Concerto in re minore per archi e basso continuo, RV 127


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (re minore)
  2. Largo (fa maggiore)
  3. Allegro (re minore)
Organico: archi, basso continuo
Composizione: 1720 - 1724
Edizione: Ricordi, Milano, 1954
Guida all'ascolto (nota 1)

Il «concerto ripieno» é un concerto per orchestra a quattro parti (due violini, viola e basso: cioè, il cosiddetto «ripieno»), senza solisti. Coltivato tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo da autori come Torelli, Albinoni, Dall'Abaco, il concerto per orchestra godeva di particolare fortuna a Venezia. Vivaldi scrisse, per la massima parte dopo il 1720, una quarantina di «concerti ripieni», con una sola eccezione rimasti manoscritti vivente l'autore e che nel complesso rappresentano uno dei settori più affascinanti della sua vastissima produzione strumentale.

Vivaldi concepisce il concerto per orchestra come un genere particolarmente congeniale alla sperimentazione: in effetti l'assenza dell'elemento solistico, che presuppone un virtuosismo in sé dispersivo e centrifugo cui dare adito in appositi episodi, consente all'autore di concentrale l'attenzione sull'aspetto propriamente compositivo. Sia pure in modo indicativo, i concerti per orchestra di Vivaldi possono essere suddivisi in tre gruppi: concerti di stile e impegno compositivo elevato connotati da scrittura contrappuntistica ed elaborazione tematica, concerti di piccole dimensioni e di tono leggero prossimi al modello della sinfonia operistica e infine concerti improntati a una medietà di formato e registro.

I concerti per orchestra non erano scritti soltanto per l'orchestra della Pietà ma soddisfavano anche le richieste di una clientela internazionale. La raccolta dei dodici concerti di Parigi fu probabilmente assemblata nel corso degli anni Venti per un committente transalpino e rappresenta un campionario delle varie accezioni e sfumature del «concerto ripieno» vivaldiano.

Il mediocre assunto ispirativo del Concerto VIII in re minore RV 127 si coglie nella tendenziale omofonia della scrittura, nella scarsa inventiva e nella quasi assoluta mancanza di elaborazione e diversificazione interna dei periodi, tanto nell'Allegro inziale quanto in quello finale con i violini che suonano all'unisono una filza uniforme di sedicesimi configurando una sorta di moto perpetuo. Il Largo presenta invece una semplice configurazione accordale.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 112 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 14 febbraio 2017