Concerto in re minore per viola d'amore, archi e basso continuo, RV 394


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (re minore)
  2. Largo (re minore)
  3. Allegro (re minore)
Organico: viola d'amore solista, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1954
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il veneziano sceglie i suoi "protagonisti" anche fra strumenti di raro utilizzo in questa veste come il fagotto, l'ottavino, il mandolino o la viola d'amore. Per quest'ultima (il cui particolare fascino era dato dalla presenza delle corde di risonanza poste sotto le sette principali) scriverà ben 6 Concerti fra cui il Concerto in re minore RV 394. Qui la seducente ricchezza sonora della viola viene valorizzata da una scrittura dapprima graziosamente ammiccante (Allegro), poi garbatamente malinconica (Adagio), e infine passionalmente minacciosa (Allegro) in un crescendo di assoluta libertà espressiva.

Laura Pietrantoni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Concerto strumentale nelle due specie del Concerto solista e del Concerto grosso caratterizzate rispettivamente dall'opposizione al grosso dell'orchestra di uno strumento solo o di un gruppo di strumenti (concertino), è la creazione più caratteristica e storicamente più importante del barocco seicento strumentale italiano. Plasmato nei suoi tratti essenziali e portato ad un primo culmine del suo sviluppo da Arcangelo Corelli, lo stile strumentale viene indirizzato da Alessandro Scarlatti in quella che sarà la direzione del nuovo gusto sinfonico settecentesco e che raggiungerà il suo vertice assoluto nell'opera di Antonio Vivaldi. Così nei primi decenni del secolo decimottavo entro le matrici del Concerto strumentale italiano si elaborano e si consolidano le premesse del linguaggio sinfonico, il quale dopo l'ulteriore tappa segnata da Sammartini, Boccherini e dai compositori di Mannheim costituirà la base dell'arte dei grandi classici viennesi e di tutti gli ulteriori sviluppi del sinfonismo europeo. Il Concerto vivaldiano col quale si apre l'odierno programma é un Concerto solista dove la parte di protagonista della vicenda sonora, è assegnata alla viola d'amore. Con questo nome si designa una viola un poco più grande di una «viola da braccio» e che ha, oltre a sette corde tese sopra il ponticello, altrettante che passano sotto e che non vengono toccate né dall'arco né dalle dita, ma vibrano «per simpatia» al vibrare delle corde superiori con le quali sono accordate all'unisono. Come dice il Grillet in «Les ancètres du violon et du violoncelle» (1901) «Il nome pieno di fascino, di viola d'amore dato a questo strumento, definisce molto poeticamente l'unione di questi due sistemi di corde, quasi due cuori amorosi, di cui l'uno, tenero e timido, vibra all'unisono con l'altro, per simpatia». I primi costruttori e suonatori reputati di viola d'amore furono italiani. Italiani anche i primi compositori che se ne valsero (tra questi emerse nella seconda metà del secolo XVII, l'Ariosti). Nel Settecento la viola d'amore, cade in disuso e solo nell'Ottocento e nei tempi moderni viene usata a volte per effetti particolari.

A Vivaldi si devono due serie di Concerti per viola d'amore. Un primo gruppo, comprende sei Concerti i cui manoscritti sono custoditi nella raccolta «Mauro Foà» della Biblioteca Nazionale di Torino. Il Rinaldi assegna ad esi il numero d'opera 25. Un secondo gruppo di due Concerti (op. 63, cat. R.) si trova nella Sächsische Landesbibliothek di Dresda. Il Concerto programmato oggi è il quarto del primo gruppo (nel quale, sia detto tra parentesi, figurano altri due Concerti nella stessa tonalità di re minore).

Se è vero quanto afferma il Mantelli, e cioè che in Vivaldi «si delineano due posizioni dello spirito, in apparenza opposte e contrastanti, e nella sostanza, vicinissime e che rispecchiano quella affermazione individualistica, quella sottolineatura dell'io dell'artista che già sulle soglie del Settecento, preannunciano di lontano il romanticismo: una estatica e profonda introspezione interiore che si riflette in certi tratti immensamente calmi e placidi di tanti suoi adagi e nella materia sonora vibrante e multicolore di tanti allegri; e un sentimento freschissimo e immediato della natura che non è mai verismo più o meno onomatopeico, mediocre e inintelligente trasposizione sonora, ma che risponde a una'sensibilità pronta a reagire alle sollecitazioni che le giungono attraverso i sensi fatti attenti e penetranti di fronte allo spettacolo fisico del mondo»; se è vera una tale distinzione di momenti polari nel mondo emotivo messo in essere dalla musica di Vivaldi, bisogna dire che il Concerto in re minore ne riflette esclusivamente il primo e più intimo momento. Infatti, sia i due Allegri laterali, con i loro temi ritmicamente così incisivi e spigliati, sia il Largo centrale, che si snoda con un andamento quasi da Siciliana, nel cullante ritmo di-12/8, si sostanziano di valori espressivi puramente interiori.

Roman Vlad

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

L'importanza di Vivaldi non consiste soltanto nell'aver indicato una strada ad Albinoni, Marcello, Galuppi, Veracini ma anche per aver influenzato, più o meno direttamente, musicisti stranieri: Bach trascrisse ben dieci dei suoi concerti. Con Vivaldi il concerto grosso e quello solistico raggiungono un elevato grado di perfezione stilistica dispiegando una messe di idee tematiche, di innesti ritmici, di artifici tecnici (progressioni armoniche e melodiche) propri di un'inesausta e vulcanica vena creativa.

Questo concerto per viola d'amore è il secondo nella catalogazione proposta da Antonio Fanna e, al pari di tutti i concerti vivaldiani, segue la forma tripartita nella quale la sezione centrale si costituisce come una sorta di oasi lirica nell'incalzante dinamismo fra il primo e l'ultimo movimento.

Nell'«Allegro» iniziale che inizia in «forte» si dispiega tutta l'abilità virtuosistica del «prete rosso» che ricorre a un frequente uso di scalette ascendenti e discendenti e di trilli.

Il «Largo» di sole dodici battute, in ritmo di 12/8 segue un andamento cadenzato e regolare, che vede concentrate in breve spazio le sottolineature espressive oscillanti dal pianissimo — un poco crescendo — al mezzo forte e di nuovo al pianissimo.

L'«Allegro» finale è tutto un susseguirsi di note ribattute e di simmetrici e vigorosi scarti dinamici. Nella vastissima produzione vivaldiana sei sono i concerti che il musicista scrisse per viola d'amore, archi e cembalo di cui ben tre nella tonalità di re minore.

Fiamma Nicolodi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 30 marzo 2012
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 4 febbraio 1957 (3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 20 ottobre 1973


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 1 febbraio 2020