Concerto in re maggiore per archi e basso continuo, RV 123


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (re maggiore)
  2. Adagio (re maggiore)
  3. Allegro (re maggiore)
Organico: archi, basso continuo
Composizione: 1720 - 1724
Edizione: Ricordi, Milano, 1951

Il terzo movimento è rielaborato nel quarto movimento del Concerto funebre RV 579
Guida all'ascolto (nota 1)

"Qui la musica senza confronti è quella degli ospedali"
(Ch. De Brosses)

Così scriveva l'intellettuale francese Charles de Brosses nel 1739 aggiungendo: "Ve ne sono quattro, tutti popolati di fanciulle bastarde, oppure orfane, oltre a quelle che i genitori non sono in grado di mantenere. Esse sono allevate a spese dello stato ed esercitate unicamente ad eccellere nella musica. Perciò cantano come angeli e suonano il violino, il flauto, l'organo, l'oboe, il violoncello e il fagotto; insomma non c'è strumento, per quanto grosso, che riesca ad intimidirle. Vivono in clausura come le monache. Soltanto loro partecipano alle esecuzioni ed ogni concerto può contare su di una quarantina di ragazze. Vi giuro che niente eguaglia il diletto di vedere una monachella giovane e carina, vestita di bianco, con un mazzolino di fiori di melograno all'orecchio, dirigere l'orchestra e battere il tempo con tutta la grazia e la precisione immaginabili".

Il più noto fra i quattro Ospedali (strutture nate nel XIV secolo come ostelli per pellegrini) era quello detto "della Pietà" (ai tempi sistemato in un edificio sulla Riva degli Schiavoni, di fronte all'isola di San Giorgio Maggiore) presso cui Antonio Vivaldi lavorò per quasi tutta la sua vita come "Maestro de' concerti"; un ruolo che rappresentò per lui non solo la sicurezza del pane quotidiano ma soprattutto un posto di grande prestigio professionale e un laboratorio di alto livello dove mettere a punto i suoi esperimenti di composizione.

Il rapporto fra Vivaldi e la Congregazione della Pietà, iniziato nel 1704, era regolato da un contratto "rinnovabile": il suo compito principale era soprattutto l'insegnamento del violino ma doveva anche occuparsi dell'acquisto di strumenti per la Cappella e della direzione delle esecuzioni orchestrali pubbliche e private. La composizione delle musiche spettava invece al "Maestro del Choro" che all'epoca era il celebre Francesco Gasparini. Quando, nel 1713, quest'ultimo abbandona l'incarico, il suo sostituto, Pietro Dall'Olio, si dimostra però incapace di mantenere il ritmo incessante della produzione musicale necessaria alle esigenze della Cappella dell'Ospedale. L'opportunità passa quindi a Vivaldi che, il 2 giugno 1715, viene ufficialmente nominato "Maestro de' Concerti" con la seguente motivazione: "Rileva questa Pia Congregatione della Supplica del Reverendo Don Antonio Vivaldi Maestro di Violino del Choro di questo Pio Luoco, et dalla scrittura deIli Signori Governatori Nostri Deputati al Choro ora letta, le ben notte applicationi e frutuose fatiche prestatte dal Medesimo, non solo nel educar le figlie nelli concerti di suono, con frutto, e universale agradimento, mà anco le vertuose compositioni in musica contribuite doppo l'absenza del sudetto maestro Gasparini, di una Messa intiera, un Vespero, un Oratorio, più di trenta Motetti et altre fatiche".

Con il passare degli anni però il compositore sente l'esigenza di allontanarsi da Venezia, sia per soddisfare altre committenze (soprattutto operistiche) sia per cercare i favori di nuovi mecenati. Tali assenze, dapprima mal tollerate dai governatori della Pietà, furono in seguito concordate fra le parti: a Vivaldi si chiedeva di continuare a comporre una serie di lavori per la Cappella e - qualora fosse stato lontano - di inviarli tramite spedizione postale (purché le spese non fossero addebitate all'Ospedale); quando invece si fosse trovato in città doveva dirigere personalmente l'orchestra.

E d'altra parte la maggior parte dei suoi lavori strumentali furono scritti proprio per le sue bravissime "Putte". Fra loro spiccava una certa Annamaria, violinista eccelsa, per la quale il compositore scriverà esplicitamente i due Concerti per violino RV 762 e RV 286. Un simpatico poemetto anonimo ascrivibile alla fine del 1730 dal titolo Sopra Le Pute Della Pietà Di Coro ce la descrive: [...] Vien la brutta Annamaria vera idea del buon, del bello. / Il Violin suona in maniera / che chi l'ode imparadisa / se pur là su l'alta sfera / suonan gli Angeli in tal guisa / brava in lei del par la Mano / e del Manico, e dell'Arco / l'altra egual si cerca in vano / nello stato di San Marco / anzi in tutto l'orbe intero / non hà egual Femmina, ed Uomo / non esagero, ed il vero / dico ben da Galantuomo. / Come lei qual professore / suona Cembalo, o Violino / Violoncel, Viola d'Amore / Liuto, Tiorba, e Mandolino. / Queste in vero son virtù / da eternar chi le possiede / pure in lei vi è ancor di più [...]"

Il legame con la Pietà cesserà definitivamente solo nel 1740 a causa della decisione di Vivaldi di partire per Vienna. La morte lo coglierà proprio nella capitale austriaca solo pochi mesi dopo.

Il mistero dell'orologio e del tempo giusto

"L'orologio è simbolo della nostra epoca. Pensate agli scatti degli ingranaggi. Ecco: la mia musica è un orologio. Infatti l'ora è divisa in sessanta minuti di sessanta secondi. E pure sul pentagramma la nota intera è suddivisa in mezzi, i mezzi in quarti, i quarti in sedicesimi, i sedicesimi in trentaduesimi. Suoni sempre più brevi e più veloci. Frazioni progressive ritmicamente incessanti... La mia è l'arte della frammentazione... Il segreto della mia musica è tutta qui... Nel mistero dell'orologio e del tempo giusto" (da T. Giliberto, Vivaldi: notte e follia del Prete Rosso).

Dietro questa immaginaria affermazione si nasconde in realtà il vero senso del Concerto barocco vivaldiano, con tutto il suo straordinario potenziale drammatico e teatrale: ogni frase musicale viene scacciata via da quella successiva, i sensi dell'ascoltatore sono di continuo sollecitati da frammenti, idee, guizzi, virtuosismi, riccioli decorativi, alternanza di piani e forti, da una grattata sulle corde, una dissonanza, un trillo stridulo. Tutto scorre per tener desta l'attenzione, per suscitare cioè la "meraviglia".

Vivaldi ebbe insomma un ruolo fondamentale nella storia e nello sviluppo di questa forma, già a partire dalle composizioni che ne serbano il significato più antico, cioè quello del "mettere insieme", della ricerca dell'armonia del Tutti.

È il caso ad esempio dei concerti per soli archi (classificati come concerti a quattro) come il Concerto in re maggiore RV 123, il Concerto in sol minore RV 157 e il Concerto in la maggiore RV 158.

Il suo talento lo porta ad uscire dagli schemi accademici per entrare nel regno della fantasia, della comunicazione estroversa, chiara ed espressiva, tale da poter essere apprezzata dal grande pubblico e non solo da una minoranza di specialisti. Vivaldi fra l'altro sceglie di codificare definitivamente la struttura del concerto in tre parti: due movimenti Allegri (generalmente caratterizzati da un "motto" - una idea melodica chiaramente identificabile all'ascolto - sulla quale si innestano rielaborazioni sempre diverse, a volte virtuosistiche, a volte marcatamente ritmiche, a volte originalmente modulanti), separati da un tempo Lento centrale (il cui elemento distintivo è quasi sempre una intonazione languida, cantabile, appassionata).

Laura Pietrantoni


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 30 marzo 2012


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Ultimo aggiornamento 25 novembre 2015