umanità, ruota un mondo pittoresco e contraddittorio dove follia ed esaltazione, sogno e realtà si fondono con una dolente consapevolezza delle miserie umane. Ma El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha è anche un libro pieno di musica, dove risuonano trombe, tamburi, arpe, clarini, ciaramelle, corni, ribeche. Non vi è musico che non sia degno dell'attenzione di Don Chisciotte e nel corso delle sue avventure è egli stesso un musico, cantore e compositore di romanze per lenire le pene sentimentali.

E la musica lo ha ripagato, a sua volta, con altrettanto amore. Il primo a dargli una veste musicale fu il compositore Carlo Fedeli (detto Sajon) nel 1680 con l'opera Don Chissiot della Mancia, rappresentata al Teatro di Canareggio a Venezia.

Dal 700 al '900 si conteranno più di 100 lavori dedicati al tema sia nella sua generalità, sia nella particolarità di alcuni episodi divenuti memorabili: da Don Chisciotte in Sierra Morena di Bartolomeo Conti (su libretto di Apostolo Zeno e Pietro Pariati, Vienna, 1719 e Amburgo, 1720), al ballet héroique Les folies de Cardénio di Richard Delalande (Parigi, 1720); dalle due opere di Antonio Caldara (Don Chisciotte in corte alla duchessa, Vienna, 1727 e Sancho Pansa, governatore dell'isola Barattaria, Vienna, 1730/1733) al Don Chisciotte della Mancia di Paisiello (Napoli, 1769); da Don Chisciotte alle nozze di Gamace di Antonio Salieri (Vienna, 1770) e Il Don Chisciotte della Mancia di Domenico Cimarosa (Messina, 1788), fino a Die Hochzeit des Camacho (Le nozze di Camacho) di Mendelssohn (Berlino, 1827) e Il furioso all'isola di Santo Domingo di Donizetti (Roma, 1833).

Nella seconda metà dell'800 la terra di Cervantes gli tributò onori sotto la forma tipica delle "zarzuele", con autori come Reparaz, Cabbalero e altri. E non mancarono poi le composizioni che affidarono alle sole sonorità orchestrali la descrizione delle imprese dell'hidalgo: da Don Quixote di Anton Rubinstein del 1870 al grande Poema Sinfonico di Richard Strauss op. 35 (1897).

Anche il Novecento continuerà a rendere omaggio allo stravagante cavaliere con la comédie héroique Don Quichotte di Jules Massenet (Montecarlo, 1910), l'opera per marionette El retablo de Maese Pedro (Il teatrino di Mastro Pietro) di Manuel de Falla (Parigi, 1923), le musiche di Ibert e Ravel per il film di Pabst (1933) e la trasposizione coreografica di Goffredo Petrassi (balletto Il Ritratto di Don Chisciotte, Roma, 1945).

E ancora oggi Don Chisciotte esercita sui musicisti un fascino irresistibile: nel 1976 Hans Werner Henze riscrive una sua versione ispirata all'opera di Paisiello e fra l'84 e l'86 Philippe Fénelon compone Le chevalier imaginaire, su un proprio libretto ispirato, oltre che al romanzo di Cervantes, al racconto di Franz Kafka, Die Wahrheit über Sancho Pansa (La verità su Sancho Panza).

"Questa che tu vedi con un viso bel grassoccio è Dulcinea, regina del Toboso, di cui fu innamorato il gran Don Chisciotte"

Anche Georg Philipp Telemann non rimarrà immune al fascino dei personaggi di Cervantes dedicando loro ben tre lavori: il primo, nel 1727, sarà l'opera Sancio oder Die siegende Grossmuth / Sancio o la generosità vittoriosa, su libretto di Johann Ulrich von Kõnig e andata in scena ad Amburgo, di cui ci rimangono purtroppo solo 4 Arie; qualche anno più tardi (intorno al 1735), una Suite strumentale, la Burlesque de Quixotte in sol maggiore, ispirata ai più celebri passi del romanzo; e infine, nel 1761, la Serenata per soli, doppio coro e orchestra Don Quichotte auf der Hochzeit des Camacho su testo di Daniel Schiebler.

La Burlesque de Quixotte è una bella pagina dall'evidente intento programmatico che restituisce in una serie di brevi scorci le scene più salienti delle note vicende.

I primi capitoli (la decisione di Don Alonso, dettata dalle affascinanti letture dei libri cavallereschi, di trasformarsi nel paladino Don Chisciotte) sono riassunti da una Ouverture alla francese, bipartita, che dopo un Maestoso andamento puntato (il cui tema tornerà anche nel finale) si snoda in un brillante Allegro dal carattere estroverso che ben incornicia la divertente e fantastica ambientazione del racconto.

I successivi 7 piccoli movimenti portano nel titolo gli episodi ai quali fanno riferimento, a partire dal cap. VII quando Don Chisciotte si risveglia da una sonora dormita di due giorni (dopo che un contadino lo aveva riportato a casa affidandolo alle cure della nipote e della governante, che decidono di bruciargli tutti i libri di cavalleria); Le Reveil de Quixotte è sottolineato da un basso ostinato sopra il quale con delicatezza si innestano piccoli svolazzi degli archi quasi ad imitazione dello sbattimento delle palpebre ancora intorpidite che in leggero crescendo si arrendono alla luce del giorno.

Ed ecco, subito dopo, l''Impresa" più mitica del generoso cavaliere, quella che assurse a suo simbolo nell'immaginazione di milioni di lettori: la surreale battaglia contro i mulini a vento (Son Attaque des Moulins a Vent). Uno scatenarsi di rapidissime note (très vite) fendono l'aria come la temibile spada impugnata in questa paradossale - ma allo stesso anche commovente - "fiera e inegual tenzone".

E come in tutti i romanzi cavallereschi che si rispettano non può mancare naturalmente l'amore: quello per la giovane e "grassoccia" contadina Aldonza Lorenzo, ribattezzata con il più altisonante titolo di Dulcinea del Toboso. Il prode Don Chisciotte, alla sua vista, si scioglie in pause, sincopi e cromatismi che si fanno languidi sospiri d'amore (Ses Soupirs amoureux après la Princesse Dulcinèe).

Dato poi che i veri cavalieri non viaggiano mai da soli ma sono sempre scortati da un fedele servitore ecco che Don Chisciotte elegge a suo compagno di avventure il sempliciotto Sancho Panza: il suo viaggio sopra un asino ("come un patriarca, colle bisacce in groppa e la borraccia all'arcione, e con un gran desiderio di diventare governatore dell'isola che il padrone gli aveva promesso") è accompagnato da un solenne Allegro (Sanche Panse berné) la cui pomposità é irrimediabilmente guastata dai ragli - irriverenti volate di semicrome - del povero animale.

I due "eroi" attraversano le pianure alla ricerca delle ingiustizie da combattere: il cavallo di Don Chisciotte (Ronzinante, cioè "primo fra tutti i ronzini del mondo") tenta di avere un passo più signorilmente consono alle ambizioni del proprio padrone con un andamento regolarmente scandito che solo a tratti lascia spazio alle intemperanze arpeggiate di uno scalpitio di zoccoli (Le Galop de Rosinante) mentre la povera mula di Sancho (Celui d'Ane de Sanche) arranca arretrata in un identico 3/8 che perde gradualmente il ritmo in un lento ma inarrestabile strascicamento.

Il primo volume di Cervantes del 1605 si conclude con il ritorno a casa di Don Chisciotte e alcuni sonetti riassuntivi sembrano ultimarne la storia. Ma dieci anni più tardi, nel 1615, vede la luce la seconda parte del romanzo al termine della quale il nostro eroe trova la morte, ma non prima di aver ritrovato miracolosamente il "senno"! E la Suite di Telemann si chiude (Le couche de Quixotte) con l'esuberanza dell'epitaffio scritto dall'amico Sansone Carrasco: "Giace qui l'hidalgo forte / che i più forti superò / e che pure nella morte / la sua vita trionfò".

Laura Pietrantoni


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 20 aprile 2007


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Ultimo aggiornamento 16 marzo 2017