Concerto in fa minore per violino, archi e continuo "L'inverno", op. 8 n. 4, RV 297


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro non molto (fa minore)
  2. Largo (mi bemolle maggiore)
  3. Allegro (fa minore)
Organico: violino solista, archi, basso continuo
Composizione: 1725
Edizione: Michel-Charles Le Cène, Amsterdam, 1727
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

L'Allegro non molto descrive le sensazioni di tremito causate dal freddo più intenso. Nessuna melodia: un insieme di note puntate che rende ottimamente l'effetto desiderato.

Il Largo descrivente la pioggia è una delle più belle pagine del «Prete rosso», e non soltanto per la melodia iniziale, ma anche per il modo con cui è stato realizzato l'elemento veristico con i «pizzicati» dei secondi violini e ancor più per la calda, umanissima nuova melodia che sorge dall'insieme orchestrale.

Il «camminar a passo lento» dell'Allegro finale bisogna rintracciarlo nelle accentuazioni poste all'inizio di ogni sestina.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

"Tra questi pochi e deboli Concerti troverà le Quattro Stagioni"

Forse Antonio Vivaldi non immaginava, al momento di scrivere queste parole nella lettera dedicatoria al conte boemo Wenzel von Morzin in occasione della prima pubblicazione dell'op. VIII (Le Cène, Amsterdam, 1725), quale fama imperitura gli avrebbero reso quei "deboli" Concerti.

Nell'edizione - che esce suddivisa in parti separate come era consuetudine per una immediata pratica esecutiva - la musica è accompagnata da quattro "sonnetti dimostrativi" in chiara funzione didascalica (sottolineata dallo stesso Vivaldi nella prefazione: "essendo queste accresciute, oltre li Sonetti con una distintissima dichiaratione di tutte le cose, che in esse si spiegano").

La qualità poetica non è particolarmente alta e tutto lascia pensare che siano stati scritti da Vivaldi stesso o da un suo collaboratore al fine di agevolare la "comunicazione" del linguaggio musicale all'ascoltatore (vedi P. Everett, Vivaldi. Le Quattro Stagioni e gli altri concerti dell'Opera Ottava, Venezia, Marsilio, 1999). Si trattò evidentemente di una intuizione geniale, che a posteriori potremmo giudicare come una riuscitissima operazione di "marketing" musicale.

La sensazione dell'arrivo dell'Inverno (Concerto n. 4 in fa minore RV 297) è dato da un incipit privo di melodia, caratterizzato da aspre dissonanze: un'articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo delle membra (Allegro non molto - "Agghiacciato tremar orrido vento - Correr e batter i piedi"). Ma ecco il calore di un riparo (Largo - "La gioia del focolare - Fuori piove"): una serena melodia di "benvenuto" ci conforta mentre le gocce di pioggia (descritte con i pizzicati dei violini) rimbalzano lontane. Fuori la musica "scivola" sul ghiaccio (Allegro finale) ed è in balia dei venti ma nonostante il freddo continua con i suoi ritmi, i suoi giochi e la sua capacità di stupire.

Laura Pietrantoni

Sonetto L'inverno

Agghiacciato tremar tra nevi algenti
al severo spirar d'orrido vento
correr battendo i piedi ogni momento;
e per soverchio gel battere i denti;

passar al foco i di' quieti e contenti
mentre la pioggia fuor bagna ben cento
caminar sopra 'l ghiaccio, e a passo lento
per timor di cader girsene intenti:

gir forte, sdruzzolar, cader a terra
di nuovo ir sopra 'l giaccio e correr forte
sin ch'il giaccio si rompe, e si disserra;

sentir uscir dalle ferrate porte
Sirocco, Bora e tutti i venti in guerra
quest'è 'l verno, ma tal, che gioja apporte.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Basilica di Massenzio, 22 luglio 1966
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 4 novembre 2015


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Ultimo aggiornamento 8 febbraio 2016