Concerto in do maggiore per archi e basso continuo, RV 114


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (do maggiore)
  2. Adagio (do maggiore)
  3. Ciaccona (do maggiore)
Organico: archi, basso continuo
Composizione: 1717
Edizione: Ricordi, Milano, 1970
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Se Arcangelo Corelli ha avuto il ruolo fondamentale nell'emancipare definitivamente la musica strumentale, tra i tanti meriti di Antonio Vivaldi vi è quello di aver definito in modo inequivocabile la 'grammatica' del concerto solistico. Violinista virtuoso e compositore fecondissimo, Vivaldi è noto per il suo sterminato catalogo, gran parte del quale fu riscoperto, in senso letterale, solo nella prima parte del secolo scorso, e non cessa di riservare sorprese ancora oggi, sia nel repertorio strumentale sia in quello vocale.

Il Concerto per archi RV114 è conservato nella Bibliothèque Nationale di Parigi, in una raccolta di «concerti ripieni», ossia senza solisti. Non conosciamo l'anno né le circostanze della composizione. Le inflessioni francesi di alcuni di questi brani, tra i quali il Concerto RV 114, fanno supporre che la raccolta fosse destinata a un committente francese, forse l'ambasciatore a Venezia. Il movimento più interessante è l'ultimo, un'articolata Ciaccona, una serie di variazioni su un basso ostinato, nel caso specifico un motivo discendente di un'ottava.

Luca Della Libera

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il «concerto ripieno» é un concerto per orchestra a quattro parti (due violini, viola e basso: cioè, il cosiddetto «ripieno»), senza solisti. Coltivato tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo da autori come Torelli, Albinoni, Dall'Abaco, il concerto per orchestra godeva di particolare fortuna a Venezia. Vivaldi scrisse, per la massima parte dopo il 1720, una quarantina di «concerti ripieni», con una sola eccezione rimasti manoscritti vivente l'autore e che nel complesso rappresentano uno dei settori più affascinanti della sua vastissima produzione strumentale.

Vivaldi concepisce il concerto per orchestra come un genere particolarmente congeniale alla sperimentazione: in effetti l'assenza dell'elemento solistico, che presuppone un virtuosismo in sé dispersivo e centrifugo cui dare adito in appositi episodi, consente all'autore di concentrale l'attenzione sull'aspetto propriamente compositivo. Sia pure in modo indicativo, i concerti per orchestra di Vivaldi possono essere suddivisi in tre gruppi: concerti di stile e impegno compositivo elevato connotati da scrittura contrappuntistica ed elaborazione tematica, concerti di piccole dimensioni e di tono leggero prossimi al modello della sinfonia operistica e infine concerti improntati a una medietà di formato e registro.

I concerti per orchestra non erano scritti soltanto per l'orchestra della Pietà ma soddisfavano anche le richieste di una clientela internazionale. La raccolta dei dodici concerti di Parigi fu probabilmente assemblata nel corso degli anni Venti per un committente transalpino e rappresenta un campionario delle varie accezioni e sfumature del «concerto ripieno» vivaldiano.

Di elevato registro stilistico, il Concerto V in do maggiore RV 114 è nella raccolta quello più esplicitamente segnato dal gusto francese.

L'Allegro iniziale si fonda per intero sul ritmo saccadé (a scatti, frammentario) determinato da figure in ritmo puntato e brevi «tirate» (rapide successioni di note congiunte) e presenta, specie nel terzo e quarto periodo, un pregevole tessuto contrappuntistico. Vivaldi diversifica alcuno sezioni intermedie attraverso la dinamica (piano) e la strumentazione (violini e viola senza il basso). La forma è quella abitualmente adottata da Vivaldi nei «concerti ripieni» e si può descrivere come una struttura col ritornello priva di episodi solistici, con un certo numero di periodi (nel caso specifico, cinque) di solito aperti da una stessa sezione principale e che dal punto di vista armonico e sintattico si incatenano l'uno all'altro senza soluzione di continuità. Qui il primo periodo è per intero nella tonica, do maggiore; il secondo procede dalla tonica alla sopratonica, re minore; il terzo dalla sopratonica, re minore, al relativo, la minore; il quarto da relativo, la minore, alla mediante, mi minore: dopo una cadenza, il quinto si svolge ancora nella tonica, do maggiore.

Il prospetto qui tratteggiato, con l'eccezione del primo periodo che spesso si conclude con una modulazione a una tonalità diversa da quella iniziale, vale come riferimento di massima per tutti gli altri movimenti della raccolta nella stessa forma.

Il movimento culmina in una fermata; il tempo centrale si riduce a due battute di Adagio, una cadenza sospesa proiettata verso l'attacco della Ciaccona finale, costituita da quindici variazioni sullo stesso basso ostinato, ma in versione diatonica, del primo movimento di RV 157. A differenza di quanto accade in RV 157, la continuità della sequenza delle variazioni qui non è sistematica e quando si verifica non è assicurata dalla concatenazione armonica bensì dalle figure melodiche a cavallo del punto di saldatura tra l'inizio di una variazione e l'inizio di quella successiva. Le variazioni sono raggruppate in tre grandi blocchi. La prima parte comprende le variazioni 1-9; nella parte centrale, in minore, che abbraccia le variazioni 10-14, il basso diventa cromatico; segue una ripresa con la variazione 15 identica alla variazione I e una chiusa.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 11 gennaio 2013
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 112 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 13 febbraio 2017