L'Atenaide o sia Gli affetti generosi, RV 702

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Loggiato corrispondente al palazzo imperiale.
Atenaide sotto nome di Eudossa, e Leontino.
ATENAIDE
Fausta per me risplende
di questo dì la chiara luce, o padre,
se da te mi principia.
LEONTINO
Questi, in cui posso ancora
favellarti da padre ultimi istanti,
spendasi meglio. In breve
la turba adulatrice
vassalla, e serva a te d'intorno accolta
s'affollerà. Attenta Eudossa ascolta.
ATENAIDE
Attendo i tuoi consigli, anzi gli bramo.
LEONTINO
Qual fosti, e qual fra poco
sarai, ti si rammenti.
Atene, è la tua patria: ivi sortisti
col nome d'Atenaide illustri fasce,
ma non però reali.
Io ti fui padre...
ATENAIDE
E guida
agli arcani mi fosti alti recessi,
ove umano pensier rado s'innalza.
LEONTINO
La tua propizia stella esaminai,
d'allor previdi il trono,
ch'empier dovevi; in essa
vidi il tuo fato, assai più chiaro il vidi
nel tuo bel volto, e nella tua grand'alma.
ATENAIDE
Dono del cielo, e tuo.
LEONTINO
Beltà, e virtude in te crescean con gli anni.
Quando del re de' Persi il figlio erede...
ATENAIDE
Varane il so. (Fatal memoria!)
LEONTINO
A noi
ospite giunse, vago
d'erudir negli studi
la regal mente. Egli ad un punto istesso
e ti vide, e ti amò.
ATENAIDE
Col tuo consenso
anch'io (stelle) l'amai.
LEONTINO
Piacquemi un fuoco,
che potea farti illustre, e già mirarti
a me parea sul perso trono assisa.
ATENAIDE
Nostra fuga improvvisa
sol vi si oppose.
LEONTINO
Ah figlia,
vidi uscir da quel fuoco
anzi nebbia, che luce,
e l'impuro vapor sparger potea
macchie eterne al mio sangue, e alla tua fama.
Teco al rischio mi tolgo,
fuggo in Bisanzio, ascondo
il nome d'Atenaide in quel d'Eudossa,
t'offro a Pulcheria, ella al fratello. A lei
piace la tua virtude,
a cesare il tuo volto.
Proposto appena, e stabilito il nodo,
che ti fa augusta, il tuo destin già è fermo.
Già paghi i voti miei.
Col favor di Pulcheria
sposa a Teodosio, e imperatrice or sei.
ATENAIDE
Ma imperatrice, e sposa
lieta non son, mi turba
l'instabil sorte.
LEONTINO
A questa
ferma i vertiginosi impeti ciechi
saggia virtù. M'odi, e nell'alma imprimi,
quanto un padre or consiglia.
ATENAIDE
Parli, parli Leontino, Eudossa è figlia.
LEONTINO
T'ama cesare, è ver, teco divide
l'autorità sovrana,
ma può il tempo, e può l'uso
nel giovane monarca i nodi antichi,
se non sciorre, allentar. Tu sempre fida
soffri, e taci: ama in lui,
sino la sua incostanza, e quando ancora
tu lo veda avvampar d'altra beltade,
non l'irritar con importune accuse.
Una moglie gelosa
più molesta divien; la sofferenza
sol fa arrossir l'infedeltà d'un core,
e gelosia mai non racquista amore.
ATENAIDE
A Teodosio piacer, sia di quest'alma
sol voto, unico bene.
LEONTINO
In Pulcheria rispetta
la tua benefattrice, e la tua augusta.
ATENAIDE
Grato dover non parte
da un nobil cor.
LEONTINO
Ne sien tua cura i gravi
pubblici affari. A tuo poter sostieni
giustizia, e merto. A tutti
non dar facile orecchio.
Ti accarezza sovente
la man, che più t'insidia. I casi avversi
non ti trovino vile,
né superba i felici. Anche dal trono
al nulla, onde sortisti, il guardo abbassa,
fa', che il ben de' vassalli
sia di Teodosio il vero bene; a lui
la pace, il giusto, e la pietà consiglia,
e ancor dopo il possesso,
degna del grado tuo renditi, o figlia.
ATENAIDE
Questi, o signor...
LEONTINO
Di genitor, che t'ama,
sono gli ultimi accenti.
Tu in avvenir mia augusta,
io sarò tuo vassallo, e l'esser padre
non farà, ch'io ti nieghi il mio rispetto.
ATENAIDE
Come? Nemmen dal soglio
scorderò il mio dover.
LEONTINO
No no, codesto
dover più non pretendo,
mia figlia, addio.
ATENAIDE
Padre, e signor...
LEONTINO
Ti lascio,
ma ti lascio con pena, ah soffri, o cara
nell'estremo congedo il pianto mio,
e benché singhiozzando
prendi l'ultimo amplesso, Eudossa addio.

Ti stringo in quest'amplesso,
o di me stesso parte miglior,
benché ti ceda al trono
non t'abbandono senza dolor.

Scena seconda

Atenaide, poi Pulcheria, e poi Marziano con Guardie.
ATENAIDE
Lasciami, o di Varane
immagine odiosa. Assai già tolto
m'hai di pace, di gloria, e d'innocenza:
de' paterni consigli
questo sia il primo frutto, amar Teodosio,
ma solo amarlo, e sempre.
Applaudami la Grecia e 'l fier Varane
comprenda, che, se indegna
del diadema de' cesari non sono,
potea con egual merto
salir moglie, e regina anche al suo trono...
PULCHERIA
Augusta sposa...
ATENAIDE
Eccelsa principessa...
PULCHERIA
Questo è 'l lieto tuo dì, Bisanzio applaude
di Teodosio all'amor, d'Eudossa al merto:
oggi il cesareo serto
passerà sul tuo crine. Appena basta
al concorso de' popoli giulivi
la reggia intera, e ad onorar tue nozze
oggi a noi vien (sia caso, o sia consiglio)
di Persia il prence, e d'Isdegarde il figlio.
ATENAIDE
(Che sento? Oh dio!) Varane,
Varane oggi in Bisanzio!
PULCHERIA
Appunto. Aver non ponno
i tuoi sponsali spettator più illustre.
ATENAIDE
(Oh cieli!)
MARZIANO
Ah principessa,
egli a noi vien non spettator, ma sposo.
PULCHERIA
Sposo, di chi?
ATENAIDE
(Tutto è palese.)
MARZIANO
Assolvi
dall'annunzio funesto un cor fedele.
PULCHERIA
No no, libero parla. Il perso erede,
che vuol? Che spera?
MARZIANO
Il tuo imeneo richiede.
PULCHERIA
Il mio?
MARZIANO
Pubblico intorno
ne corre il grido. Cesare v'applaude
ne gode ogni alma.
PULCHERIA
E Marziano ancora?
MARZIANO
Marziano è vassallo. (Il duol m'accora.)
ATENAIDE
(Son morta.)
PULCHERIA
Amica. Onde il pallor...
ATENAIDE
Perdona.
Il nodo, che ti toglie al greco impero,
in te toglie ad Eudossa
il sostegno più forte.
PULCHERIA
T'ama il german. Di che temer potrai?
ATENAIDE
Tutto non vedi il mio destin, né il sai.

Della rubella
mia iniqua stella
tutta non vedi la crudeltà.
Né tutta miri ~ la ria procella,
che in ciechi giri
sopra il mio capo
fremendo va.

Scena terza

Pulcheria, e Marziano.
PULCHERIA
Marzian sì pensoso? Il ciel mi chiama
al diadema di Persia.
Ne gode ogn'alma, cesare v'applaude,
e tu sol ne sospiri?
MARZIANO
Ah principessa
perderti troppo costa
non dirò a me, che poco
caler ti dée d'un misero vassallo,
a Teodosio dirò, dirò all'impero,
tua prima cura, e tuo maggior pensiero.
PULCHERIA
Col rifiuto del figlio,
ad Isdegarde sarò ingrata! In fronte
sdegnerò una corona,
che fa servir di Teodosio al sangue
quella parte di mondo, ov'ei non regna?
Parla, o duce, consigliami; ma solo
sia del consiglio tuo norma, ed oggetto,
pubblico zelo, e non privato affetto.
MARZIANO
Il tuo cor, non il mio, vorrei, che guida
al tuo talamo fosse,
e fosse la ragion del tuo rifiuto.
PULCHERIA
Gli imenei di chi regna
amor non fa: gli stringe
ragion di stato.
MARZIANO
E questa
questa s'oppone ai tuoi, sol col tuo senno
si regge augusto; e sol col tuo l'impero.
Se tu parti ei vacilla, e se pur brami
sposo al tuo letto, ei non si scelga altronde,
che tra i sudditi tuoi. Regna con esso,
ma nella Grecia; e sia
anche in grado di sposo un tuo vassallo.
PULCHERIA
Marzian sul tuo labbro
è tutto zel ciò, che favella?
MARZIANO
(Oh dio!)
PULCHERIA
Non t'arrossir.
MARZIANO
Ti basti,
che sia reo il mio silenzio.
Lascia penar con innocenza il core,
e interpreta per zelo, anche l'amore.
PULCHERIA
Questa al tuo zel si renda
non vil mercé. Vattene, o duce. Adopra
l'arte, il poter, perché si rompa il laccio,
che mi stringe ad altrui. Tuo ne sia il merto,
io ne godrò. A Varane
toglimi, te ne prego, e te 'l comando.

Scena quarta

Probo, e detti.
PROBO
E se il tuo non ti basta, ecco il mio brando.
PULCHERIA
Tanto un suddito ardisce!
E tanto con Pulcheria
dell'amor di Teodosio
così t'abusi? Probo, anche i favori
offendono non chiesti,
e tal son io, che posso a voler mio
rifiutarli, e gradirli.
PROBO
Il mio zelo...
PULCHERIA
Anche il zelo
colpa divien, quando è soverchio. Attenda
d'esser richiesto, e in faccia
al suo sovran, sia più modesto, e taccia.

Là sul margine del rio
più di un fior vorria goder
il favor della fresc'onda;
ma talor su quella sponda
gode un solo il gran piacer.
Così amor, tu già m'intendi,
con modestia taci e attendi
il sovrano mio voler.

Scena quinta

Marziano, e Probo.
PROBO
Marziano, tu solo
al nodo di Varane
rendi avversa Pulcheria.
MARZIANO
Sa consigliarsi augusta
col proprio core.
PROBO
E tu la rendi ingrata
al merto altrui.
MARZIANO
Parlan nostre opere, ed ella
ne vede il prezzo, e ne distingue il merto.
PROBO
Ma non sa giudicarlo.
MARZIANO
Probo, con più rispetto
parli un suddito labbro. I torti suoi
sono miei torti.
PROBO
Hai molto
per lei di zelo.
MARZIANO
Il grado suo me 'l chiede.
PROBO
Piuttosto il suo sembiante.
MARZIANO
La mia fede.
PROBO
Eh saresti
meno fedel, se meno fosti amante.
MARZIANO
Probo queste rispetto
soglie reali.
PROBO
In ogni luogo ha Probo
con che farsi temer.
MARZIANO
Piacemi, e altrove
dal tuo valore ne attenderò le prove.

Al valore, che prode ti pregi,
vuò veder, se l'ardire pareggi,
ma già parmi non sia, che viltà.
Sempre uniti già sono in un core
folle audacia, codardo timore,
l'insolente col vile se n' va.

Scena sesta

Probo, poi Teodosio con Séguito.
PROBO
Va' pur, la sofferenza
vendicherà i miei torti; in te conosco
il nemico, e il rival: tu sol m'involi
gli affetti di Pulcheria,
ma se non può l'ingrata
esser conquista mia,
tua nemmeno ella sia: l'abbia altro amante,
l'abbia Varane. Al mio deluso amore
servirà di conforto il suo dolore.
TEODOSIO
Mio fedel, mi dà pena,
che Pulcheria a quel nodo,
per cui l'innalzo a dominar nei Persi,
cieca resista. Ad imeneo più illustre
non può sceglierla il cielo,
quel rifiuto, che ingrati
ci rende ad Isdegarde,
provocarne può l'ire,
e nemico sì forte, e sì guerriero
può costar sangue, e pianto al greco impero.
PROBO
(Sorte mi arride.) Il tuo timor istesso,
cesare, è comun bene.
Né la germana augusta
v'oppone il suo voler, l'altrui si oppone.
Parla coll'altrui labbro,
con l'altrui cor risolve.
TEODOSIO
E da qual core
sedotto è 'l suo?
PROBO
Da quello
d'un audace vassallo,
che alle sue nozze insidioso aspira.
TEODOSIO
Alma v'è sì orgogliosa?
Qual sia? L'addita. In petto
già m'arde una giust'ira, e stringo in mano
le pene più temute.
PROBO
Egli è... (Pera il rivale.)
TEODOSIO
Chi?
PROBO
Marziano.
TEODOSIO
E Marzian sarà punito. Un duro
esilio a questa reggia
lo torrà, finché unita
veda Pulcheria al principe di Persia.
PROBO
Signor, tutto ei possiede
col militar comando anco l'affetto.
TEODOSIO
Cauto oprerò, simulerò l'offesa,
parrà favore anche la pena; e un braccio
sì necessario, e prode,
non perderò, né irriterò. Tu intanto
vanne incontro a Varane.
PROBO
A me ben noto
nella sua corte, ove l'onor sostenni
di tuo ministro.
TEODOSIO
A lui
offri, quanto dar può cesare e 'l trono,
che amico a lui, grato a Isdegarde io sono.
PROBO
Imeneo più chiare, e belle
arderà le sue facelle,
e amor, con doppio laccio
le sue gioie accrescerà.
Lieto dì con più bel raggio,
mai non sorse al greco impero,
e ogni cor serve in omaggio
alla tua felicità.

Scena settima

Teodosio.
TEODOSIO
Tutt'amor, tutta gioia
l'alma mi brilla in petto! Amata Eudossa,
m'è oggetto più giocondo
l'impero del tuo cor, che quel del mondo.

Trovo negli occhi tuoi
tutto il contento mio,
tutto il mio bene.
E fuor di te, che sei
meta de' pensieri miei,
beni non ha 'l desio
voti la spene.

Scena ottava

Cortile imperiale.
Varane con Séguito, e Probo.
VARANE
Reggia amica a te vicino
più mi balza il core in petto.
Ma non so del mio destino
se per fama o per sospetto.
PROBO
Principe illustre a sua gran sorte ascrive,
cesare il mio sovrano,
che del tuo regio aspetto
l'alte sue nozze ad onorar tu venga.
VARANE
E nel tuo incontro io formo
fortunati presagi a quel destino,
che qui mi tragge, o amico.
PROBO
E qual altro destino a noi ti dona,
che l'antica amistà
del tuo col nostro impero? (Egli si tenti.)
VARANE
Ah Probo, a voi non amistà, non altra
politica ragion qui mi fu guida;
sol mi fu guida amore,
amor per me fatal.
PROBO
(Povero cuore.)
VARANE
La beltà, ch'io sospiro
vive tra voi, tal me ne giunse il grido.
Pietà Probo, se mi ami,
reggi tu i passi miei,
senza colei, per cui vo errando intorno,
m'è odioso ogni respiro, infausto il giorno.
PROBO
Signor del tuo bel fuoco
ti precorre la luce. Il so, gran fregio
di questa reggia è la beltà, che adori.
VARANE
Me fortunato.
PROBO
Ella tua sia, t'impegno,
quanto a cesare appresso
ho di poter.
VARANE
Mio caro.
(lo abbraccia)
PROBO
(Per pena del rival perdo me stesso.)

Scena nona

Leontino, e detti.
LEONTINO
(Che miro, o dèi! Quegli è Varane.)
VARANE
Ah Probo,
quegli è Leontino?
PROBO
Il saggio
d'Atene, è desso.
VARANE
Oh tanto invano, o tanto
sospirato Leontino.
LEONTINO
(Più non v'è scampo.) Al grande
successor della Persia...
VARANE
Eh lascia questi
titoli a me funesti.
Dimmi Varane, amico, figlio, o s'altri
nomi d'amor può suggerirti il labbro.
LEONTINO
L'alto tuo grado...
VARANE
Probo,
qui grave affar seco mi chiede alquanto.
Riedi a Teodosio. Ei sappia,
che il mio piacer nella sua reggia io spero,
e fa' ch'egli ti dia l'augusto assenso.
PROBO
Nel mio zelo confida.
(Piangi amor mio, ma il mio rival non rida.)
(parte)

Scena decima

Varane e Leontino.
VARANE
Leontino, ove è Atenaide?
LEONTINO
Atenaide sol è, dov'è Leontino.
Ma più non la vedrai. Credilo a un padre.
VARANE
Chi può torla a miei lumi,
chi negarla al mio amor? Chi tanto puote?
LEONTINO
Tu stesso, e la tua gloria.
VARANE
La gloria mia?
LEONTINO
Non ti lusingo, o prence;
fuggila per tuo onor, per suo la fuggi.
VARANE
Il suo fato, il mio amor, vuol, ch'io la cerchi.
LEONTINO
L'amor tuo s'avvilisce: ei cerchi oggetti
degni più del tuo fasto.
VARANE
Tutto il mio fasto è l'adorarla. Ah cessa,
di più temer: vengo a recarle un core
innocente, e più puro.
Vengo ad offrirle un trono
eguale a sua virtù. Con minor prezzo
non riparo il suo torto
non l'error mio. Torto, ed error, che tanto
a me costò di pentimento, e pianto.
LEONTINO
Eh mediti altre nozze
della Persia l'erede.
VARANE
Quelle vo' d'Atenaide.
LEONTINO
Di augusta gl'imenei gli applausi avranno,
della Persia, e del padre.
VARANE
Ma non quel del mio cor. Voglio Atenaide.
LEONTINO
Vedi la regal vergine...
VARANE
A miei lumi
tutto è oggetto d'orror, se lei non veggio.
Mia delizia, mio bene,
deh non soffrir, ch'io te ne preghi indarno.
Lascia, ch'io dir ti possa
benefattore, e padre.
Vedilo, io tutta abbasso
la mia grandezza all'umiltà del prego.
Concedimi Atenaide.
LEONTINO
Non è più tempo. Allora,
ch'io potea ricusasti:
or che tu vuoi, non posso.
La sorte d'Atenaide
al paterno voler più non soggiace,
decretato è di lei: soffrilo in pace.
(in atto di partire)
VARANE
Fermati, e meglio vedi
qual io mi sia. Varane
soffrir non può d'aver pregato indarno.
Chiesi Atenaide, ed Atenaide io voglio,
che s'ancor pensi audace
torla con nuova fuga agli occhi miei,
parte non sia sì solitaria, e strana,
dove non giunga il mio furor. Cercarti
saprà la mia vendetta,
oltre il mar più profondo,
oltre ogni lido, oltre il confin del mondo.
LEONTINO
Nella reggia di cesare Leontino
non sa temer. Torno a ridirlo. Invano
a me chiedi Atenaide: il suo destino
più da me non dipende, e se ancor fede
tu nieghi a' detti miei,
vanne a Pulcheria, e sol la chiedi a lei.

Mai s'accende di sdegno il mio core,
non pavento minaccia e furor.
Disperato se vedi il tuo amore,
puoi cangiarne la fiamma e l'ardor.

Scena undicesima

Varane, Teodosio, Pulcheria, Marziano, Probo, e loro Séguito.
VARANE
A cesare si vada: ei mi conceda
di Atenaide il possesso,
onde nel punto istesso
sia felice il suo amor, sia lieto il mio.
TEODOSIO
Principe amico, ogni momento, è pena,
che a noi tarda il piacer dell'abbracciarti.
Questa reggia è tua reggia,
Pulcheria, ed io tutto dobbiamo al figlio
di quel gran re, che un tempo
fu a noi tutore, e padre.
PULCHERIA
Empie il tuo nome
le voci della fama,
e Bisanzio vedrà con lieto ciglio
di cento eroi te invitto erede, e figlio.
VARANE
Augusto, principessa
ben fu presago il cor, che solo in questo
felicissimo cielo
sarian paghi i miei voti.
Questo misero cor lunghi sostenne
fieri naufraghi, ei qui ne spera il porto,
e se sovrano assenso
oggi mi si concede,
si vedrà in sì bel giorno
ad un talamo solo arder due tede.
MARZIANO
(Misero me.)
PROBO
(Pena il rival.)
TEODOSIO
Ne attesto
principe il ciel, la real fede impegno;
quanto da me dipende
per tuo ben, per tua pace
tutto otterrai. Di': chiedi.
VARANE
Generosa Pulcheria...
MARZIANO
(Ahimè!)
VARANE
Manca alla mia
piena felicità solo il tuo voto
pende da te della beltà, che adoro
l'alto destin.
PULCHERIA
Può sperar tutto il grande
eroe dell'Asia.
TEODOSIO
Ed ottener può tutto;
chieda egli pur.
VARANE
Si compia
prima il tuo nodo, io qui t'indugio un bene,
che fa troppo penar colla dimora.
TEODOSIO
A tuo piacer, questa è tua reggia, prendi
ivi riposo, ivi le leggi imponi.
Regna Varane, ove è Teodosio. Probo
ne adempia i cenni.
VARANE
Io parto
pieno insieme di gioia, e di rossore.
(Dal suo contento, è quasi oppresso il core.)

Tanto lieto ho il core in petto,
che al goder dell'alma mia,
già la fredda gelosia
più velen sparger non sa.
Tal l'amor si consola,
che da me già tutto invola
quel dolore,
che nel ciel destò pietà.

Scena dodicesima

Teodosio, Pulcheria, e Marziano.
TEODOSIO
Sei vicina, o germana, a porti in fronte
la corona di Persia.
PULCHERIA
Onor, ch'io non ambisco.
TEODOSIO All'imeneo felice,
echeggiano in applauso, e mari, e lidi.
PULCHERIA
Fama è spesso bugiarda,
e s'applaude sovente a un'ombra vana.
TEODOSIO
Tutto arride al tuo nodo.
PULCHERIA
Il più vi manca.
TEODOSIO
Che mai?
PULCHERIA
Vi manca di Pulcheria il voto.
TEODOSIO
Vuoi forse rifiutar sposo sì illustre?
PULCHERIA
Richiesta ancor non sono.
TEODOSIO
E se lo fossi?
PULCHERIA
Maturar ben si deve il grand'assenso,
dov'è inutile, e tardo il pentimento.
TEODOSIO
E se augusto te n' priega?
PULCHERIA
Augusto è il mio germano.
MARZIANO
Ed ei non stende
fin sopra il cor l'autorità del grado.
TEODOSIO
Può comandar ciò che all'impero ei vede
giovevole, ed onesto.
MARZIANO
Perdonami signor, giova all'impero,
che talor tu consigli i dubbi affari,
col senno di Pulcheria.
TEODOSIO
Duce, chi nacque all'armi
mal sa in pace trattar, nozze, ed accordi.
L'alma guerriera volentieri assente
a consigliar ciò che cagion seconda
esser può di sospetti, e di litigi.
Ma se tale in te avvampa
sete di guerra, e di trofei, va' espugna
il Bulgaro rubello
pria, che il giorno tramonti,
ti veggia il campo, e a nuove palme il guida;
cesare a te la sua vendetta affida.
MARZIANO
Ubbidirò. Dall'armi tue sconfitta
la provincia rubella
il solo non sarà de' miei perigli,
e il primo non sarà de' tuoi trionfi.
Farò morder il giogo
al popolo fellon, correr di sangue
farò, s'ei fia protervo e strade, e fiumi;
andrò, vedrò, ubbidirò il tuo cenno,
soddisfatto vedrò l'altrui livore,
tornerò d'altri lauri
cinto le tempie, e domi
i miei nemici, e i tui
avremo ambo vittoria,
tu dell'audacia, io dell'invidia altrui.

Di nuovi allori adorno
a te farò ritorno,
e a piè del soglio avvinta,
la fellonia trarrò.
Poi dell'invidia oppressa
sulla ruina istessa
maggior risorgerò.

Scena tredicesima

Teodosio, e Pulcheria.
PULCHERIA
Signor, saggio consiglio
non è irritar braccio sì prode. A lui
tutta dell'armi nostre
affidata è la cura.
TEODOSIO
Utile m'è nel campo,
ma nella reggia a me fa guerra il duce
più d'ogni altra spietata.
PULCHERIA
In che t'offende?
TEODOSIO
Del mio favor s'abusa, e del suo grado.
PULCHERIA
Ma qual error?
TEODOSIO
Pulcheria, in certi rei,
dissimular le colpe
convien per non punirle.
Marzian vada al campo, e tosto vada.
PULCHERIA
Dunque, sua pena è 'l tuo comando?
TEODOSIO
Ei vada,
e dal suo core esiga,
o vicino, o lontano,
del comando il rispetto, e non l'arcano.

Qual la sua colpa sia
ricercane il tuo cor,
e toglimi il rossor
dell'alta offesa.
Guarda saria viltà,
se dalla maestà
fosse difesa.

Scena quattordicesima

Pulcheria.
PULCHERIA
Purtroppo il so, la tua sciagura o duce,
è il tuo amore innocente.
Pietà ne sento, ohimè guardati, o core,
sembianze di pietà prende anche amore.

Quanto posso a me fo schermo,
e da piaghe, e da ritorte.
Ma ho timor ~ che contro amor
sia riparo troppo infermo
l'esser grande, e l'esser forte.

ATTO SECONDO

Scena prima

Salone magnifico.
Teodosio, Varane, e Probo, e loro Séguito.
TEODOSIO
Va' Probo, e fa' che augusta
più sollecito il passo a noi rivolga.
PROBO
Impaziente è amore.
(parte)
TEODOSIO
E tu questi perdona
d'innamorato seno impeti, e voti
principe amico.
VARANE
Ah provo anch'io qual pena
sia la speme, e l'indugio in chi ben ama.
TEODOSIO
Tra poco il mio diletto
qui compirsi vedrai, vedrai la degna
cagion dell'ardor, vedrai del volto
le amabili sembianze,
la modestia del guardo,
l'onesto portamento, e allor dirai,
che se pari al suo bello è il mio piacere
non v'è cor più felice,
né più amante del mio.
VARANE
(Atenaide mio bene
così dirò nel tuo possesso anch'io.)

Scena seconda

Atenaide, Probo, e detti.
VARANE
O dèi! La mia Atenaide
veggo in Eudossa?
ATENAIDE
Ahimè Varane?
TEODOSIO
(a Varane)
Questa
principe, è la mia Eudossa;
(ad Atenaide)
e questi, o sposa
è il principe Varane.
ATENAIDE
(Che mai dirò?)
VARANE
(Son io ben desto? I sensi
traveggon forse!) Eudossa, Eudossa è questa?
PROBO
Scelta all'augusto trono.
TEODOSIO
E scelta al nostro
marital letto, imperatrice, e sposa.
VARANE
Ma come?... Ah Probo... E sarà ver?... (Son morto.)
TEODOSIO
Quale stupor? Troppo sorprende i cori
la beltà di quel volto;
e tu, cara, i belli occhi
alza dal suolo, ove gli tieni affissi;
e in aver sì gran prence
spettator di tue nozze
non arrossir; stendi la destra, ei stesso
seguirà al tempio i nostri passi. Andiamo.
VARANE
Che? Seguirvi Varane? Questi lumi
saranno il testimon d'un imeneo?
No... Prima... Ah giusti dèi,
con qual fulmine orrendo
prendeste ad atterrar la mia costanza?
TEODOSIO
Che ascolto? A quai trasporti
si dà in preda il tuo labbro?
Qual turbamento è il tuo?
Tu impallidisci? E tu pur anche Eudossa
perché? Parla; onde mai? Svela l'arcano.
ATENAIDE
Sire... (Mi manca il cor.)
VARANE
Parli Teodosio.
Parli Varane. È vero.
Non son più di me stesso,
le pene, e i turbamenti
nascono in me da quel fatale oggetto...
oh dio... misero core... è forza, o sire,
ch'io ceda al mio dolore,
sento, che nell'indugio
la mia stessa ragion divien furore.

Nel profondo cieco orrore
mi precipita il mio fato,
già spietato a questo cor.
Vincerà fiero il rigore
disperato il mio furor.

Scena terza

Atenaide, Teodosio, e Probo.
TEODOSIO
Probo intender vorrei,
ma il mio stesso desir, fa il mio spavento.
PROBO
Tutti, sì strano evento
m'occupa i sensi.
TEODOSIO
Rompi
Eudossa il tuo silenzio, e 'l vero esponi.
Agli occhi tuoi noto è Varane?
ATENAIDE
È noto.
TEODOSIO
Ed a quei di Varane è nota Eudossa?
ATENAIDE
Eudossa è ignota a lui, non Atenaide.
TEODOSIO
D'Atenaide non chiedo,
chiedo di te.
ATENAIDE
Per me rispondo, o dire,
quando per Atenaide a te rispondo.
TEODOSIO
Spiegati, (non intendo, e mi confondo.)
PROBO
(Oscuri enigmi.)
ATENAIDE
Allora,
che in Atene io vivea, non era Eudossa,
tal mi nomai, da che in Bisanzio giunsi.
TEODOSIO
E in Atene vivesti?...
ATENAIDE
Col nome d'Atenaide.
TEODOSIO
E là ti vide?...
ATENAIDE
Il principe Varane
offertomi dal caso, e non dal core.
TEODOSIO
Segui. Ei t'amò?
ATENAIDE
Finse d'amarmi almeno.
TEODOSIO
(Oh dèi!) Né spiacque a te la regal fiamma?
ATENAIDE
Arbitro fu del mio
il paterno voler.
TEODOSIO
Né arrise il padre
ad un amor, che ti facea regina?
ATENAIDE
Non so. So, ch'ei repente
alla patria mi tolse, ed a Varane.
TEODOSIO
Per qual destin?
ATENAIDE
Le sue ragioni ha 'l padre.
TEODOSIO
Né saperle poss'io?
ATENAIDE
Si temé forse
il giovane feroce, e più 'l suo amore.
Giovò la fuga; e in queste
mura si elesse un più sicuro asilo.
Qui di nome e di culto
cangiai, mi vide augusta, e qui a te piacque...
TEODOSIO
Basta così, basta, o fatal... qual dirti,
se Atenaide, o se Eudossa
deggia, non so. Nomi del pari infausti:
nomi spietati. Un mortal ghiaccio, un freddo
sudor mi scioglie. Partiti: io solo deggio
restar co' miei pensieri.
Quando fia tempo intenderai tua sorte.
ATENAIDE
La men crudel per me saria la morte.

Son colpevole a' tuoi lumi,
ma innocente è 'l mesto cor.
Giusti numi, il vostro sguardo
ben, lo vede
pien di fede, e di dolor.

Scena quarta

Teodosio, e Probo.
TEODOSIO
Pulcheria a noi. Probo, tu vanne al tempio,
e sorprendi le pompe
al festoso apparato,
e si congedi il popolo, e 'l senato.
PROBO
Gode scherzar su i nostri casi il fato.
(parte)

Scena quinta

Teodosio.
TEODOSIO
Smanie gelose, tormentosi affetti
tutto in preda vi lascio,
il petto d'un monarca.
Ho in Varane un rival. Me 'l tace Eudossa,
ma l'infedel l'amava.
Perfida ingrata! Ancora
non sai, qual fia lo sdegno
d'un cesare geloso
d'un amator tradito.
Farò iniqua, farò, che tu non sia
né del rival, né mia.
E che il tuo nome, e la futura etade,
quando invidia dovea, svegli pietade.

Scena sesta

Teodosio, e Pulcheria.
TEODOSIO
Vieni, ah vieni in aita
d'un principe infelice.
Son tradito, o Pulcheria.
PULCHERIA
Lo so. Tutta da Probo
intesi la cagion delle tue pene.
TEODOSIO
Chi mai detto l'avria? Colei, che adoro
traea l'impura face
perfino all'ara; ed a recar venia
la spergiura sua fede in faccia ai numi!
PULCHERIA
S'Eudossa è rea, dov'è innocenza in terra?
TEODOSIO
Per te sola, o germana,
misero son. Tu mi lodasti Eudossa,
e l'amai nel tuo labbro,
pria che negli occhi suoi.
Deh! Perché a te credei? Perché lei vidi?
Oh fede! Oh vista! Oh amore! O cieli infidi!
PULCHERIA
Giustissime querele
vi fo ragion; ma, sire,
il tuo cor ne trionfi, e quella ingrata
sprezzatrice beltà sia disprezzata.
TEODOSIO
Qual consiglio a me dai?
PULCHERIA
Quel, ch'è più giusto.
TEODOSIO
Ma non quel, ch'è più caro.
PULCHERIA
Scenda l'indegna dal tuo soglio.
TEODOSIO
Oh dio!
Per vederla salir quel di Varane?
PULCHERIA
Dal tuo core l'esilia.
TEODOSIO
Perché ella passi al mio rival in seno?
PULCHERIA
Più non spiri quest'aure.
Vada colà, dove nemmeno il nome
te ne giunga all'udito.
Corro, o german. Vo', che per sempre Eudossa
s'allontani da te, né più ti veggia.
TEODOSIO
Più non mi veggia? Ah! Ferma.
So l'error suo: la sua perfidia ho nota,
ma il non vederla più mi saria morte.
PULCHERIA
Ma che far pensi?
TEODOSIO
Anzi che cada il giorno
esca dalla mia reggia
il superbo rival. Parta...
PULCHERIA
Varane?
TEODOSIO
Sì: la sua vista ira, e dolor m'accende.
Olà senza dimora,
se li rechi il mio cenno, ed ubbidisca.
PULCHERIA
Ah Teodosio! Ah fratel, per cieco affetto
dove te n' vai? Recar tu oltraggi, ed onte,
e recarli in Bisanzio,
a principe sì amico, e sì possente?
TEODOSIO
Così dunque a Teodosio
mancherà ogni conforto, ogni vendetta?
PULCHERIA
Forse un tuo inganno è 'l tuo sospetto. È cieco,
l'amante, ch'è geloso.
D'ogni idea si fa rischio,
d'ogni ombra un mostro. Ancora
il cor d'Eudossa esaminar conviene.
TEODOSIO
Facciasi. Ecco già corro
per sentiero migliore,
ciò, che far deggia, ha stabilito il core.

Vorresti, il so, vorresti amor tiranno,
dopo la libertà tormi la gloria.
Ma la cauta ragion vede il tuo inganno,
e già fa disperar la tua vittoria.

Scena settima

Pulcheria, poi Marziano con Guardie.
PULCHERIA
Libera son dall'odioso nodo,
che politica cieca
stringer volea. Qui viene il duce. Affetti
cauti vegliate alla difesa.
MARZIANO
In onta
di quel destin, che misero mi rende,
col tormi a questa reggia,
ove resta di me la miglior parte,
l'addio ne prendo almeno
con qualche pace, e un gran piacer vien meco.
PULCHERIA
Duce, qual fia?
MARZIANO
Quel di veder, che il fuoco,
ond'arde il fier Varane,
se n' vola ad altra sfera.
PULCHERIA
M'ami così? T'è grato,
ch'io perda una corona?
MARZIANO
Anzi l'acquisti,
se la tua conservi. Hai qui vassalli,
che non men de' tuoi cenni
adorano, o Pulcheria,
mi sia lecito dirlo, i tuoi belli occhi.
PULCHERIA
Se tanto, o duce, un cor vassallo osasse...
MARZIANO
V'è, chi osa tanto, o principessa. Ei fece
quanto poté per non amarti. Oppose
ragion virtù, dover: tutto fu indarno.
Reo lo vuole il tuo bel, rea la sua stella.
PULCHERIA
Duce, non più. Qualunque ei sia, gl'imponi,
o ch'ei corregga il temerario affetto,
o ch'ei lo chiuda in seno
cauto così, che non ne scoppi intorno
la più lieve favilla;
e buon per lui, che ignoto
m'è l'esser suo, né a te ben tutta io credo
la colpa sua. (Se più l'ascolto io cedo.)
MARZIANO
Poiché il misero deve
per te morir, non cura,
se il tuo sdegno l'uccida, o 'l suo dolore.
Vedi...
PULCHERIA
No, Marzian, saper non voglio,
né la colpa, né il reo. Sin che me 'l taci,
egli forse m'è caro, e degno è forse
del mio favor. Tu lieto
vanne all'armi, ai trionfi.
Ivi a core ti sia,
e la tua vita, e la memoria mia.

Sorge l'irato nembo,
e la fatal tempesta
col sussurrar dell'onde,
ed agita, e confonde,
e il cielo, e 'l mar.
Ma sai, che in un baleno
fugge la nube infesta,
e il placido sereno
in cielo appar.

Scena ottava

Marziano.
MARZIANO
Tu parti, e intanto io resto
tra la vita, e la morte
dubbioso di mia sorte.
Timido labbro è tua la colpa. «Io t'amo»,
dir non sapesti, ed ella,
o non t'intese appieno,
o se n' infinse almeno.
Vanne, e pria, che partir, dille, che l'ami.
E fa', che all'amor mio
ella dolce risponda, «e t'amo anch'io».

Bel piacer di fido core
poter dir al caro oggetto:
per te peno, per te moro.
Ma diletto assai maggiore
è l'udir ch'egli risponda:
anch'io t'amo, anch'io t'adoro.

Scena nona

Gabinetto imperiale.
Teodosio, e Leontino.
TEODOSIO
Convenia non tacerlo.
LEONTINO
Mio fu l'error.
TEODOSIO
Teco n'è rea la figlia.
LEONTINO
M'ubbidì il suo silenzio.
TEODOSIO
Si cercò d'ingannarmi.
LEONTINO
Anzi di risparmiarti un gran sospetto.
TEODOSIO
Or più crudele egli mi rode in seno.
LEONTINO
Non val consiglio, ove dispone il fato.
TEODOSIO
Del vostro fallo è mia la pena.
LEONTINO
Credi
innocente la figlia, e sei felice.
TEODOSIO
Più avveduto mi rende il primo inganno.
Venga; e quest'alma il testimonio sia.
LEONTINO
Ma sdegno non ti turbi, o gelosia.

Se cieco affetto
ti latra in petto,
ogni consiglio diventa error.
Ed è periglio
della ragione
il turbamento,
che affligge il cor.

Scena decima

Teodosio, e Varane.
TEODOSIO
Quietatevi, o pensieri...
VARANE
No, no convien, ch'io 'l veggia.
Invan mi si resiste.
TEODOSIO
Che fia? Quest'è Varane.
VARANE
Agitato, e confuso,
cesare a te ritorno.
Nel mio furor nulla conosco, e temo.
Eudossa è l'amor mio. Se in lei tu pensi
trovar la tua consorte,
cerca ancor la mia morte.
Sebben nella tua reggia,
e sebben tutte intorno
vegliano al fianco tuo l'arme vassalle,
vittima non m'avrai facile, e sola.
Vender a non vil costo
saprò la vita, e l'oppressore istesso
dalle ruine mie resterà oppresso.
TEODOSIO
Prence le tue minacce
mi fan pietà più, che spavento; e s'io
del cor seguir volessi
gl'impeti primi, apprenderia Varane,
come si parli a cesare in Bisanzio.
Di'? Qual oltraggio hai del mio amor? Corono
quella, ch'è tuo rifiuto.
Sposa non la volesti, io la fo augusta.
Perché sdegni, ch'io sia
possessor di quel bene,
che a te tolse alterezza, e frenesia?
VARANE
Ah! signor, già condanno
quel superbo pensier. Seguo il tuo esempio.
Degna stimo Atenaide
del tuo impero, del mio, di quel mondo.
TEODOSIO
Ma che pretendi?
VARANE
Oh dio!
Vorrei ciò, che 'l mio amore
far per te non saprà. Vorrei... Ma sire
quel, che spero, non so, né quel che parlo.
Pesi il tuo cor sé stesso, e vegga quanto
a pro d'un infelice
possa aver di virtù, possa esser grande.
Ecco vinto il fasto: ecco abbattuta
la mia vana fierezza.
Imploro tua bontade,
ah! Basti all'odio tuo vederti avante
il figlio d'Isdegarde supplicante.
TEODOSIO
Mi toccano i tuoi mali,
più che i trasporti. Senti: amo Eudossa,
ma l'amo con virtù. Vo', che l'amore
mi acquisti la sua fede, e non la forza.
Vo' lasciarla tra noi
in libertà di scelta:
sì, vo' dalla sua bocca udire il nostro
oracolo fatal. Se l'hai propizio,
godrò della tua sorte,
né un cor t'invidierò, che tuo esser volle.
Ma se per me decide, i nostri amori
più non turbar. Lascia, che meco in trono
regni la tua Atenaide, e non geloso
mira la sua grandezza, e 'l mio riposo.
VARANE
Al tuo voler m'inchino,
e dalla bella attendo,
o felice, o funesto il mio destino.

Scena undicesima

Atenaide, Probo, e detti.
TEODOSIO
Nelle tue nozze Eudossa
io riponea tutto il mio ben. Ma poco
apprezzo la tua destra,
se mi manca il tuo core.
Questo tra me, e Varane
decida in libertà. Scelga tra noi
il più caro amator, non il più degno.
ATENAIDE
E che? Pensi ch'io possa?...
TEODOSIO
No, no, seco ti lascio. A lui sincero
parli il tuo cor. Qualunque
il voler ne sarà, giuro per questo,
che il crin mi cinge imperial diadema,
ne osserverò la legge.
Probo.
PROBO
Cesare.
TEODOSIO
Prendi
quest'aurea gemma: a quello
la recherai, che dall'amor d'Eudossa
sarà eletto in consorte.
PROBO
Ubbidirò.
VARANE
(Speme risorgi.)
TEODOSIO
Addio.
Benché sforzo sì grande,
vita, e felicità possa costarmi,
potrò bella Atenaide,
udir la tua sentenza, e non lagnarmi.

Al tribunal d'amore
esamina il tuo core,
e scegli quel fra noi,
che più ti piace.
Decidi in libertà,
la tua felicità,
la nostra pace.

Scena dodicesima

Atenaide, Varane, e Probo.
PROBO
(In disparte qui attendo.)
ATENAIDE
(Mi rinfranchi virtù.)
VARANE
(M'aiti amore.)
Il misero Varane, o tanto indarno
sospirata Atenaide,
avrà pur il piacer di favellarti.
ATENAIDE
Parli egli pur. Così comanda augusto.
VARANE
Intendo: col suo core
ti disponi ad udirmi,
col tuo non già, che troppo
egli arde a' danni miei d'odio funesto.
ATENAIDE
Deggio ubbidir: quanto far posso, è questo.
VARANE
E per me nulla puoi? Non che sazia
sei dell'aspre mie pene?
A un solo error, tanto supplizio? Oh dèi!
Per te, che non soffersi?
Qual mar, qual lido non tentai? Fin dove
de' sospir miei sull'ale
volar non feci d'Atenaide il nome?
Cor non fu, ch'a' miei pianti
negasse i suoi. S'è impietosito il cielo
col guidarmi in Bisanzio.
Un sol giorno, un sol punto
mi ti togliea per sempre. A tempo ancora
posso offrirti pentito, e nozze, e trono.
Atenaide, mio ben, pietà, perdono.
ATENAIDE
Principe, anche in Bisanzio
vieni a turbare la mia quiete? I mali
nel mio cielo natio per te sofferti
non ti bastano ancora?
VARANE
Eccomi a ripararli
col pentimento mio.
ATENAIDE
Tardo me 'l rechi,
e inutilmente il rechi.
Data è già la mia fede,
e di cesare io son.
VARANE
Sei di Varane,
se ben rifletti ai primi
giurati affetti.
ATENAIDE
A quei rifletto, a quelli,
che tu stesso tradisti,
a quei, ch'ora mi fanno augusta, e sposa.
VARANE
È ver, mirarti in fronte
il diadema de' cesari, è un gran fregio;
ma qui in grado d'augusta,
sarai serva a Pulcheria. In Persia io 'l primo
sarò de' tuoi vassalli,
ed a' sudditi miei
saranno i tuoi belli occhi, e leggi, e dèi.
ATENAIDE
Principe, è tempo alfine,
che in più liberi sensi il cor ti mostri.
Tutte le offerte tue, le tue lusinghe
non faranno, ch'Eudossa
a cesare sia ingrata;
e del tuo amor mi stimeresti indegna,
se tua potesse farmi un tradimento?
Tempo fu, che contento
volea farti il mio cor. Forse non senza
lagrime io ti perdei.
Forse ad esser d'altrui l'alma disposi
con violenza, e forse...
Ma che? Troppo già dissi.
Di cesare ora son. Data è la fede,
se non la destra. Esser di lui sol voglio.
Quando alla tua corona
nuovi imperi aggiungessi, e nuovi mondi,
e quando ancor per legge
di rio destin andar dovesse augusto
infelice, ramingo, e fuggitivo,
non cangerei desio, né cor, né fede,
e mi saria più dolce
con lui misera errar, con lui meschina,
ch'esser lieta con te, con te regina.
VARANE
Ebben facciasi. All'aspra
dura sentenza il mio sangue soscriva.
Vanne al talamo augusto
sul cadavere mio.
ATENAIDE
Tanto non chieggio,
prence da te. Soffri il tuo fato. Vivi
a più degna beltà, vivi a Pulcheria.
Questo al tuo amor, sol questo
favor dimando: ama Pulcheria, e vivi.
Probo, tu quella gemma
rendi...
VARANE
Ferma Atenaide.
Sugli occhi miei felice
non sia il rival. Lascia, ch'io volga altrove
e le lagrime, e l'ire.
Trema per lui. Morire
posso ben disperato,
ma non solo, non vil, né invendicato.

Il mio amore ~ diventa furore,
rabbia spiro, e vendetta dal sen.
Non trabocchi
più pianto dagli occhi;
ma sia spruzzo di fiamma nel core,
e sul labbro si cangi in velen.

Scena tredicesima

Atenaide, e Probo.
PROBO
Temo, e compiango il suo dolor.
ATENAIDE
Mi fanno
senso le sue querele,
ma così oprar degg'io.
Ei così dée soffrir. Probo, tu intanto
reca con questa gemma
al mio signor, e tuo la certa prova
di quella fé, con cui l'amo, e l'adoro.
PROBO
Eseguirò. (Nel core
sento d'amico prence il fier martoro.)

Vado a recar contenti
a chi sospira, e pena
per tua gentil beltà.
In mezzo a tuoi tormenti
ei darà fede, appena
a quel piacer, che in petto
amor gli sveglierà.

Scena quattordicesima

Atenaide, poi Leontino.
ATENAIDE
Vinta è già la procella. Eccomi in porto.
Né del primo terror mi resta in seno
il minor turbamento.
Il mio franco riposo
vien da virtù...
LEONTINO
Ma la virtude, o figlia,
nuova fuga c'impone.
ATENAIDE
Fuggir? Perché?
LEONTINO
La fiamma
dagli occhi tuoi ne' due monarchi accesa
a scoppiare è vicina in guerra atroce.
ATENAIDE
Cesare io scelsi, e al suo giudizio deve
acchetarsi Varane.
LEONTINO
Non lo sperar. Fede, che torni in danno,
non serbano i potenti, e men gli amanti,
se resti, avrai di che lagnarti. Andiamo.
ATENAIDE
Perdonami signor. Sposa d'augusto
sarò fra poco. Egli m'adora...
LEONTINO
Eh! Figlia,
sono gli amori in corte
di debol tempra. Ove le torni in grado
politica gli scioglie.
Più giova al greco impero il Perso amico,
ch'Eudossa imperatrice.
ATENAIDE
Mi fe' troppo infelice
la prima fuga, e pur l'impose onore.
Or l'impone il timor, né mancar posso
alla fé, che giurai.
LEONTINO
Incauta figlia ancor ti pentirai.

Aura d'amore, e fede
a te volando intorno
t'arresta, o figlia il piede,
e pur t'inganna.
Lascia la fé, l'amor,
deh segui il genitor,
che vago del tuo ben
per te s'affanna.
ATENAIDE
Troppo timore in seno
ricetta il genitor. La mia speranza
m'addita un regio soglio,
né dal mio ben ritrarre il piede io voglio.

Eccelso trono, ~ fedel consorte,
sono un dono, ~ che la sorte
così facile non dà.
Se lo perdo, è mia sciagura,
ma se lascio, è mia viltà.

ATTO TERZO

Scena prima

Cortile corrispondente al giardino.
Probo.
PROBO
Che mi dite, o pensieri?
Tradire il mio signor? Con quale speme?
Per qual mercé? V'intendo,
s'Eudossa è di Teodosio,
Pulcheria (o dio!) fia di Varane (o cieli!)
Con qual furor mi si risveglia in seno
la gelosa mia tema?
Salvisi a me la bella.
Lungi è il rival. Con un inganno istesso
servo a me, servo a lei, servo all'amico.
Ma Teodosio è 'l mio re... che fo?... Che dico?

Alme perfide insegnatemi
a peccar con più riposo.
Avvelena ogni piacere
un rimorso tormentoso.

Scena seconda

Varane con Guardie.
VARANE
Ove mi tragga il passo, ove il pensiero,
non so, non veggio. Ah Probo
crudele amico, anco il tuo aspetto accresce
le pene mie. Sì, più l'irrita. Esponi
con qual cor, con qual fronte il mio rivale
ricevé il lieto avviso e 'l fatal dono?
Di': sulle mie sciagure
quale insultò? Nulla tacer. Non cerco
che oggetti d'ira, di dolor, di morte.
PROBO
(Ecco il tempo.) Signor
meno misero sei, di quel che pensi.
VARANE
È ver. Sì grandi sono
i mali miei, che appieno
né concepirli, né sentirli io posso.
PROBO
Ravvisa in questa gemma...
VARANE
Eh! Toglimi dagli occhi
l'infausta pietra, onde segnar le stelle
l'ultimo de' miei giorni.
PROBO
Anzi il più lieto.
VARANE
Ho perduta Atenaide.
PROBO
Ella è tua sposa:
eccone il testimon, Probo te 'l reca.
VARANE Come? Atenaide? E sarà vero?
PROBO
Appena
da lei movesti il piede,
che vinta da pietà, spinta da amore,
vanne, Probo, mi disse,
vanne sull'orme sue: digli, che paga
son del suo pentimento.
Va', reca a lui...
VARANE
Probo non più; l'estremo
piacer mi opprime, e in rendermi la vita
quasi quasi m'uccide.

Io t'abbraccio, o dolce amico,
io ti bacio, o caro dono.
PROBO
Viene augusto. (Ahi! Che feci?)

Scena terza

Teodosio con Séguito, Pulcheria, e detti.
TEODOSIO
No, Pulcheria. Ecco Probo, ecco Varane,
non m'ingannai.
PULCHERIA
Del torto
meglio ti rassicura.
TEODOSIO
Me 'l disse il cor. Certa è la mia sventura.
VARANE
Signor, quanto più lieto a te verrei,
se il mio piacer costarti
non dovesse sospiri.
Ma tolga il ciel, ch'io di mia sorte abusi,
e mi ti mostri ingrato.
Se non era il tuo cor sì generoso,
or il mio non saria sì fortunato.
TEODOSIO
Prence, qualunque sia
la tua sorte, e la mia, da me prescritte
ne fur le leggi, e a quelle
istesse leggi io servirò d'esempio.
PULCHERIA
(Egli è tradito: o perfida Atenaide!)
TEODOSIO
Probo, adunque egli è ver? Mi rende Eudossa
questa mercé, paga così l'ingrata
le mie beneficenze, e la mia fede?
Nel tuo dolor ben veggio
la pietà, ch'hai di me; veggio il tuo zelo.
Ma, te ne assolvo, parla;
udir voglio da te, che fosti
testimon di quell'anima spergiura,
tutto il suo error, tutta la mia sciagura.
PROBO
Signor, che dir poss'io? Quell'aurea gemma
sfavilla in mano al principe de' Persi,
di troppa luce: ed ella
più di quel, che potrei, parla al tuo core.
TEODOSIO
O gemma! O vita! O infedeltà! O dolore!
PULCHERIA
Sugli occhi del rival frena il tuo pianto.
VARANE
Ora è tempo, in cui dia
la tua virtù l'ultime prove.
TEODOSIO
Prence
ti basti esser felice; a te non chieggo,
né pietà, né conforto.
Del mio fato crudel l'ultimo vanto
questo saria, l'esser da te compianto.
VARANE
Parto, ché so qual sia
pena spietata, e ria
la vista d'un rival lieto, e contento.
Ed io crudel sarei,
se oggetto di diletto
facessi agli occhi miei
del tuo tormento.

Scena quarta

Teodosio, Pulcheria, e Probo.
TEODOSIO
Qual discolpa, o germana,
rechi per l'infedel? Che puoi tu dirmi?
PULCHERIA
Ch'ella indegna è di te, ch'io son delusa,
che tu tradito sei.
TEODOSIO
E 'l più misero aggiungi, e 'l più dolente:
ma Teodosio non son, non sono augusto,
se pentir non ti fo di tua incostanza
iniquissima donna.
PROBO
In Bisanzio non devi
più tollerarla: ella ne parta; e tosto
parta col suo Varane.
TEODOSIO
Sì, parta l'empia.
PULCHERIA
Ella a noi volge il passo.
TEODOSIO
Ma pria l'ira mia
le rinfacci le colpe.
PROBO
Ah no! Vederla
dopo sì grand'eccesso
è un tormentar, è un avvilir sé stesso.
TEODOSIO
Invan: qui voglio...
PULCHERIA
Parti; a me la cura
lascia di tua vendetta.
TEODOSIO
Anch'io saprò...
PROBO
Se resti,
il tuo grado n'è offeso.
PULCHERIA
E la costanza tua n'è più commossa.
TEODOSIO
(Quanto mi costa il non veder più Eudossa.)

Scena quinta

Pulcheria, poi Atenaide.
PULCHERIA
Mira, come sicura,
come lieta se n' viene.
Chi non diria, ch'ella è innocente?
ATENAIDE
Augusta,
vero amor, pura fede
ad ogni altro consiglio
in quest'alma prevalse.
PULCHERIA
(Ancor se n' vanta?)
ATENAIDE
Fra Teodosio, e Varane
scelsi, qual più dovea. Mai sì tranquilla
non mi sentii: tutti del primo affetto
sono spenti i rimorsi;
e del mio ben contenta, e del mio fato,
appena mi sovvien d'aver già amato.
PULCHERIA
(Odi l'alma proterva, odi, qual parla?)
ATENAIDE
Qual silenzio? Qual torbido? Eh più lieta
applaudi alla mia scelta;
a quella onde tu stessa
sei non ultima parte.
PULCHERIA
(Più non resisto.) Io che v'applauda? Io parte
avrò nella tua colpa? Ed osi ancora
presentarla al mio sguardo?
Farne pompa al mio sdegno?
ATENAIDE
In che son rea?
PULCHERIA
Lieve eccesso all'ingrato
sembra l'ingratitudine, all'infido
la poca fé: ma iniqua,
ne ha più senso Pulcheria
di quel, che pensi: da quest'ora indegna
del mio amor ti dichiaro,
del mio favor, della memoria mia.
Ne arrossisco, di quanto
e per te feci, e per te far dovea.
ATENAIDE
Almen...
PULCHERIA
Taci, non deggio,
né rimirarti più, né più ascoltarti.
ATENAIDE
Se errai...
PULCHERIA
Se errasti? Meco
t'infingi ancor? Perfida, taci, e parti.

Più non vuò mirar quel volto,
più ascoltar non vuò quel labbro,
lusinghiero, e traditor.
Labbro, e volto
in cui sta accolto,
il più iniquo, e scellerato,
il più ingrato, ed empio cor.

Scena sesta

Atenaide, poi Teodosio con Séguito.
ATENAIDE
Meco augusta così? Così Pulcheria?
Quella, che già m'amò sposa a Teodosio,
or ne ha dispetto, ed ira?
Intendo. Or che Varane è un mio rifiuto,
ella ne teme il nodo; e al suo piacere
sacrificar vorrebbe,
e l'amor di Teodosio, e 'l mio dovere.
TEODOSIO
Torno anche a tempo.
ATENAIDE
Augusto
nel tuo volto a cercar venia l'intero
mio riposo, e 'l mio bene.
Vedrò negli occhi tuoi...
TEODOSIO
Miragli Eudossa,
fissavi il lieto sguardo;
che se lo sdegno mio, se la mia pena
può farti, e più tranquilla, e più felice,
hai ragion di mirargli, e di goderne.
ATENAIDE
Qual favellar!
TEODOSIO
Miragli, sì, ma poi,
che ne avrai fatto speglio,
che ne avrai fatto pompa agli occhi tuoi,
tremane ingrata, e vile.
Miravi un cor poc'anzi
tutto beneficenza, e ne arrossisci,
poc'anzi tutto amore, ne paventa.
ATENAIDE
(Innocente Atenaide, in che peccasti?)
TEODOSIO
Ma non pensar, che sul mio cor ti resti
altra ragion, che d'odio, e di vendetta.
Già ti esilio da lui,
e qual da lui, da questa
regia, da questo impero io ti do bando,
e ti do bando eterno.
ATENAIDE
Io non più tua?
TEODOSIO
Quella pace a te resti,
che tu mi lasci. Ove trovar tu speri
e grandezze, e diletti, amori, e fasti,
ti seguano sventure, affanni, e pianti:
né a te sovvenga mai, che per rimorso
il nome di Teodosio,
né a me sovvenga mai quello di Eudossa,
che per sentirne orrore.
ATENAIDE
Ma signor...
TEODOSIO
Vanne tosto
ad infettar co' tuoi sospiri altr'aure,
femmina menzognera, ingannatrice;
vattene, e qual mi fai, vivi infelice.

Scena settima

Atenaide.
ATENAIDE
Ferma, Teodosio, ascolta.
L'innocenza a te parla
per bocca mia, tu sei tradito; ascolta.

Tu partisti, e spargo a' venti
prieghi, lagrime, e lamenti.

Qual demone, qual furia oggi a' miei danni
si è scatenata? Augusta
m'aborrisce, e mi fugge;
mi persegue Varane;
mi discaccia Teodosio.
Io ti do bando? E ti do bando eterno?
Sì, sì, vuol la mia morte, e cielo, e inferno.

Vanne tosto, fuggi, vola
disleal lungi da me?
Fuggirò,
volerò,
disprezzata
disperata...
Innocente amor mio, povera fé.

Quant'era meglio, o padre,
che più avessi creduto al tuo consiglio,
che men creduto avessi alla mia speme.
Eccomi, andiam, fuggiamo
quest'empio ciel, queste fatali arene.

In bosco romito,
in povero lito,
qual vil pastorella
i giorni trarrò.
E in semplice stato
al crudo mio fato,
all'empia mia stella
men d'ira sarò.

Scena ottava

Galleria. Notte.
Marziano, poi Pulcheria con Séguito.
MARZIANO
Cor mio che prigion sei
in sen della beltà,
pria di partir vorrei
saper s'ella ti miri
con occhio di pietà.
So ben che lieto stai
né curi libertà,
ma dimmi almen semmai
gradisce i tuoi sospiri
chi sospirar mi fa.
PULCHERIA
Partite. Alle mie stanze
già s'apre l'uscio.
E qual riposo io spero?
Cesare sì tradito:
Eudossa sì infedele:
Marzian sì lontano.
MARZIANO
Eccolo a' tuoi piedi, s'egli è tua pena.
PULCHERIA
Che miro? Ah che vicino or sei mia colpa.
Che fai? Che cerchi? È questo
il guerriero tuo campo?
Qui raccogli i trionfi?
Qui Teodosio t'invia?
MARZIANO
Senza darti un addio, senza ottenerlo,
potea da te partir?
PULCHERIA
T'accieca un troppo,
sì, conviene ch'io 'l dica, un troppo amore.
Se qui alcun ci sorprende:
se in questo punto? O cieli!
Di te, che sarà mai?
Che mai di me? Qual ira
ne avrà Teodosio? Io qual vergogna, ed onta?
Deh! Parti, e la tua vita
risparmia, e l'onor mio.
MARZIANO
Parto, o mia augusta, almeno dimmi addio.
PULCHERIA
Addio. Parti. Ah! Non posso
dirlo, e non sospirar. Crudel sospiro,
più di quel, ch'io volea, fors'ei ti disse.
MARZIANO
E che disse al mio cor?
PULCHERIA
Va': ti concedo
dirlo, qual brami.
MARZIANO
Anche sospir d'amore?
PULCHERIA
Parti. Già sai, perché sospiri un core.

Scena nona

Marziano, poi Varane, e Probo.
MARZIANO
(Vien gente. Io qui m'ascondo.)
PROBO
L'ora è opportuna.
VARANE
Probo,
esser degg'io un rapitor indegno?
PROBO
Chi si ritoglie il suo, nulla rapisce.
VARANE
Violerò le sacre leggi ospitali?
PROBO
Il primo a violarle egli è Teodosio. In onta
de' patti, e giuramenti ei tiene a forza
colà chiusa Atenaide, ora tua sposa.
VARANE
Ritenermi Atenaide?
E ritenerla a forza?
O cesare spergiuro!
Son vinti i miei rimorsi.
Vanne. Affretta i momenti;
prenditi i miei: sono anch'io teco.
PROBO
Tutte
le occulte vie, donde entrar possi in quelle
chiuse stanze, ho palesi.
A me de' miei custodi
bastano l'armi. Intanto
tu qui rimanti, e questo
varco ben custodisci, e qui m'attendi.
VARANE
Il riposo, e la vita
dovrò, amico, al tuo braccio, al tuo consiglio.
PROBO
(Una colpa imperfetta è 'l mio periglio.)

Scena decima

Varane, e Marziano in disparte.
VARANE
Fausto abbia il fin la ben ardita impresa.
MARZIANO
(Udii. Solo non posso
scioglier le trame.)
VARANE
In breve
sarò tuo, sarai mia, cara Atenaide.
MARZIANO
(Non vo', che alcun qui mi sorprenda.)
VARANE
Al seno
parmi sposo abbracciarti.
Festeggiatemi intorno, o lieti amori.
MARZIANO
(Ma schernir saprò altrove i traditori.)

Lieto va l'agricoltore
già vicino al dolce frutto,
per cui tanto sospirò.
Così il premio al mio dolore
fortunato anch'io godrò.

Scena undicesima

Leontino, Atenaide, e Varane in disparte.
VARANE
Ma vien gente. In disparte
trarsi convien. State voi pronti al cenno.
LEONTINO
(ad Atenaide)
La sciagura previdi,
e se al consiglio mio davi più fede,
non saresti in tal pena.
VARANE
(Questi è Leontino.)
ATENAIDE
Padre,
chi temuta in Teodosio
avria tanta ingiustizia?
VARANE
(La mia Atenaide è questa,
e del rival si lagna, e 'l chiama ingiusto.)
LEONTINO
Tutto è in silenzio. Al male
il rimedio anche tardo è pur rimedio.
Alla fuga, alla fuga.
ATENAIDE
Oh per me infauste mura,
nel crudo affanno mio
senza un sospir dirvi non posso addio.

Infausta reggia addio:
ti lascio la mia pace,
e vado a sospirar.
Possa goder beato,
benché spietato, e rio,
il tuo signor, cui piace
farmi così penar.
VARANE
Qui sorprenderla è rischio.
Taciti andiam sull'orme sue, mia cara,
per esser mia dall'ire
di Teodosio t'involi,
ma ti segua il tuo sposo, e ti consoli.
(parte)

Scena dodicesima

Probo con Guardie, poi Teodosio con Pulcheria.
PROBO
Qual disastro? Di Eudossa
tutte invano le stanze
corsi, e cercai. Qui neppur trovo il prence.
Che mai sarà? Così dell'opra il frutto
nel più bel fior si perde?
Ahimè! Vien con Pulcheria
il mio signor tradito. O tema! O speme!
TEODOSIO
E sarà ver? L'infida
potrà fuggir?
PULCHERIA
Fuggì col padre. Or ora
da una sua schiava a me fedel l'intesi.
PROBO
(Che ascolto mai?)
TEODOSIO
Cotanto
ardì nella mia reggia?
Sulle mie luci? Olà, custodi, Probo,
che si chiuda ogni varco:
che si cerchi Leontino:
che mi si torni Eudossa.
Dov'è Varane? O dio! Pulcheria? Io moro.
PROBO
Per l'infedel ti affliggi?
TEODOSIO
Ah! Ch'io l'adoro.
PROBO
Cesare...
TEODOSIO
Immantinente
alla fuga d'Eudossa, e di Leontino
argine si frapponga.

Scena tredicesima

Leontino, e detti.
LEONTINO
Ah! Teodosio, ah! Signor...
TEODOSIO
Perfido: audace?
LEONTINO
Qual vuoi son io; ma l'innocente figlia
a te si salvi, a me si salvi. Armato
me l'ha tolta Varane.
PULCHERIA, TEODOSIO E PROBO
Varane?
LEONTINO
Ed a gran passi
la trae fuor di Bisanzio...
TEODOSIO
Anima vil, tutto è tua trama. In mano
tu la desti a Varane;
ma non pensar, che invendicata fia
la sua fuga, il tuo error, l'offesa mia.
LEONTINO
Deh! Non s'indugi. Eudossa
salvisi tosto, e poi
tutta in me cada a tuo piacer la pena.
PULCHERIA
Vada ella pur...
TEODOSIO
No, no, Pulcheria. Io stesso
sull'orme sue m'accingo.
Seguitemi o miei fidi. Andiamo.
PROBO
Eh sire
il tuo grado no 'l chiede, il tuo decoro.
Resta. Io vi andrò. Qui rivedrai fra poco
libera Eudossa, e prigionier Varane.
TEODOSIO
Sì caro, sì fedel, vattene, e rendi
a cesare il riposo.
PROBO
Vado. Non hai, di che temer tu possa.
(Bell'inganno, che salva
a me la vita, ed a Varane Eudossa.)
(parte)

Scena quattordicesima

Teodosio, Pulcheria, e Leontino.
PULCHERIA
(a Teodosio)
Si confonde il pensier. Sposo ad Eudossa
esser dovea Varane.
Egli ne avea l'amor, ne avea la fede.
A che rapirla? A che fuggir occulto?
TEODOSIO
Temea forse in Teodosio
lo spergiuro, la forza? Ah! Ch'io potea
perder Eudossa, e l'alma,
ma non tradir la fede, e non l'onore,
e serbava ragion nel mio dolore.
LEONTINO
Un solo inganno, un solo
tutti ci fece miseri.
PULCHERIA
(a Leontino)
Un inganno
d'Eudossa, è vero.
TEODOSIO
E tu ne fosti a parte.
LEONTINO
Il vostro cor si disinganni, e in lei
l'innocenza si assolva.
Sì: mia figlia è innocente.
PULCHERIA
Ella, che in seno
chiudea non casta fiamma? E che ripiena
dell'amor di Varane
passava al letto augusto? Ella innocente?
LEONTINO
Se mai...
TEODOSIO
Da me sì amata,
così beneficata
tradirmi? Abbandonarmi? A chi poc'anzi
amò il suo disonor, l'infamia sua,
pospormi sì vilmente?
E nel giorno pospormi,
ch'esser dovea mia sposa,
e regnar sul mio trono? Ella innocente?
LEONTINO
Tregua, signor: tregua Pulcheria all'ire.
La sua innocenza udite.
Posto quel core in libertà di scelta
per te, per te decise. Ella non vide
nell'amor di Varane,
che un oggetto d'orror. Per qual destino
non so, fosti ingannato.
Bando le desti. Ella conobbe il torto.
Se ne dolse: ubbidì: la notte attese,
meco fuggì! Non lunge
rapilla il prence. Ad implorarne aita
frettoloso qui accorsi.
Eccovi il ver. S'io mento,
piombi sulla mia testa
la pena più terribile, e funesta.
PULCHERIA
Ma l'aurea gemma è di Varane. A lui
Probo la diede pur?
LEONTINO
Probo la diede?
Ah! Per qual nuovo inganno
siam più infelici. Probo è traditore
a Pulcheria, ad Eudossa, e al suo signore.
TEODOSIO
Traditor Probo? Ed io poc'anzi a lui
fidai me stesso?
LEONTINO
Ei passa
con Varane secrete intelligenze,
né per altro il seguì, che per tradirti.
TEODOSIO
Sia traditore, o no, convien seguirlo.
Chi ha cor fedel in seno
prenda l'armi, e sia meco.
Dien le trombe guerriere
fuga al riposo. E popoli, e soldati
nell'ippodromo armati
si raccolgano tosto.
Seguami ancor Leontino. Oggi conviene
morir da forti, o riacquistar Eudossa,
ed in sì ingiusta impresa
perder la vita, o vendicar l'offesa.

M'accende amor, l'ire guerriere in petto,
e per beltà fedel vado a pugnar.
Ma se il rival non giungo, ahi, che dispetto!
O se infedel lei trovo, ahi, che penar!

Scena quindicesima

Pulcheria sola.
PULCHERIA
Oh! Marzian, qui fosse. Oh! Del tuo zelo
opra fosse, e trionfo,
il racquisto di Eudossa.
Quanto augusto per te, quanto Pulcheria,
per te saria contenta; e la tua fede
qual merto ne otterrebbe, e qual mercede.

Te solo penso, e amo,
te sol sospiro, e amando
cara ho la gloria tua, quanto il tuo amore.
Oggetto del mio affetto
altro piacer non è,
che la virtù, la fé del tuo gran core.

Scena sedicesima

Ippodromo.
Teodosio con Séguito, e poi Leontino.
TEODOSIO
Duci, soldati, popoli, tradito
son da un principe amico,
da un indegno vassallo:
da Varane, e da Probo. Al vostro braccio
chiedo le usate prove:
chiedo la loro pena al vostro zelo.
Andiamo amici, avrem propizio il cielo.

Scena diciassettesima

Marziano, Probo, e detti.
MARZIANO
Signor, l'invitto brando
serba a maggiori, e più lodate imprese.
TEODOSIO
Marziano?
MARZIANO
A tuoi lumi
non reo, quantunque in onta
al sovrano divieto io mi presento.
A quest'ora già i passi
contro il bulgaro iniquo avrei rivolto,
(accennando Probo)
ma gli arrestò di questo
perfido cor la fellonia malvagia.
LEONTINO
Sì, Probo è il traditor.
TEODOSIO
Suddito iniquo,
esempio di perfidia, anima infame,
perché tradirmi: di'?
Perché? Perché così nella più cara
parte di me tradirmi?
Perché d'ogni vivente
il più misero farmi, il più dolente?
PROBO
Son reo, son empio, traditor, iniquo
degno di mille pene,
di mille morti. Eudossa
è fedele, è innocente.
Ingannato è Varane, e tratto ad arte,
nella perfidia mia. Più dir non posso,
se non chieder la morte.
TEODOSIO
E morte avrai.

(parte Probo accompagnato da' littori)

Scena diciottesima

Teodosio, Marziano, e Leontino.
TEODOSIO
Marzian, Leontino, amico, padre,
che mi giova innocente
la mia Eudossa trovar, quando perduta,
e perdutala forse, oh dio! per sempre?
Vittima di Varane ogni momento
più da me l'allontana. E che s'indugia?
Colà si corra. Andiamo amici, andiamo.
O la mia Eudossa, o la mia morte io bramo.
LEONTINO
Il mio dolor nel suo dolor si perde.
MARZIANO
Eh fermati: ogni traccia è tarda, o vana.
TEODOSIO
Oh dio! Dunque a morir.

Scena diciannovesima

Atenaide, e suddetti.
ATENAIDE
Perché morir, cor mio?
TEODOSIO E LEONTINO
Eudossa?
TEODOSIO
Sposa...
LEONTINO
Figlia...
ATENAIDE
Sì, son tua padre amoroso,
sì son tua mio dolce sposo.
Sì, ti stringo,
sì, ti abbraccio.
TEODOSIO
Sento, che per l'affetto
quest'alma nel mio petto
non sa più che bramar.
ATENAIDE
Dal grand'affanno, o dio,
oh sposo, oh padre mio
mi trovo a respirar.
LEONTINO
Sento che per l'affetto
quest'alma nel mio petto
non sa più che bramar.
ATENAIDE, TEODOSIO E LEONTINO
Un dì sì fortunato
non fu, né mai sarà.
TEODOSIO
O mia speranza bella.
LEONTINO
O mio conforto, e calma.
ATENAIDE
Nel sen contenta ho l'alma.
ATENAIDE, TEODOSIO E LEONTINO
Più tema il cor non ha.
Sento che per l'affetto
quest'alma nel mio petto
non sa più che bramar.
TEODOSIO
Ma chi del fier Varane
ti liberò dal violento amore?
ATENAIDE
Il tuo duce fedel.
TEODOSIO
Che? Marziano,
dei benefici suoi tacque il più grande?
MARZIANO
Oprai ciò, ch'io dovea. Fuor di Bisanzio
in Varane m'incontro: odo le strida
della rapita Eudossa.
Col fior de' miei l'assalgo
cinto da' suoi seguaci. Ardito, e forte
sostien la pugna. Arriva
nel più fier della mischia
Probo, e fellone a lui soccorre. In questa
vinto alfin, ne' miei ceppi
Probo riman. Racquisto Eudossa. Al prence
si permette la fuga,
perché in lui si rispetta il regal padre.
Torno a te vincitor: ti rendo Eudossa.
TEODOSIO
E con Eudossa a me rendesti il core.
O cara.
LEONTINO
O figlia.
ATENAIDE
O sposo, o genitore.

Scena ventesima

Pulcheria, e detti.
PULCHERIA
Di tante gioie a parte
esser potrà Pulcheria?
E da te generosa
il perdono otterrà d'un'ira ingiusta?
ATENAIDE
Sovrana mia, benefattrice augusta.
TEODOSIO
A Marzian, per cui cotanto bene
oggi si è dato in sorte,
nulla dirai germana?
PULCHERIA
L'alma grande si appaga
del bene oprar, né chiede
contenta di sé stessa altra mercede.
TEODOSIO
Parla così l'eroe, ma non l'amante.
Egli degno è di te.
PULCHERIA
Né tal lo niego.
Or li basti così. Verrà anche un giorno
ch'egli vedrà più certa
la mia riconoscenza.
MARZIANO
Basta alla mia costanza
anche la sola gloria
di poterti adorar senza speranza.
TEODOSIO
Al tempio, Eudossa, al tempio:
né più si differisca il nostro bene.

Scena ultima

Varane, e detti.
VARANE
Varane anche le vostre
pubbliche gioie a coronar se n' viene.
TEODOSIO
Qual vista?
VARANE
Non ti turbi
cesare il mio ritorno.
Per l'acquisto d'Eudossa,
quel forte amor, che mi consuma, ed arde,
tutto tentar potea fuor, che rapirla,
e rapirla già tua. M'ingannò Probo,
e col darmi la gemma,
e col dirmi, che a forza, e contro i patti
la ritenevi in tuo poter. La sorte
a te rese giustizia,
ma se mi toglie Eudossa,
non mi tolga il tuo cor la sua amistade.
Vagliami questa a risarcire in parte
la gran perdita mia.
TEODOSIO
Tutto s'oblii. Vuoi l'amistà d'augusto?
Al figlio d'Isdegarde ella si dia.
CORO
Bel goder quando si gode
con la pace, e con l'amor.
L'odio ingiusto, e l'empia frode
son trofeo dell'innocenza,
son trionfo del valor.



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Ultimo aggiornamento 2 aqosto 2020