La fama di Vivaldi è legata soprattutto alle raccolte strumentali e ai concerti, dove riversò il suo temperamento ardente e irrequieto e la sua inesauribile invenzione musicale, sotto il profilo tecnico ed estetico. Dopo aver seguito rispettosamente l'insegnamento di Corelli e di Albinoni che avevano portato al massimo sviluppo il cosiddetto concerto grosso, cioè un componimento in cui un gruppo di strumentisti scelti (il concertino) si contrappone al grosso dell'orchestra (o ripieno), Vivaldi introdusse sostanziali cambiamenti all'interno della forma del concerto, sviluppando certi aspetti solistici che avrebbero avuto larga risonanza nel periodo classico. Oltre ad adottare abitualmente la forma tripartita (allegro-adagio-allegro) e a regolare con equilibrio il contrasto fra i due movimenti di apertura e di chiusura e quello centrale, Vivaldi tende costantemente alle ariose e audaci conquiste dell'espressione solistica, secondo un modo di comporre particolarmente apprezzato dai contemporanei del musicista e dallo stesso Bach. Si prendano, ad esempio, i celebri quattro concerti che aprono l'op. 8 «Il Cimento dell'Armonia e dell'Invenzione» e che si intitolano alle stagioni, «La Primavera», «L'Estate», «L'Autunno», «L'Inverno»: al di là dei valori sostanziali della musica, si tratta di vere composizioni per un violino solista accompagnato da orchestra d'archi e clavicembalo per il basso continuo.
Anche il Concerto oggi in programma, che appartiene alla immensa produzione vivaldiana del settore (si parla di oltre 250 concerti per archi e cembalo) non si distacca da questa linea stilistica e alterna in un brillante contrasto pezzi d'insieme a fioriture solistiche, in un impasto strumentale di piacevole effetto.